C'era una volta un mercante che lavorava in un famoso mercato di Baghdad. Un giorno vide uno straniero che lo guardava con sorpresa e capì che lo straniero era la Morte
Attenzione! Consigliamo ai gentili lettori che non vogliono conoscere dettagli inediti sulla quarta stagione di Sherlock di non proseguire nella lettura di questo articolo.
Se pensavate di aver indovinato tutto di Sherlock... vi sbagliavate. La quarta stagione sarà il canto del cigno della serie di culto della BBC? Questo non lo sappiamo ancora, ma i creatori Steven Moffat e Mark Gatiss ce l'hanno messa tutta per inaugurare la nuova stagione con una brusca sterzata rispetto al passato. The Six Thatchers non sarà il miglior episodio della serie inglese, ma è senza dubbio il più coraggioso. E il più destabilizzante. Le certezze degli spettatori, consolidate tassello dopo tassello in una rete sottile i cui innumerevoli rimandi sono difficili da cogliere in toto anche dai fan più attenti, vacillano in una puntata in cui vengono messi in discussione non solo gli eventi passati, ma anche i profili morali dei personaggi. Moffat e Gatiss forgiano The Six Thatchers in una struttura a spirale. Man mano che la narrazione avanza, le spire avvincono protagonisti, comparse e pubblico in una morsa sempre più soffocante. Impossibile poter prevedere cosa ci attende dietro ogni curva.
A dispetto di quanto si potrebbe evincere dall'incipit, stavolta Sherlock Holmes non è il protagonista dell'episodio, bensì ne è la catalisi e il motore degli eventi che si verificano uno dietro l'altro, in una catena irrefrenabile. Sarà lui stesso, nel prefinale dell'episodio che lo vede nel suo studio insieme alla Signora Hudson, a chiedere alla donna di avvertirlo quando, in futuro, si mostrerà eccessivamente arrogante e sicuro di sé. Seppur indirettamente, è proprio la sua protervia a causare la perdita di un'amica cara, la cui dipartita era annunciata da tempo. La natura giocosa di Sherlock viene meno nel momento in cui il suo protagonista tocca con mano la drammaticità di eventi a cui non riesce a porre rimedio. La sua scarsa lungimiranza lo porterà a rompere un giuramento e a una grave frizione con il compagno John Watson. Sherlock stesso si troverà in più occasioni faccia a faccia con la morte, vi sfuggirà, stavolta non per merito suo, ma sarà anche cantore del Tristo Mietitore visto che è proprio la voice over grave e composta di Benedict Cumberbatch a scandire l'antico racconto dell'Appuntamento a Samarra, amaro leitmotiv che apre e chiude la struttura ciclica di The Six Thatchers.
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Il passato si nasconde nei busti di Maggie Thatcher
Niente è casuale in Sherlock. La vivace sequenza che precede i titoli di testa non solo si riallaccia al finale della terza stagione, con la mediazione di Mycroft necessaria per "discolpare" il fratello della morte del villain Charles Augustus Magnussen e l'ombra di Moriarty che torna ad allungarsi sullo show, ma contiene in nuce anche gli ingredienti chiave del nuovo episodio. Sherlock Holmes è però troppo miope, o troppo sovraeccitato per intuire la verità così, pur sottolineando più volte nel corso dell'episodio l'importanza di seguire l'intuito, è il primo a non farlo. La quarta stagione ci introduce uno Sherlock perennemente "fatto" e su di giri. Lui assicura che si tratta di naturale eccitazione mentre continua a usare freneticamente il proprio smartphone anche nei momenti meno opportuni (come il battesimo della figlia di John Watson). A questa frenesia corrisponde un'inedita concessione al sentimento, come nota il fratello Mycroft, sentimento che è qualcosa di estraneo allo Sherlock che conoscevamo. Che questo nuovo aspetto rischi, in futuro, di offuscare la proverbiale lucidità del Consulente Investigativo di Scotland Yard? Per il momento la questione resta in sospeso, ma mentre Sherlock si barcamena tra mille casi diversi risolvendoli in modo tanto frenetico quanto distratto, entrano in campo le sei Thatcher del titolo.
Di cosa si tratta in realtà? Di sei busti di gesso prodotti a Tbilisi, in Georgia, e acquistati da una manciata di Tories nostalgici della Lady di Ferro che hanno piazzato i busti nelle proprie lussuose dimore. Uno dei busti contiene, però, un segreto legato al passato di Mary Watson, e Sherlock, obnubilato dalla possibilità che dietro la distruzione delle statue ci sia lo zampino di Moriarty, intuisce la verità troppo tardi. Ed ecco la vera protagonista dell'episodio, la materna Mary Morstan in Watson. Dopo la nascita della figlia, Rosamund Mary Watson (per gli amici Rosie), John e Mary sembrano aver faticosamente raggiunto un equilibrio familiare. Entrambi partecipano, a turno, alle indagini di Sherlock Holmes ed entrambi si prendono cura della piccola Rosie tra pappe, sonnellini e pianti notturni che interrompono il loro sonno. Ma dietro questa parvenza di serenità si cela un castello di bugie che non coinvolge solo Mary e il suo passato di mercenaria, ma anche l'incorruttibile John Watson.
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Segreti e bugie
Il passato di Mary torna a perseguitarla sotto forma di un ex collega, Ajay, convinto che lei abbia tradito la squadra mandando a monte una delicata missione per liberare degli ostaggi governativi in Georgia. Sherlock Holmes intuisce le mosse di Ajay e lo intercetta affrontandolo in uno spettacolare combattimento degno del miglior James Bond in cui i due uomini si scontrano a mani nude in una piscina. Location che non può non riportare alla mente un'altra celebre piscina, quella in cui Moriarty attirava con un tranello Holmes e Watson nel finale della prima stagione. Dopo aver appreso la minaccia che grava sulla sua famiglia, Mary torna ai vecchi metodi raggirando Sherlock per darsi alla fuga, ma stavolta Sherlock e John intuiscono le sue intenzioni e riescono a rintracciarla e a riportarla a Londra. Mary non è, però, l'unica a mentire.
Un incredibile serie di flashback ci mostra John Watson per la prima volta sul punto di dare un colpo di spugna ai propri principi morali dopo l'incontro con una bella donna in autobus. Il tradimento nei confronti di Mary sembra solo platonico, più che altro digitale. Vediamo John scambiare qualche battuta affettuosa in chat con la misteriosa E, senza altro tipo di coinvolgimento, ma su questo aspetto gli autori mantengono una certa ambiguità. Fa ancor più impressione pensare che, mentre giravano queste sequenze, nella vita reale Martin Freeman e Amanda Abbington ponevano fine alla loro relazione sentimentale dopo sedici anni di convivenza e due figli. A volte la realtà supera la finzione e anche se è difficile credere che quelle vecchie volpi di Moffat e Gatiss abbiano giocato sulla pelle dei loro attori evidenziando le somiglianze casuali tra la loro storia e quella dei loro personaggi, dal viso segnato di Mary e dallo sguardo triste di John Watson trapela un eccesso di verità che getta una luce ancor più drammatica sull'episodio.
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L'apparenza inganna?
Nella parte finale di The Six Thatchers arriva il momento che tutti temevamo. Nel canone di Arthur Conan Doyle John Watson rimane vedovo e ormai sappiamo che, al di là dell'apparente stravolgimento, nella loro attualizzazione Steven Moffat e Mark Gatiss hanno sempre seguito le orme del loro mentore. La morte di Mary Watson era stabilita da tempo, restava solo da capire come e quando gli autori avrebbero giocato questa carta. Il finale dell'episodio ci conferma che la fine di Mary - e forse l'esistenza stessa del personaggio in toto - è strumentale all'evoluzione del rapporto tra Sherlock e John. In un impeto di altruismo, la donna fa da scudo a Sherlock prendendo una pallottola diretta a lui e muore tra le braccia del marito. L'urlo rabbioso di John Watson e l'ira nei confronti di Sherlock non presagiscono niente di buono per il futuro. Holmes non è riuscito a rispettare la promessa fatta, quella di proteggere sempre Mary, John e la loro famiglia. La prima frattura tra i due amici, seguita alla scoperta di Watson che Sherlock aveva finto la propria morte, si era ricomposta proprio grazie all'intervento di Mary Morstan. Come riuscirà stavolta Sherlock a riguadagnare la fiducia di una delle poche persone che ama? Incredibile a dirsi, nel finale lo vediamo fare ricorso a una psicanalista, altro richiamo importante all'inizio della prima stagione quando era John Watson a ricorrere a una terapeuta per combattere la sindrome da stress post-traumatico.
I toni drammatici su cui si chiude The Six Thatchers lasciano spazio a un altro paio di colpi di scena su cui dobbiamo concentrare l'attenzione. I media hanno già preannunciato l'arrivo del nuovo villain, Culverton Smith, interpretato da Toby Jones, che verrà introdotto nel prossimo episodio, The Lying Detective. Gli spettatori più attenti si saranno accorti che in realtà Smith compare per un istante già in The Six Thatchers. Ne vediamo il primo piano sorridente al centro di un manifesto appeso alla fermata dell'autobus dove John Watson si imbatte nella sua "amante virtuale". In altro a destra del manifesto compare la scritta "He's back". Nel canone Smith è un esperto di malattie tropicali che tenta di avvelenare Holmes per vendicarsi di lui. Tra una settimana scopriremo la nuova identità e gli scopi della nuova versione del personaggio. Ma la sua non sarà l'unica new entry significativa. Sempre nel prefinale, ricco di sorprese come non mai, una breve sequenza è dedicata al ritorno a casa di Mycroft che, dopo aver aperto il frigorifero in cerca di qualcosa, lo richiude per concentrarsi su un bigliettino su cui è scritto 13th. Dopo aver controllato l'ora, Mycroft prende il cellulare e fa una telefonata chiedendo di farsi passare un certo Sherrinford. Questo nome dovrebbe far scattare un campanello d'allarme nei fan visto che Sherrington Holmes è il terzo fratello di Sherlock e Mycroft. Qualche mese era trapelata la possibilità dell'ingaggio di Tom Hiddleston per il ruolo, ma per il momento l'identità dell'attore che interpreterà Sherrinford non è ancora trapelata. Perché Mycroft chiama il fratello maggiore? Che ruolo avrà nel futuro dello show?
Ma è ancora Mary a distrarci dalla famiglia Holmes rubando la scena nell'ultima sequenza. Dopo aver ricevuto una busta con all'interno un DVD su cui vi è la scritta Miss me?, Sherlock lo visiona e scopre che si tratta di un accorato messaggio post mortem in cui Mary gli chiede di "salvare John Watson". Ma la vera sorpresa è contenuta in una breve scena post-credits, in cui la stessa Mary sibila velenosa "Va all'inferno Sherlock". Frase, questa, che apre a nuovi misteriosi scenari e ci fa sospettare che il Miss me? scritto sul DVD non fosse solo un modo arguto di Mary per attirare l'attenzione di Sherlock Holmes.
Movieplayer.it
3.5/5