Shorta, recensione: A.C.A.D. (All Cops Are Danish)

Recensione di Shorta, adrenalinico film danese arrivato su Amazon Prime Video dopo l'esordio alla Mostra di Venezia 2020.

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Shorta: una scena d'azione

Con la recensione di Shorta, presentato in concorso all'interno della Settimana Internazionale della Critica alla Mostra di Venezia 2020 (e ora, dopo essere stato selezionato anche a Zurigo e Rotterdam, su Amazon Prime Video prima di approdare in edizione fisica), torniamo a parlare del cinema danese, spesso molto interessante proprio quando si addentra nei territori di genere, con storie tendenti al poliziesco. Tale è stato il caso, sempre nel 2020, alla Berlinale con Wildland, e lo è anche con questa nuova opera prima che mescola stilemi action e riflessione sociale molto attuale, facendo il più possibile con un budget modesto ed esibendo grandi ambizioni con un soggetto che prevede poche location e un cast ridotto, creando un affascinante connubio di intimo ed epico. Un connubio degno di interesse soprattutto per il suo involontario legame con l'attualità: il debutto veneziano del film, che parla dei rapporti tutt'altro che rosei tra le forze dell'ordine e le minoranze, è avvenuto pochi mesi dopo la tragica uccisione di George Floyd.

Attenti a quei due

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Shorta: un'immagine del film

Protagonisti di Shorta (titolo che significa "polizia" in arabo, scelto dopo che era inizialmente stato preso in considerazione il termine gergale locale Panser) sono Mike Andersen e Jens Høyer, due poliziotti di Copenaghen alle prese con la routine quotidiana. Solo che questo è il giorno in cui un giovane immigrato, pestato dalla polizia nella sequenza d'apertura, sta lottando contro la morte in ospedale, e le tensioni sono ai massimi livelli. Queste tensioni si abbattono anche sul veicolo di Mike e Jens, costringendoli a cercare di sopravvivere a piedi nel ghetto di Svalegården (un quartiere fittizio della capitale danese). Ha inizio una drammatica corsa contro il tempo per uscire da un'area controllata da etnie costantemente prese di mira da chi porta il distintivo, e la situazione si complica poiché anche tra Mike e Jens ci sono delle differenze ideologiche, esacerbate dal fatto che uno dei due, che non fa nulla per celare anche minimamente il proprio razzismo, sia sotto indagine per comportamenti eccessivamente violenti in servizio.

Conflitto culturale

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Shorta: un momento del film

Il paragone più spontaneo che viene in mente è con Distretto 13: le brigate della morte per la struttura generale e Training Day per il rapporto tra i due protagonisti e l'uso della polizia per creare il ritratto di un'intera città. Allora, nel 2001, era Los Angeles a rappresentare agli occhi di tutti l'immagine della violenza dei poliziotti nei confronti delle minoranze (basti pensare a Rodney King, la cui vicenda riecheggia ancora oggi sullo schermo in varie forme, come nella sequenza iniziale di Black Panther), mentre oggi, tra la morte di Eric Garner a Staten Island, quella di Michael Brown nel Missouri e quella di George Floyd nel Minnesota, quell'immagine si è fatta sempre più globale, con una carica politica non indifferente (pensiamo alla campagna presidenziale 2020, con l'argomento Defund the Police - l'idea di redistribuire più equamente finanziamenti che vanno in modo sproporzionato alla polizia - al centro di accesi dibattiti).

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Shorta: una scena del film

Anche a livello europeo questa cosa si è fatta sentire, e in ambito italiano è difficile non pensare, restando in ambito cinematografico, a film come A.C.A.B. di Stefano Sollima o, esulando dalla tematica razziale e parlando di comportamenti scorretti in generale, a opere come Diaz, sul G8 di Genova, e Sulla mia pelle, sul tragico caso di Stefano Cucchi. È una rabbia globale quella che si manifesta nel lungometraggio danese, che ci chiede di simpatizzare con almeno uno dei due poliziotti, quello teoricamente onesto, ma al contempo si presenta con un titolo che, per quanto non propriamente denigratorio, indica il punto di vista degli altri, degli oppressi, di coloro che il più delle volte non hanno una voce perché questa viene spezzata insieme alla loro vita. Un punto di vista che si traduce in una visione frenetica, adrenalinica, dove entrambe le parti per una volta provano insieme la sensazione della morte che potrebbe arrivare all'improvviso, in maniera assolutamente brutale.

Un esordio promettente

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Shorta: una sequenza

Siamo davanti a un'opera prima che si permette di sognare in grande, compensando qualche banalità di sceneggiatura (i personaggi sono per lo più scolpiti con l'accetta, ma in parte sembra un effetto voluto) con egregie qualità di messa in scena, sfruttando i limiti finanziari e logistici che accompagnano un esordio per creare un microcosmo dalle implicazioni vastissime, un ghetto in apparenza piccolo ma in realtà enorme, che arriva a rappresentare la furia di un intero pianeta contro i soprusi di coloro che sulla carta dovrebbero far rispettare la legge. È un esercizio di genere molto efficace, che intrattiene, fa riflettere e tiene lo spettatore col fiato sospeso. Dalla Danimarca con furore, all'insegna di una nuova, promettente generazione di cineasti scandinavi.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Shorta ribadendo come sia un interessante esordio danese che sotto la scorza del film d'azione analizza la questione spinosa degli abusi di potere da parte della polizia. Adrenalina e riflessione sociopolitica sono presenti in egual misura, accompagnati da egregie qualità di messa in scena che compensano qualche banalità di sceneggiatura.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • Il cast è di altissimo livello sul piano recitativo.
  • La regia è molto efficace.
  • Il contenuto politico e sociale si sposa benissimo con la forma action.

Cosa non va

  • Alcune banalità di scrittura si lasciano intravedere.