Tra il 1990 e il 1991 l'Unione Sovietica, ridotta ormai ad un gigante dai piedi d'argilla, entrava in un processo di irrefrenabile dissoluzione: dalla vittoria elettorale di Boris Eltsin al fallito colpo di stato dell'agosto 1991, l'URSS era vittima di un'implosione che, il 1° gennaio 1992, avrebbe portato all'ufficializzazione del suo scioglimento. Una fase epocale nella storia contemporanea: non solo per la Russia, ma per tutti gli altri Stati che, in un modo o nell'altro, erano entrati a far parte dell'orbita filosovietica.
Fra questi paesi vi era anche la piccola Cuba, la "spina nel fianco" degli Stati Uniti durante tutta la Guerra Fredda e con un'economia strettamente legata a quella del blocco sovietico. Il film di Ernesto Daranas parte proprio da qui: dalla crisi cubana conseguente al crollo dell'Unione Sovietica, in un momento in cui gli scenari geopolitici venivano ridisegnati e i rapporti di potere si ribaltavano radicalmente. Una necessaria cornice storica all'interno della quale il regista cubano sviluppa una singolare commedia dai toni fiabeschi, a partire dall'omonimia dei due comprimari.
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La guerra (fredda) è finita
Sergio (Tomás Cao) è un giovane docente di filosofia politica all'Università dell'Avana, esperto di marxismo e, nel tempo libero, radioamatore per passione. Vive insieme alla volitiva madre Caridad (Ana Gloria Buduén), con la quale ha deciso di mettere in piedi una distilleria clandestina di rum, e alla perspicace figlioletta Mariana (Ailín de la Caridad Rodriguez), voce narrante dell'intera vicenda. Sergei (Héctor Noas), la cui figura ricalca ovviamente quella del vero cosmonauta Sergei Krikalev, si trova in orbita all'interno di una stazione spaziale MIR: lì viene informato del fatto che l'Unione Sovietica non esiste più e che, considerate le nuove priorità della Russia, non ci sono più fondi sufficienti per farlo rientrare sulla Terra.
Attraverso una sorprendente comunicazione via radio, Sergio e Sergei entreranno in contatto l'uno con l'altro e cominceranno a dialogare: una relazione che susciterà i sospetti delle autorità cubane, nonché quelli di Ramiro (Mario Guerra), ingombrante vicino di casa di Sergio, intenzionato a scoprire quali intrighi anticomunisti stia complottando l'uomo con il suo nuovo apparecchio radiofonico. Un plot in stile Sopravvissuto - The Martian, con Sergio che si adopera in ogni modo per permettere a Sergei di tornare a casa, si arricchisce così di una pluralità di spunti e di sottotrame volti a descrivere, con un umorismo troppo affettuoso per risultare davvero mordace, le contraddizioni di un paese - Cuba - e di un mondo in pieno cambiamento, ma ancora legati a vecchi schemi di pensiero e agli ultimi residui della Guerra Fredda.
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Planet Earth is blue and there's nothing I can do
Ernesto Daranas, autore della sceneggiatura insieme a Marta Daranas, mantiene un'apprezzabile coerenza nel tono e nel ritmo del racconto, evitando di scivolare nella retorica o di imprimere al film repentini cambi di registro. L'attore americano Ron Perlman, anche produttore esecutivo, si ritaglia il ruolo dello scrittore e radioamatore statunitense Peter, il quale si rivelerà una sorta di deux ex machina per Sergio e per il suo amico Sergei, mentre appare più debole e sfilacciata la sottotrama dedicata a Paula (Camila Arteche), provocatoria studentessa con una cotta per Sergio. Smagliature che comunque non pregiudicano l'esito complessivo di una pellicola alquanto originale che, alla resa dei conti, non perde il proprio bizzarro equilibrio, funzionando pure oltre le aspettative.
Movieplayer.it
3.0/5