E' impressionante, dopo aver visto il crudo Snow in Paradise, apprendere che la storia è ispirata alla vita del co-sceneggiatore e interprete Martin Askew. L'attore inglese, che proviene dai bassifondi di East London, è nipote del celebre boss londinese Lennie MacLean, più noto come 'The Guvnor', ed è cresciuto in mezzo alla violenza. Confessa di essere stato messo, a soli cinque anni, sul ring per fare pugilato e la sua vita, fino alla scoperta dell'Islam, è stata costellata da episodi violenti. Martin oggi è una persona diversa, pacificata. Apprezza molto il calore dell'accoglienza italiana e risponde alle nostre domande con disarmante sincerità raccontando epsiodi drammatici che lo hanno visto coinvolto.
Riguardo al film spiega: "Scrivere una sceneggiatura che parla della tua storia è molto difficile. La verità che ho cercato di mettere nel film è il viaggio spirituale del protagonista, il percorso dall'oscurità alla luce. Se avessimo avuto soldi, avrei mostrato il pellegrinaggio di Dave alla Mecca, viaggio che ho fatto realmente. Incontrando l'Islam ho trovato la pace e mi fanno male tutte le polemiche intorno alla religione. La pressione dei media sui fedeli e fortissima e io spesso vengo visto come un traditore perchè ho abbracciato una fede che non appartiene alla tradizione occidentale. In realtà amo la mia gente, amo il mio paese. Ovvorre separare una volta per tutte i fedeli dal terrorismo. Chi prende una pistola e spara è un assassino, indipendentemente dalla sua fede. Questo è concetto molto semplice".
Impersonare il proprio carnefice
Parlando della genesi di Snow in Paradise, Martin racconta di aver conosciuto il regista Andrew Hulme in un club londinese. "Siamo subito diventati amici. Lui ha trovato la mia vita interessante e ha deciso di raccontarla. Finora gli slums inglesi sono stati mostrati nel modo peggiore possibile, abbiamo bisogno di positività. Abbiamo impiegato cinque anni a scrivere la sceneggiatura. Volevamo fare un film artistico, un film europeo, non tipicamente inglese, perché sono sempre stato influenzato dal cinema europeo". A stupire è la scelta di Martin di interpretare lo zio Jimmy, il cattivo del film, la personificazione narrativa del suo reale carnefice. "Non avevo intenzione di recitare e neanche Andrew voleva farmi interpretare Jimmy. Però avevamo un problema con il casting. La maggior parte degli attori inglesi vengono dai quartieri alti, sono colti, non conoscono la vita negli slums. Gli attori come Michael Caine sono un'eccezione. Andrew non voleva un privilegiato, che aveva studiato al college, voleva autenticità. Abbiamo fatto dei provini, ma non riuscivamo a trovare la persona giusta. Nel frattempo io e l'attore che interpreta Dave abbiamo legato e alla fine è stato inevitabile farmi recitare".
'Nell'Islam ho trovato la pace'
La chiave di volta del film è l'Islam. La scoperta della fede, per Martin e anche per il suo alter ego cinematografico Dave, rappresenta l'approdo alla pace. "Crescendo a East London, ho visto gente morire di fronte a me per la strada. So che sembra un cliché, ma a diciassette anni sono stato coinvolto in una gang, ho commesso dei crimini. All'epoca i miei eroi erano criminali, era il modello con cui sono cresciuto. In questo senso sento molto vicino a me Gomorra, perché anche i ragazzi di Scampia hanno vissuto una realtà simile, ma potrei citare il Bronx o le favelas brasiliane. La religione mi ha salvato, io prima non ero credente, ma ciò di cui avevo bisogno era la pace. Il sufismo dice che sono molti i fiumi che conducono al mare. Nell'Islam non ci è permesso di giudicare gli altri". A giudicare, purtroppo, è la società. L'Inghilterra classista non vede di buon occhio gli anglosassoni convertiti all'Islam come Martin e lui ammette di avere molte difficoltà a lavorare. "Io vorrei fare Shakespeare a teatro, ma non me lo fanno fare perché vengo dagli slums e non ho una formazione classica. Di recente ho recitato nella serie inglese Peaky Blinders, scritta da Steven Knight che adoro. Purtroppo mi hanno dato solo una piccola parte in cui commetto un crimine. Nel 2009 ho partecipato a una manifestazione politica contro Israele. La polizia mi ha brutalizzato, mi hanno rotto il naso e poi mi hanno messo in prigione per otto mesi anche se ero innocente. Per mesi la mia carriera è stata rovinata. Il pregiudizio dei media inglesi continua a pesare su di me". Oltre all'amico Guy Ritchie con cui ha collaborato in RocknRolla e che ha testimoniato a suo favore nel processo seguito all'arresto, Martin conclude la riflessione parlando dei propri modelli. "Sono sempre stato ispirato dagli atleti. Uno dei più grandi è Mohammed Alì. E poi mi piacciono i grandi personaggi della letteratura e le figure bibliche come Gesù, Mosè. L'industria inglese è legata al business, ma io credo nel valore dell'arte in sé e nel suo potere salvifico. Questo è ciò che realmente conta".