Smoke, intervista a Dennis Lehane: “Che sia Mystic River o Black Bird, m'interessano le zone di grigio”

"Non credo negli eroi e nei cattivi": l'autore dei romanzi da cui sono stati tratti Mystic River e Shutter Island ci racconta la sua nuova miniserie prodotta per Apple TV+.

Dennis Lehane, showrunner di Smoke - Tracce di fuoco

Smoke - Tracce di fuoco è la nuova miniserie in nove puntate prodotta da Apple Studios che vede in qualità di produttore, creatore, sceneggiatore e showrunner l'acclamato scrittore Dennis Lehane. È in arrivo in streaming su Apple TV+ a partire dal 27 giugno con i primi due episodi. Classe 1965 e di chiare origini irlandesi, Lehane è l'autore di romanzi dai quali sono stati tratti autentici capolavori della settima arte come Mystic River di Clint Eastwood (da La morte non dimentica), Gone baby gone di Ben Affleck (da La casa buia) e Shutter Island di Martin Scorsese (da L'isola della paura).

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Il protagonista di Smoke - Tracce di fuoco, Taron Egerton

In ambito televisivo è attivo da più di vent'anni, già nel 2004 faceva parte del team di scrittori assoldato da HBO per la terza stagione di The Wire, e questa Smoke - Tracce di fuoco segna per lui una seconda doppia collaborazione: con il colosso della Mela Morsicata, ma anche con Taron Egerton con i quali aveva già realizzato un'altra miniserie, Black Bird. Questa nuova produzione è ispirata da fatti realmente accaduti risalenti ai primi anni Novanta e raccontati dal podcast di TruthMedia "Firebug" e vede la "problematica" detective Michelle Calderone (Jurnee Smollett) e l'investigatore d'incendi Dave Gudsen (Taron Egerton) indagare sugli incendi dolosi appiccati da due incendiari nell'area urbana di Umberland, una città fittizia del Nord Ovest degli Stati Uniti. In occasione del junket abbiamo potuto parlare proprio con Dennis Lehane che ci ha raccontato la genesi del progetto e di come abbia impiegato Fuoco Assassino di Ron Howard come metro di paragone.

Smoke - Tracce di fuoco, intervista allo showrunner Dennis Lehane

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Journee Smollett interpreta la detective Calderone

In un panorama come quello attuale in cui Hollywood attinge sempre più copiosamente dal mondo dei podcast che vengono impiegati sia come materiale di partenza per raccontare una storia (pensate anche al recente caso di Dying for Sex con Michelle Williams) sia come elemento della narrazione stessa (come nell'acclamata Only Murders in the Building), non bisogna stupirsi che, con tutte le dovute licenze, anche Smoke - Tracce di fuoco prenda le mosse proprio da un podcast di genere crime.

Paradossalmente però, Dennis Lehane non è un grande fruitore di questo medium: "Non sono la persona più indicata alla quale chiedere perché Hollywood stia lavorando così tanto con i podcast perché non li ascolto.Il mio socio sì". Ma allora, gli abbiamo domandato, come è venuto a conoscenza di Firebug? "Mi è stato portato dallo stesso creatore del podcast, Kary Antholis, con il quale avevo lavorato a Black Bird. Me lo ha segnalato quando ci stavamo avvicinando al wrap di Black Bird chiedendomi se avesse del potenziale per un adattamento televisivo. L'ho ascoltato e ho capito che non sapevo se tutto quello che raccontava potesse funzionare in una serie Tv, ma avevo letteralmente adorato la patologia del personaggio principale, del vero John Orr. Era molto affascinante questa sua evidente dissociazione mentale: percepiva sé stesso come un eroe mentre anche se commetteva quegli atti orribili. Poi dopo si è messo addirittura a scrivere un libro che presentava una versione romanzata di sé stesso in quanto eroe e di sé in quanto incendiario e ha poi cercato di venderlo a New York. Mi pareva una cosa davvero folle". Dennis Lehane ha però adoperato il podcast come assunto di partenza perché "volevo fare altro mantenendo però un personaggio principale con quella patologia".

Il fuoco come un personaggio

Lo showrunner ci ha spiegato che altrettanto fondamentale era far sì che anche il fuoco venisse trattato come un verso e proprio personaggio. E quando si parla di storie che hanno a che fare con il fuoco, è inevitabile usare un metro di paragone ben preciso: Fuoco assassino di Ron Howard. "Un paletto che è stato fissato fin dal principio, dal primissimo meeting produttivo, e ho usato proprio quel film che hai citato come punto di riferimento, si è basato sul fatto che se erano riusciti a fare un film così realistico all'inizio degli anni novanta, noi non avevamo scuse. Non volevo adoperare della CGI scrausa, non volevo che avesse un look posticcio come sovente accade col fuoco nella fiction. Fin dall'inizio abbiamo deciso di fondere insieme fuoco vero e quello realizzato in post. Ma solo la CGI. La scena d'apertura è al 100% autentica".

L'importanza delle zone di grigio

Chiunque abbia se non letto, quantomeno visto una pellicola basata su un'opera di Lehane, sa bene che per l'autore di Boston il mondo non è fatto di bianchi e neri, ma di zone morali connotate da tantissime sfumature di grigio popolate da esseri umani imperfetti. Ci è venuto naturale domandargli dove si collochi Smoke - Tracce di fuoco in tal senso.

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Un momento dalla serie

"Non credo negli eroi e nei cattivi" ci spiega lo scrittore "È un modo di pensare che non mi appartiene. Anche perhé non puoi categorizzare le persone in una maniera così semplice. La gente è incasinata e complessa. Oggi puoi essere un eroe e domani un villain e viceversa. Non sono cose che possiamo stabilire a priori. Dipende dalle circostanze. Ogni cosa dipende dalle circostanze in cui sei nato, dal posto in cui vivi... È quello che i greci chiamavano 'in extremis'. Ed è di questo che mi piace parlare e scrivere. Niente ti definisce di più del trovarti intrappolato in un incendio. Voglio osservare persone intrappolate in un incendio. In questa serie hai persone intrappolate in un incendio emotivo, in un incendio fatto di pressioni, in un incendio generato dalla loro stessa mente malata. Io stesso vivo in una zona di grigio. Non vedo la vita in bianco e nero".