Il Plot
Charleston "Charlie" Tucker è un'analista della CIA che lavora a capo di un team il cui scopo è quello di stilare ogni giorno una lista di priorità sulle crisi internazionali da consegnare al Presidente degli Stati Uniti (Alfre Woodard). Reduce da un attacco terroristico in Afghanistan nel quale il suo fidanzato è stato ucciso, Charlie vive la sua vita cercando di ricordare ogni frammento dell'attacco al convoglio tra psicanalisi, sensi di colpa, lavoro e notti sfrenate nel tentativo alleggerirsi l'anima. La sua lucidità professionale viene messa in dubbio nel momento in cui la salvezza di un medico preso in ostaggio in Medio Oriente, molto simile fisicamente al defunto amato Aaron (Mark Tallman), per Charlie ha la precedenza sulla possibile cattura del mandante dell'attentato Fatah (Farshad Farahat). Fortunatamente Charlie ha dalla sua parte lo stesso Presidente con la quale ha un rapporto simbiotico non solo legato alle responsabilità che si assume ogni giorno ma anche al fatto che la donna a capo degli Stati Uniti è anche la madre di Aaron la cui morte, avvolta in un fitto mistero, è avvenuta durante una tappa della campagna elettorale a Kabul.
Il ritorno della Heigl
Tolto il bianco camice che per anni ha indossato per interpretare Izzie Stevens in Grey's Anatomy e dopo una parentesi sul grande schermo che l'ha vista protagonista di leggerissime rom com (27 volte in bianco, Tre all'improvviso, Capodanno a New York) Katherine Heigl si gioca, anche in veste di produttrice, il tutto per tutto con State of Affairs in cui la giunonica attrice, purtroppo, non risulta affatto credibile nel ruolo della carismatica Charlie. L'idea che la Heigl dà allo spettatore è quella di essere un pesce fuor d'acqua soprattutto nei momenti in cui la serie si allontana dalle tonalità drama e sfocia nel thriller dove a smorzare l'adrenalina ed a irrigidire il pathos è proprio lei. La sensazione, purtroppo, è che la bella attrice americana, famosa per i suoi capricci sul set che l'hanno allontanata dal favoloso mondo di Shondaland, abbia peccato di presunzione nel voler impersonare un personaggio al di sopra delle sue possibilità.
Tra Homeland e Scandal
Il fatto che Katherine Heigl sia poco credibile nel ruolo della magnetica Charlie non è l'unico dei problemi di State of Affairs. Creata da Alexi Hawley - già noto per The Following, Castle - Detective tra le righe e Body of Proof - la serie sembra una copia mal riuscita e dedicata a un target prettamente femminile, di grandi capolavori televisivi come Homeland, 24 e The Blacklist e, in un momento in cui la serialità americana sta abbracciando con grande onore il political drama (basti pensare a House of Cards), il successo di un prodotto non può scimmiottare tematiche già affrontate senza aggiungere nulla di nuovo neanche nella scrittura della sua protagonista che, per ironia della sorte, è fin troppo simile in alcune caratteristiche, come l'ascendente sulle persone e la grande propensione al comando unite a una forte e umana fragilità, a Olivia Pope eroina di Scandal, punta di diamante tra gli show nati dalla straordinaria fantasia di Shonda Rhimes; la stessa Shonda Rhimes a cui la Heigl ha voltato le spalle anni fa perché il suo personaggio all'interno del corale Grey's Anatomy aveva poco spazio.
Cosa ci è piaciuto
La meraviglia delle serie americane che parlano di politica sta nell'immaginare un futuro plausibile. Nel calderone di personaggi che la puntata pilota di State of Affairs presenta con grande disordine spicca la Presidente Payton: donna e di colore. Inoltre, nonostante gli spunti presi in prestito da altre serie, questo nuovo prodotto made in NBC trova un barlume di speranza nel suo finale che mette su un piatto d'argento la possibilità che la storyline che verte sulla scoperta delle motivazioni dell'attentato in cui Aaron ha perso la vita possa quantomeno incuriosire e dare un motivo allo spettatore per continuare a vedere uno show partito in sordina.
Cosa non ci è piaciuto
Oltre alla già dissacrata interpretazione della Heigl e all'abuso di tematiche più volte affrontate con maggiore intelligenza e con un grado di suspense decisamente superiore fin dagli esordi rispetto a quanto accaduto nella puntata pilota di State of Affairs, un altro problema dello show NBC sta anche nella modalità in cui è affrontata la parte drammatica. Se il fatto che il dolore per la perdita di Aaron porta Charlie a vivere una vita sentimentale promiscua senza legami è una scelta abusata, ancora più banale è lo schema con il quale il nuovo informatore della CIA, Lukas (Adam Kaufman), entra a far parte della realtà della protagonista con l'unico scopo narrativo, ridicolmente nascosto da un sottile odio a prima vista tra i due, di diventare, alla fine, il suo nuovo compagno. Per tutti questi motivi State of Affairs dà a prima vista la forte sensazione di essere più che un'attesa novità di questa stagione televisiva un puzzle mal composto di consuetudini narrative.
What's next?
Già dalla puntata pilota di State of Affairs sembra ovvio che la serie televisiva si poggerà ogni puntata su due storyline: una autoconclusiva che verterà sulla crisi del giorno e una a incastro che proseguirà per buona parte, o tutto il resto della stagione, e che porterà i protagonisti e lo spettatore con loro a scoprire cosa è accaduto realmente quella notte a Kabul e, soprattutto, qual è il vero motivo dell'attentato. Domande alle quali sembra che Charlie abbia già la chiave delle risposte persa in frammenti di ricordi che non riesce a far tornare alla mente.
Movieplayer.it
2.5/5