Recensione Laws of Attraction - Matrimonio in appello (2004)

Il film svolge il suo compito di commedia brillante ed estiva senza problemi, ricco com'è di spunti ironici e trovate divertenti.

Sotto la toga batte un cuore

Cosa c'è di meglio di una fresca e divertente commedia romantica, con protagonista una coppia di affermati divi di Hollywood, per allietare una calda serata estiva? Qualcosa di meglio dal punto di vista cinematografico, in effetti, ci sarebbe, ma nel panorama delle classiche e un po' adolescenziali uscite agostane spicca anche il nuovo lavoro di Peter Howitt, già regista di Sliding Doors e Johnny English.
E Laws of Attraction - Matrimonio in appello (a proposito, perché non studiare un titolo ancora più lungo?) il suo compito di commedia brillante ed estiva lo porta a termine senza problemi, ricco com'è di spunti ironici e trovate divertenti. Il vero punto, è che oltre questo stretto compitino Howitt non va, viaggiando senza tentennamenti sui rassicuranti binari del genere, non osando nemmeno un passo nei misteriosi territori dell'originalità.

La storia vede protagonisti due avvocati divorzisti, Daniel Rafferty (Pierce Brosnan) e Audrey Woods (Julianne Moore), entrambi con una carriera affermata anche se con approcci alla professione decisamente diversi: rigido e rispettoso delle regole quello della Woods, "folle", stralunato e geniale quello di Rafferty. I due si troveranno ovviamente a incrociare i loro destini battagliando in aula a difendere i rispettivi clienti, ma ben presto si troveranno a incrociare anche la loro vita sentimentale in un tourbillon di eventi che li porterà più volte dagli Usa in Irlanda, sede di un castello oggetto del contendere di due famosi e facoltosi clienti. E naturalmente, spogliati dalla toga, si riveleranno due persone diverse.

Se il tutto vi ricorda molto Prima ti sposo, poi ti rovino, ebbene è proprio così. Troppo ravvicinato il lavoro dei Coen per non sentire una sensazione continua di déjà-vu, anche se in quel caso Catherine Zeta-Jones non era un avvocato bensì una femmina fatale molto a suo agio con le questioni legali.
Howitt comunque prende una strada diversa dai Coen. Dove lì affiorava ogni tanto qualche graffio (anche se non al solito livello dei capaci fratellini), qui si fa strada soprattutto lo zucchero, e anche dove l'ironia vorrebbe essere un po' più cattiva e pungente, il peperoncino non riesce a farsi troppa strada e viene subito travolto dal miele.

Pierce Brosnan gigioneggia in un ruolo che lo rende più simpatico di altre occasioni, anche se talvolta va un po' troppo sopra le righe. Julianne Moore continua con il trascorrere degli anni a essere sempre più bella e affascinante, e soprattutto capace di passare con disinvoltura da ruoli altamente drammatici ad altri decisamente più leggeri. Spicca per la sua verve anche Frances Fisher, nel ruolo della grintosissima e giovanile mamma della Woods.

La ricettina finale vorrebbe essere quella che prima di rompere un matrimonio bisognerebbe pensarci mille volte, e soprattutto lottare, dialogare, capire le ragioni dell'altro, sacrificarsi e fare passi indietro. Principi ovviamente più che condivisibili, ma che messi sulla bocca dal sorriso ammiccante di Brosnan perdono un po' di credibilità.

Movieplayer.it

3.0/5