Nel 2006 il personaggio di James Bond iniziava un nuovo ciclo di storie che avrebbe rivoluzionato la saga: un nuovo attore a impersonarlo (fu scelto un Daniel Craig parecchio atipico per i canoni del personaggio), una maggior fedeltà all'opera di Ian Fleming (s'iniziò proprio da quel Casino Royale, primo romanzo della saga che, al di là di un film apocrifo non era mai stato adattato per il cinema) e una modernizzazione generale per riportare in auge il mito di Bond che con il successo di eroi action del nuovo millennio come Jason Bourne sembrava destinato a perdersi nell'ombra. Un aspetto assolutamente centrale in Skyfall che, proprio in occasione del cinquantesimo anniversario dalla nascita del personaggio cinematografico, festeggia il mezzo secolo con una storia di morte e resurrezione arrivando a un finale che ristabilisce con prepotenza l'importanza e la singolarità di James Bond al cinema.
Un inizio atipico
Sappiamo tutti come dovrebbe iniziare un film di James Bond. Ci siamo abituati: lo schermo nero, le note del tema musicale, un cerchio bianco che si apre trasformandosi nella canna di una calibro .38 e mostra, in controluce, il nostro agente segreto che cammina da destra verso sinistra fino ad arrivare al centro dello schermo e sparare velocemente verso di noi. È la celebre sequenza gunbarrel e, posta a inizio film, sembra quasi l'apertura del sipario: lo spettacolo sta per cominciare e siamo pronti ad assistere a una nuova missione dell'agente 007. In Skyfall si ha un inizio leggermente diverso: una figura sfocata si avvicina verso di noi fino a farsi riconoscere solo grazie a un taglio di luce che gli illumina gli occhi, è James Bond che alza la pistola. Rimane il senso della sequenza, ma è inserita (come in Casino Royale) nel contesto narrativo del film escludendone però pure quella classicità abitudinaria: è un cambiamento che colpisce, che mette a disagio e, con questo inizio atipico, sottolinea subito come il film sarà diverso dal solito. Non solo per l'incredibile ricerca estetica data dalla fotografia di Roger Deakins che rendono Skyfall il film più "bello da vedere" della saga, un insieme di sequenze che sono una gioia per gli occhi, ma anche per come si svolge il prologo. Tra inseguimenti, sparatorie e acrobazie, i primi dieci minuti di film si aprono e si chiudono con un agente segreto morto: il primo, trovato da Bond, è l'agente Ronson, una versione giovanile di Bond accasciata sulla poltrona; il secondo è Bond stesso, colpito da Eve (futura Moneypenny) per errore, che cadrà nelle acque di un fiume e verrà creduto morto. Inizia con una missione fallita e una morte (apparente), i titoli di testa entreranno nella ferita causata dal proiettile e si avrà l'impressione di viaggiare al suo interno, metafora di quello che sarà il film: una lunga elaborazione del lutto, una lenta ricostruzione di un uomo distrutto.
Si vive più di due volte
Vedere un Bond cupo, disilluso e involuto non dovrebbe spaventare i fan dell'agente segreto: anche in questo caso il materiale originale parte da Fleming e nella svolta dark presente nell'ultima trilogia di romanzi, in particolare in Si vive solo due volte, un romanzo che contiene persino il necrologio di Bond. Skyfall ruota intorno ai concetti di mortalità, di rinascita, di perdita: è un film cupo che si prefigge di mostrare uno 007 fallace che deve ritrovare la sicurezza in sé stesso (e in questo avrà l'aiuto di M e, anche se in maniera contorta, di Mallory). Per farlo sarà costretto ad affrontare un suo doppio, Silva (Javier Bardem), un agente segreto che, in passato, fu sacrificato da M (Judi Dench alla sua ultima apparizione nella saga) per la riuscita di una missione, un po' come succede nel prologo del film quando è su ordine di M che Eve spara mancando il bersaglio. Silva è il lato oscuro di Bond, un uomo colmo di vendetta, un negativo del protagonista (la scelta dei costumi è indicativa: Bond con lo smoking nero, Silva vestito di bianco). Silva è ciò che Bond sarebbe diventato se avesse scelto il male, se fosse rimasto nell'isola turca a bere e a impedire alle sue ferite di rimarginarsi. Un'impresa che Bond ha già compiuto alla morte dei suoi genitori, quando si chiuse nel cunicolo segreto e ci rimase per due giorni. In quel cunicolo, per superare il lutto, James entra come un bambino orfano ed esce formato come Bond, con la corazza dura, spigoloso, sicuro di sé, pronto a vivere. Ed è una chiara metafora cristologica che richiama la morte sulla croce e la resurrezione dal sepolcro: l'abbandono della mortalità dell'uomo per trasformarsi in una figura divina, mitica, intoccabile, superiore. "Qual è il tuo hobby?" chiede Silva a Bond che risponde prontamente: "La resurrezione". A distanza di cinquant'anni, James Bond vince la morte e si consacra ancora una volta come il miglior personaggio action cinematografico.
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Vecchio e nuovo
Quello che doveva essere il miglior agente segreto fallisce la missione a inizio film. Viene creduto morto e, una volta deciso a riprendere il lavoro, fallisce i test (nonostante questo M mentirà sui risultati dando il via alla missione). Quando il "vecchio" Bond incontrerà il "giovane" Q per la prima volta alla National Gallery di Londra sarà di fronte alla Valorosa Temeraire, il dipinto di Turner che raffigura la nave militare mentre viene trainata per l'ultima volta in attesa della demolizione. Una chiara metafora di Bond: un vecchio scafo ormai trainato verso la fine sotto un tramonto romantico (e qui va richiamata ancora una volta la scelta estetica e la cura fotografica di Deakins nel rappresentare nel film la stessa luce romantica, soprattutto nel finale con la casa infuocata). Tra i due personaggi seduti nella galleria del museo avviene un confronto generazionale ("L'età non è garanzia di efficienza" contro "La giovinezza non è garanzia di innovazione"). Bond deve dimostrare che non è una vecchia nave portata alla demolizione, ma solo "una nave enorme" (così come descrive la Temeraire del dipinto). Lo stesso film, richiamando con il titolo il nome della casa di famiglia, è in eterno conflitto tra la novità estetica e stilistica della saga con Daniel Craig (il precedente Quantum of Solace, veloce come un proiettile, era l'antitesi del classico spionaggio di Casino Royale) e la celebrazione del personaggio, allo stesso tempo vecchio e nuovo. Non è un caso che il confronto finale, ambientato nel passato (ovvero la dimora di famiglia che Bond si era lasciato alle spalle) abbia richiami al cinema western, quasi a voler tornare alle origini del cinema d'azione, a togliere il velo pacchiano, pop e glamour e mostrare come la sequenza gunbarrel sia solo un richiamo all'inquadratura finale del film La grande rapina al treno di Porter (anno 1903). Non è un caso che la regia di Skyfall si basi su inquadrature fisse (è il contenuto dell'inquadratura in movimento, quasi mai si muove la macchina da presa) e pochi punti di vista (anche nelle scene più movimentate la sensazione è quella di avere al massimo due obiettivi fissati che si alternano al montaggio). E non è nemmeno un caso che, invece di usare gadget tecnologici e futuristici, Bond uccida Silva con un coltello, l'arma più analogica in assoluto, quasi primitiva.
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Un finale che è un nuovo inizio
È sempre presente la morte in Skyfall, sin dall'inizio. L'agente morto sulla poltrona, la morte apparente di Bond, quella mancata di Silva con la capsula di cianuro, ma anche la morte di M a fine film, quella dei genitori di Bond che l'hanno reso ciò che è, persino la distruzione della casa di famiglia è la definitiva fine di un passato irrisolto. Il legame malsano che legava Bond, M e Silva in un menage à trois tra eros e thanatos, tra genitori le cui decisioni si ripercuotono sui figli dando vita a uno scontro generazionale letale che si risolve nella cappella di famiglia. Solo chi riesce ad adattarsi riesce a guarire dalle ferite (Bond), gli altri due sono destinati a morire. Un finale che è un nuovo inizio perché se è vero che alla fine ritroviamo un Bond totalmente rinato (o risorto) è altrettanto vero che ci sembra di ritornare a uno status quo che celebra il passato cinematografico del personaggio. Festeggiare il mezzo secolo di saga cinematografica significa tornare a quel 1962 di Agente 007, licenza di uccidere dove M è un personaggio maschile nel suo studio, pronto a dare nuove missioni all'agente segreto; significa riavere seduta alla scrivania Moneypenny, chimera erotica irraggiungibile per 007; significa ricominciare con un personaggio glorificato e pronto a tornare in missione come il Bond che tutti conosciamo e amiamo (e il film successivo 007 Spectre sarà appunto una fotografia celebrativa di ciò che definisce in maniera classica il personaggio Bond). Skyfall ridefinisce il personaggio, chiude un cerchio di crescita, morte e rinascita iniziato con Casino Royale, tanto che ci tornano in mente le parole con cui si apre la canzone di Adele "This is the end" come a voler sottolineare la fine di un percorso. Parole cantate a inizio film e che si rovesciano quando il film si conclude con quello che ci aspettavamo all'inizio: la sequenza gunbarrel, classica, immancabile. "James Bond tornerà" è la prima didascalia dei titoli di coda e noi sappiamo che è vero.