Incredibile, ma vero, nessun regista italiano ha mai girato un film (di fiction, almeno) ambientato nello stretto di Messina prima di Spiaggia di vetro dello statunitense Will Geiger. "È assurdo infatti! - ha commentato il protagonista della pellicola Claudio Castrogiovanni - "Anche Will è rimasto senza parole quando lo ha scoperto, ma devo dire che è stato sorprendente il suo amore per quel luogo, che secondo me è riuscito a raccontare con la passione di qualcuno che è sempre vissuto là. Forse perché ha fatto una scelta rivoluzionaria per i tempi che viviamo: si è trasferito lì e per tre anni ha scritto e basta".

Un approccio fuori dal tempo, ma sintomatico di un regista che è scappato da Hollywood per trovare una nuova libertà nel fare il proprio mestiere pur consapevole delle difficoltà che possano sorgere a livello produttivo. Come racconta Castrogiovanni: "Circa 20 giorni prima di iniziare le riprese si è posto il dubbio che non si potesse comunque partire. Siamo partiti sotto budget e sul set si sono sentite molto l'insicurezza e la pressione che ne sono derivate".
Ci sono però cosa che vanno oltre il lato economico, "la situazione della nostra industria è in crisi e ciò che si è venuto a creare con il ministero finirà con il penalizzare ancora di più titoli più autoriali come questo, che non possono e non sono pensati per portare grandi numeri in sala, ma hanno un valore artistico che si conserva nel tempo. Ad un certo punto mi sono anche proposto di tirarmi indietro casomai la cosa potesse aiutare Spiaggia di vetro a vedere la luce".
Cosa racconta la Spiaggia di Vetro

Spiaggia di vetro è la classica storia del figliol prodigo, ma che trova la propria casa occupata al momento del ritorno. L'uomo in questione è Salvo, un ex pescatore siciliano che si è spostato in Calabria, ma che dopo l'ictus del padre torna nella sua dimora d'infanzia dove però trova Binta e suo figlio Moussa. La donna vive lì con il benestare del papà di Salvo, il quale vorrebbe invece mandarla via. Il contatto con il suo passato farà presto riemergere un trauma che l'ha tramutato in un fuggitivo.
Una delle particolarità del film sta nel parlare della ferita che caratterizza in modo determinate il comportamento del protagonista solo avanti nel minutaggio, "credo che Will abbia volutamente allontanato il tempo in cui lo spettatore comprendesse il grosso trauma successo a Salvo per rispettare il funzionamento dei ricordi, che riaffiorano secondo dei tempi differenti e propri", spiega Castrogiovanni.

Arrivato al momento dello svelamento del trauma Spiaggia di vetro cambia e si concentra sulle difficoltà di Salvo nel rimettersi in moto. "Una mia collega ha detto una cosa bellissima a tal proposito: 'Sembra l'inazione a cui è legato Amleto', un paragone che restituisce bene come Salvo sia imprigionato nell'immobilità. Questa è la sua condanna: nel bene o nel male non riuscire ad avere un compimento pieno, specialmente nel vivere i suoi sentimenti, che invece sono così potenti che esigono uno sfogo". "Il fatto - continua l'attore - è che lui non ha chiaro quello che ha fatto, ecco perché non riesce a fare altro che assecondare chi lo vede come un reietto. L'unica cosa che chiara è che non ha più suo figlio."
Salvo e Claudio

"A livello recitativo le cose di cui abbiamo parlato connettono in maniera parapsicologica a quel substrato di un personaggio come Salvo, che è come un uomo reincarnatosi in tante vite arrivato a quella in cui deve scontare tutto". Un ruolo che dunque mette a dura prova non solo la sfera attoriale, ma anche quella privata: "Io, come genitore, - racconta Castrogiovanni - penso che affrontare il dolore per la perdita di un figlio sia qualcosa di insostenibile e questa è la prima lampadina che si è accesa dentro di me quando ho letto la sceneggiatura, quattro anni prima di girare il film. Allora ho pensato 'Questo film io non lo voglio fare, lo devo fare'."
Girare un film come Spiaggia di vetro esige anche una grande preparazione fisica. Come racconta Castrogiovanni: "nei 31 giorni in cui abbia girato ho fatto una vita da monaco per entrare in un ruolo in cui bisognava essere sempre sporchi, bagnati dall'acqua di mare, imparare a fare le immersioni. Io che ho sempre sofferto il mal di mare mai mi sarei sognato di muovermi su un peschereccio per giorni interi, accolto dai pescatori del luogo come uno di loro. Una cosa che, da siciliano, so quanto sia rara e preziosa". Quindi, una sorta di colpo di fulmine fin dall'inizio. "Non ho fatto neanche il provino. Io e Will ci siamo semplicemente seduti davanti ad una granita a Catania e dopo aver parlato di come Messina ci unisse, io gli ho detto che questo era un film sul perdono e sul perdonarsi".

Ma come affrontare un personaggio del genere senza esserne fagocitato? "Il personaggio l'ho affrontato connesso alla visione di Will, abbandonando le logiche di alcune azioni che avevo programmato per mettermi in ascolto e al servizio di una sceneggiatura delicata e paradossalmente poco retorica rispetto a temi come lutto, senso di perdita e le violenze subite all'interno di un percorso di redenzione". "Devo dire - conclude l'attore - che mi sento molto fortunato ad aver fatto Spiaggia di vetro, perché si tratta di uno di quei ruoli che si interfacciano con tutte le cellule del tuo essere e quindi tu non devi fare altro che accogliere e lasciarti guidare."