Recensione Sette anime (2008)

A due anni dal debutto americano con La ricerca della felicità, Gabriele Muccino torna dietro la macchina da presa e ci regala questo Sette Anime, una pellicola dotata di grande sensibilità emotiva ed altamente drammatica.

Sette libbre d'amore

Ben Thomas (Will Smith) è un uomo triste, che non riesce più a vivere serenamente. E' caparbio, distaccato, uno che sembra fuggire dalle emozioni, quasi un automa programmato per raggiungere uno scopo. La sua quotidianità ruota intorno ad una lista di sette nomi, sette persone che, per un motivo o per l'altro, hanno bisogno di aiuto e per le quali Ben ha un progetto speciale, studiato fin nei minimi dettagli. Per queste sette anime l'uomo è pronto a dare tutto, beni materiali e non, ad andare oltre ogni limite, a sacrificarsi anima e corpo alla ricerca di una felicità interiore assoluta che gli permetterà in maniera drastica e definitiva di sconfiggere i fantasmi che lo perseguitano. Devastato dai sensi di colpa per aver causato un grave incidente stradale in cui hanno perso la vita sette persone, Ben si incamminerà sulla strada del riscatto andando ben oltre l'aiuto finanziario o il sostegno morale. Per loro ha in serbo il dono supremo di una nuova vita, qualcosa di grande e unico, qualcosa che va al di là dell'altruismo o della buona azione quotidiana di un funzionario dell'Agenzia delle Entrate. Ma quello di Ben non sarà un dono d'amore a senso unico perché una di queste sette persone, Emily (Rosario Dawson), gli restituirà il favore in maniera del tutto inaspettata, facendogli riscoprire l'amore puro e vivere sensazioni che credeva di non riuscire più a provare.

A due anni dal suo debutto americano con La ricerca della felicità, Gabriele Muccino torna dietro la macchina da presa e ci regala questo Sette Anime, una pellicola dotata di grande sensibilità emotiva ed altamente drammatica che affronta temi dolorosi come la malattia, la morte, il lutto, il perdono e il senso di colpa ma che al contempo offre nuovi e originali spunti per parlare della fragilità dell'animo umano, dell'amore, del senso della vita, dell'altruismo e soprattutto del destino. Protagonista di questa tragica storia ricca di umanità e di pathos ancora una volta Will Smith, principale artefice del sopra citato successo d'esordio in terra straniera dell'amico Gabriele. Peccato però che il risultato di quella che ne La ricerca della felicità era apparsa una discreta alchimia professionale in Sette Anime non sia ugualmente convincente.

La sceneggiatura, scritta dall'esordiente Grant Nieporte (autore finora solo di qualche prodotto televisivo), non permette allo spettatore di 'entrare' nella mente del protagonista e ancor meno nelle vite degli altri sette personaggi, che tranne qualche ovvia eccezione non vengono nemmeno sfiorati dalla storia. Ottima l'idea di fondo della storia ma forse un tantino inadeguata la messa in scena di Muccino, apparsa artificiosa e manieristica nei punti cruciali ed in alcuni casi troppo attenta alla forma più che al contenuto. Non sempre azzeccate le scelte stilistiche, come l'uso della messa a fuoco alternata durante i dialoghi negli spazi stretti o la camera a mano che spesso segue i personaggi alle spalle anziché da davanti senza mostrare le loro espressioni; anche questo, in maniera del tutto non intenzionale intendiamoci, contribuisce a nostro avviso a tenere ulteriormente fuori dalla scena lo spettatore che avrebbe invece avuto bisogno di una maggiore compartecipazione. A tutto questo aggiungiamo un Will Smith visibilmente in difficoltà, spaesato come un pesce fuor d'acqua e mai veramente 'provato' a livello fisico da un film lacerante come Sette Anime. A volte si ha la sensazione che l'attore non sia riuscito ad esporsi fisicamente più che sul piano emotivo, come se non fosse riuscito ad abbandonarsi completamente nelle mani del regista ed avesse in qualche modo avuto paura di ledere la sua immagine più popolare, quella solare e atletica che tutti noi siamo abituati a vedere. Assai più convincenti Rosario Dawson (in assoluto la migliore) e Woody Harrelson. Nel cast anche Connor Cruise, il figlio adottivo di Tom Cruise.

La prima mezzora incuriosisce, spiazza e devia il discorso cercando di confondere chi guarda, ma le peripezie piuttosto inspiegabili del protagonista e i mille perché che nascono nella mente dello spettatore trovano strada facendo una loro precisa collocazione. Molto dipenderà da quanto ci si è documentati sulla sinossi prima di entrare in sala; ma al di là di qualsiasi giudizio critico Sette Anime non può lasciare indifferenti, perchè in un modo o nell'altro spinge a focalizzare l'attenzione su domande cui spesso preferiamo glissare. Ci prendiamo abbastanza cura delle persone che amiamo? Meritiamo ed apprezziamo veramente quello che di semplice e buono la vita ci regala ogni giorno? Siamo consapevoli che ogni giorno facciamo cose che altri più sfortunati non riusciranno mai a fare?
Stavolta non è un supereroe a salvare il mondo o a rubare ai ricchi e ai cattivi per dare ai poveri. E' Ben, uno di noi, un uomo qualunque distrutto dal rimorso e incapace di reagire al dolore, a scegliere di morire per donare la vita e un sorriso a chi li merita più di lui.

Movieplayer.it

2.0/5