Si chiama Stage and Race, il documentario con protagonista Ettore Bassi, che arriva in esclusiva e gratuitamente su Rakuten TV il 22 novembre. Stage and Race come palcoscenico e gara, teatro e automobilismo. Due mondi che potrebbero sembrarci lontani, ma che, come vedremo, sono accomunati da molte cose. Il documentario segue l'esperienza personale di Ettore Bassi, attore e conduttore televisivo nonché pilota automobilistico di cronoscalata, focalizzandosi sullo stretto legame di emozioni che intercorre tra una performance attoriale e una gara automobilistica. Il teatro e le corse in auto hanno in comune il fatto di andare in scena "senza rete", senza cioè possibilità di sbagliare o di rifare il tentativo. E portano con sé quella quota di rischio e di adrenalina che ti fanno dare il massimo.
"Ho ritrovato in queste due discipline delle grandi similitudini" ci ha spiegato Ettore Bassi. "La pratica delle corse in salita è una disciplina che non ti consente di ripetere il giro, come ad esempio in pista. Ed è esattamente quello che succede a teatro: si parte da un punto e si arriva in cima, alla fine, al traguardo. Il percorso è netto, hai bisogno di focalizzare e raccogliere tutto ciò che ti serve, solo in quel momento, solo per quell'obiettivo, per finalizzare al meglio possibile quello che hai raccolto. La stessa cosa è per il teatro: sei davanti al sipario, che si sta per aprire, e sai che devi iniziare, come sulla linea di partenza, senza fermarti. Per poterlo fare devi mettere in campo una serie di qualità, di caratteristiche, attitudini che ti permettono di farlo ma che sono molto simili: ci vuole concentrazione, attenzione al dettaglio; ci vuole memoria, rilassatezza, sapere tutto e dimenticarlo per lasciare che il corpo e la memoria psicomotoria facciano da sé, portandoti al traguardo. Ho pensato che fosse interessante raccontare insieme queste due cose".
Vecchioni è il mio cantautore preferito, il mio idolo da sempre
Ma quali sono queste gare così particolari, che forse non tutti conoscono? "Sono gare di cronoscalata, volgarmente dette di salita" ci spiega Ettore Bassi. "Le automobili sono di ogni tipo, dalle auto turismo meno preparate, quasi quelle da strada, con qualche accorgimento di sicurezza, fino a quelle più estreme, che sono i prototipi e le formule, come quella che ho usato io". Anche a teatro, Ettore Bassi ha portato in scena un "prototipo" molto originale, un pezzo unico. È un testo di Roberto Vecchioni. "È un suo romanzo" ci rivela l'attore. "Nella sua veste di scrittore è stato intercettato da Ivana Ferri, la regista dello spettacolo, che conosce Vecchioni da diversi anni e incontrando questo romanzo ha avuto l'idea di farlo diventare un testo teatrale". Ma portare a teatro questo testo, per Ettore Bassi, aveva un significato molto particolare. "Vecchioni è il mio cantautore preferito, il mio idolo da sempre, da quando sono adolescente" ci ha svelato. "Le sue canzoni mi hanno accompagnato in tutti questi anni. E quando mi è stata prospettata l'ipotesi di fare uno spettacolo su un suo testo, la cosa mi ha emozionato molto. E ha preso ancora più corpo, in questo documentario, il racconto della preparazione di questo spettacolo insieme alla preparazione di questa gara, arrivata nello stesso momento. Entrambe rappresentavano per me una sfida importante perché poggiava su suggestioni e legami fondamentali. La gara, ma anche Roberto Vecchioni, sono legati a mio padre".
Mio padre è coinvolto in questa vicenda
E la chiave del film, in fondo, è proprio questa. Quando si comincia a capire che, dietro alla passione per le gare, c'è il padre di Ettore Bassi, il film diventa sempre più commovente, toccante, intimo. "Quando ho iniziato a ragionare su questa storia, mi sono portato subito con me il pensiero che papà in qualche modo fosse coinvolto in questa vicenda" ci confida l'attore. "E ho capito che lo era perché in lui si racchiudevano e si raccoglievano tutte le componenti, le suggestioni, i sentimenti. Quando ho debuttato a teatro, mio padre mi portò un biglietto di auguri, citando un testo di Vecchioni scritto da lui. E poi perché la gara che faccio e che preparo, in questo documentario, è la gara di casa. Il luogo dove sono cresciuto, con cui ho un legame fortissimo. Ed era la gara di casa di mio padre. Quando ho iniziato a seguire le sue vicende, perché lui faceva il pilota - non da professionista ma per passione - io lo seguivo lì, in quella gara. E abbiamo condiviso tante emozioni su quelle strade, in quelle curve, in quei passaggi. Io mi abbarbicavo sui tetti delle case per vederlo passare, per vivere l'emozione di sentirlo correre con questa macchina roboante". In Ettore Bassi: Stage and Race, il racconto di quando Ettore bambino sente arrivare prima il rombo e poi il padre su quell'auto, seguito dal boato della folla, è davvero emozionante. "Non era soltanto il racconto di due esperienze impegnative sotto tanti aspetti" ci spiega Bassi. "Ma il desiderio di raccontare come questi due ambiti fossero vicini tra loro. E anche capire che tutto questo aveva a che fare con una celebrazione della sua figura, e anche del nostro rapporto. Esattamente il giorno in cui abbiamo iniziato le riprese cadeva il decimo anno della sua scomparsa. È come se si fosse chiuso un cerchio".
Un incidente è la materializzazione dell'infrangersi di un sogno
Stage and Race è anche molto divertente. Durante la preparazione della gara viene rievocata la prima corsa di Ettore Bassi, quando partì a tutto gas e andrò a finire dritto contro il muretto alla prima curva. Nel film ci si si scherza, a distanza di tempo. Ma come fu allora? "Fu deludente, drammaticamente deludente" ci risponde l'attore e pilota. "È proprio la materializzazione dell'infrangersi di un'idea, di un sogno. Avvenne alla prima manche di prove, ed ebbi la possibilità e il tempo di ripetere la salita. Quella gara fu tormentata, arrivai a toccare il muro all'ultima curva. È stato un battesimo di fuoco. E negli anni quei battesimi non sono finiti. Come racconto nel documentario, proprio in quella gara ho sempre avuto delle difficoltà, legate a un'emotività che ho sempre sentito pressarmi, dal momento che era la gara di casa, la gara di papà, la nostra gara, quella dove mi conoscono tutti. Quando fai la gara di casa c'è sempre qualcosa che ti crea difficoltà. Da altre parti sono andato sempre molto bene".
La paura ti detta delle regole, ti dà un controllo
Ma cosa passa per la testa di un pilota quando fa un incidente? Che ruolo gioca la paura? C'è, ma non è mai tale da non farti risalire su un bolide, da non farti ripartire, da frenare il piede che schiaccia sull'acceleratore. "In qualche modo c'è una spinta di base che ti fa superare quel timore di metterti in macchina la volta dopo" ci risponde Bassi. "Ed è quel desiderio non tanto di sfidare o di sfidarti, quanto di approfondire la conoscenza di te, di proporti altri limiti, di non darti per vinto rispetto a un percorso che non è solo e semplicemente la mera pratica di rimetterti su una macchina da corsa e guidare, ma di dire: 'ok, ho avuto un indicente lo posso superare'. Come sempre succede lo sport è una metafora della vita, l'applicazione di ciò che la vita ci pone e ci insegna. Non è vero che la paura non c'è. C'è eccome. Ed è quella che ti permette anche di non fare cose scriteriate, la paura in qualche modo ti detta delle regole, ti dà un controllo. È quella che ti salva. Ma non è quella che ti blocca. Sono sempre momenti difficili. La cosa più dolorosa in realtà è la delusione, quando succede un incidente. Non solo per me, ma per la squadra, per il pubblico. E poi per me, perché è l'interruzione di un progetto o di un risultato".
Visualizzare la gara per cristallizzarla
Un altro momento molto intenso del film è quello in cui, prima di farla, visualizza la gara, con gli occhi chiusi. È importante anche per un pilota? "È una pratica fondamentale, utilissima, è ripercorrere esattamente come sarebbe e come dovrà essere la gara, i movimenti che farai" ci spiega Bassi. "Visualizzarla per cristallizzarla. È la sensazione di andare a infilarti dentro questo guanto, questo abito, e riempirlo bene tutto, in tutti gli spazi, non lasciare niente fuori. È una cosa che avevo intuito di dover fare diversi anni fa. È una pratica che ha raccontato il grandissimo Mauro Nesti, che è stato il re delle salite, vincendo tutto quello che c'era da vincere (oggi ha preso la sua eredità Simone Fagioli, che spesso è il mio capo team). Nesti in un'intervista confessava questo: mi metto li, chiudo gli occhi e faccio tutta la gara. E mi aiuta molto. Aveva scoperto una pratica che c'è, che esiste, è meditativa. Da quando ho capito come andavano affrontate le cose la metto in pratica. Mi aiuta molto. La corsa la disegno anche: la scrittura è un altro metodo per fissare".
L'attore e lo sportivo sono il terminale di qualcosa
In un altro momento del film Ettore racconta che, da ragazzo, giocava a calcio. Non aveva la furbizia per fare la punta, e allora si è spostato a fare il regista. Anche questo, in fondo, ha a che fare con il lavoro, e forse con il suo carattere, che è generoso. "Non so se è generosità, ma il piacere di compiere un gesto che si finalizza attraverso un'altra persona" riflette Ettore Bassi. "Che è un po' anche il lavoro dell'attore, è fare e vestire qualcosa che si compie attraverso un'altra figura, il personaggio che interpreti: è il desiderio di donare. Tenerne conto, essere consapevoli di questa cosa mi è piaciuto: anche lì c'era un'assonanza con quello che stavo facendo, sono tutte occasioni in cui sei tu il terminale di qualcosa. Correndo in macchina sei il terminale della squadra. Per l'attore è la stessa cosa. E lo è per ogni altro sportivo. È un desiderio radicato nella natura dell'essere umano".