Rutger Hauer ricorda Blade Runner a trent'anni dall'uscita

Rutger Hauer, a Milano per il festival I've Seen Films di cui è promotore, ricorda il capolavoro di Ridley Scott Blade Runner - dal 21 novembre in edizione Blu-ray da collezione per Warner HE - a 30 anni dall'uscita.

Si è tenuta giovedì 18 Ottobre presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano la conferenza stampa dedicata ai 30 anni di Blade Runner, ospite Rutger Hauer, interprete del platinato Roy Batty, folle replicante del capolavoro di Ridley Scott che il 21 novembre sarà disponibile in un allettante cofanetto edito da Warner HE contenente il Blu-ray del Final Cut e i dvd delle altre versioni, la copia lavoro del film, 1000 foto e... gadget! L'artista olandese - oltre che attore è anche regista e poeta - è tornato a Milano per presiedere il suo Festival Internazionale - 100 inediti tra lungo e cortometraggi, documentari, video sperimentali e di animazione - I've Seen Films (www.icfilms.org), che si svolge dal 10 al 19 ottobre ed è organizzato dall'Associazione no-profit Rutger Hauer Starfish Association. L'attore olandese dagli splendidi occhi azzurri, il look originale, la tagliente ironia e una lieve insofferenza mascherata con eleganza - ha ripreso il moderatore per essersi accaparrato troppe domande e l'interprete per la sciattezza della traduzione - ha condiviso con i presenti i ricordi dei quattro mesi di riprese e le sue opinioni acute sul mestiere di attore. Ecco cosa ci ha raccontato - veramente (ripetiamo che ci sono stati problemi di traduzione, a dir poco vaga e omertosa) - lo straordinario attore di Fiore di carne, Ladyhawke, La leggenda del Santo Bevitore, delle pellicole del compatriota Verhoeven e soprattutto di Blade Runner.

Trent'anni fa Blade Runner mostrava un'America invasa dagli asiatici, un'immagine che oggi è poco lontana dalla realtà, come pensa arrivò Scott a questa intuizione?
Credo che questo dovreste chiederlo a Ridley, non posso rispondere io a questa domanda! È un film, è una realtà che ho visto attraverso gli occhi della sua mente e sono stato fortunato a ritrovarmi in quel punto di vista. È strano perché ogni film è finzione, filtrata attraverso gli occhi del filmmaker.

Anche lei ha risentito delle dure riprese?
È stato delizioso lavorarci e so di essere uno dei pochi che si è sentito così. E poi non posso dirvi come sia essere un'icona vivente, che è quello che mi è accaduto grazie al questo film e che nessuno prima aveva sperimentato, posso solo dirvi che è incredibile.

Le piace ancora la frase del film che l'ha reso famoso, a trent'anni di distanza?
Credo di avere già risposto: il grande momento, per molti versi, è concentrato in quella frase saltata fuori l'ultima notte dell'ultimo giorno di riprese. Me ne sono uscito con quella frase per concludere il percorso di Roy. Il pubblico dopo 30 anni ancora ama quella frase e non poteva andare meglio di così, nulla è cambiato, è incredibile, e la parte più strana è che nello stesso momento in cui stavo facendo questo film stavo vedendo il futuro, ma allora non sapevo cosa stavo guardando. Lo puoi capire solo anni dopo, quando ti riguardi indietro.

Il copione era diverso, quindi, è vero che è stato lei a modificare il testo del monologo?
Era l'ultimo giorno di quattro mesi di riprese e avevo un monologo di un'intera pagina piena di termini hi-tech da sputar fuori. Ritenevo che se quello fosse stato il discorso finale, così lungo e da operetta, avrebbe fatto schifo. Con Ridley ci siamo trovati d'accordo che quando la tua batteria si sta esaurendo non te ne vai con un monologo da opera, te ne vai con un discorso breve, veloce, perché Roy sa che la sua batteria è agli sgoccioli, che è la sua ultima danza, quella con la vita e con la morte. Per cui in quell'ultima notte non potevamo finire così, dovevamo trovare un altro modo per salutare Roy e così quelle ore le ho trascorse scorrendo il monologo. Ho tirato fuori due frasi che mi sembravano sensate perché legate a passi precedenti della sceneggiatura, e poi la frase che veramente esprimesse cosa sentiva Roy, sebbene fosse impossibile.

In quei quattro mesi di riprese così faticosi quali altre difficoltà ha sopportato?
Andare in bici senza gambe è più difficile. Non lo so, la gente pretende sempre di sapere cosa è stato difficile o è andato male. Non sono qui per vivere una vita facile, per me facile e difficile sono la stessa cosa, bisogna trovare un modo per girare intorno o superare gli ostacoli.

Cosa le è rimasto di Roy Batty?
Ho letto la sceneggiatura e ho lavorato con Ridley e all'inizio il personaggio era veramente strumentale al capitolo finale della storia che nello script originale era uno lungo scontro e ho pensato davvero che un balletto o un gioco di bimbi sarebbe stato più interessante. Ho riletto molte volte ancora la sceneggiatura cercando di leggere la mente di Ridley.

Come si interpreta un androide?
Come attore sono assolutamente persuaso che quello che fai sullo schermo - per il teatro è diverso - non appartiene mai a te per più del 50%. Credo che come attori dobbiamo essere onesti su questo e non ingigantire tutto quello che circonda questa meravigliosa professione. Un momento così grande a inizio di carriera è stato miracoloso, io stesso non credevo potesse accadere, anzi ero molto cinico nei confronti di questo lavoro, pensavo fosse tutto una stronzata che cerca di fotterti la mente, ma aver riscosso tutto quel successo così presto mi è stato molto d'ispirazione.

Cosa ha imparato?
Una cosa che imparato quando ero molto impegnato, una decina di anni fa, forse quindici, realizzandola all'improvviso, è che se ti rilassi puoi fare molto di più. La maggior parte della gente recita la maggiore parte della giornata, io solo davanti alle telecamera, mentre per il resto del mio tempo sono come uno sportivo che si rilassa [tra una gara e l'altra].

Ci parla delle sue iniziative?
Dodici anni fa ho creato un'associazione a scopo benefico, Starfish, per fare qualcosa di reale, mica regalare bambole a chi ha fame. Volevo dare gioia a chi soffre di Aids: è facile iniziare una cosa, è difficile portarla avanti e finirla. Con I've Seen Films ho creato una finestra digitale per i film maker dove mettiamo i lavori che ci sembrano stupefacenti ed è incredibilmente affascinante. Offro un piccolo aiuto ai miei futuri colleghi, è solo un piccolo aiuto, so che non sono il re del mondo, ma posso fare qualcosa di reale per qualcuno e ne vado molto fiero. Il mondo è un brutto posto e lo è sempre stato, ma qualcosa per migliorarlo si può fare.

Cosa vuole trasmettere con I've Seen Films?
Fondamentalmente ho la mia opinione sul film making: il mio senso di verità è che io cerco di ispirare gli altri come sono stato ispirato io a mio tempo, perché l'ispirazione è a cosa più importante che ti può rendere pazzo ma condurti lontano. È cibo senza data di scadenza.

Ha visto Prometheus e cosa ne pensa del 3D?
Non l'ho ancora visto perché sono stato sempre in viaggio negli ultimi mesi e non l'ho beccato. Per quanto riguarda il 3D in generale penso che è un altro stratagemma che funziona nel caso di alcuni film. Mi piace tenere su gli occhialini per poco tempo. L'esperimento di Argento è stato questo, un esperimento, voglio vedere se ha funzionato, ma non ho ancora visto Dracula 3D perché ero via. Sono curioso di vedere se fa così paura come dovrebbe.

Cosa significa la creatività per lei?
Sono nato in un recinto per bambini, e pensavo che la vita significasse scoprire cosa c'era fuori. Creatività significa espandere la propria capacità di comprendere, scoprire, gioire, perché quello che trovi non sempre è quello che ti aspetti, ed è questo il bello. Non smetto mai di cercare.

Se come Roy avesse un tempo limitato a disposizione che farebbe, si godrebbe la vita o cercherebbe il modo per averne di più?
Quanto limitato? Mi piacciono le edizioni limitate ma restiamo aperti alle interpretazioni. Credo che sia un'idea ottima per ricordarci che non ci siamo per sempre. Penso sempre che il futuro sia mio è penso che una cosa che posso fare oggi posso farla anche domani, ma poi il rischio è di non fare mai veramente quello che vuoi.

Questo vale per il suo lavoro di regista?
Ho sempre voluto essere un regista, avevo diretto delle rappresentazioni ed ero stato molto bravo, ma poi sono andato a scuola di recitazione - dove però non ho imparato un cazzo: ci sono andato perché volevo sapere cosa sono gli attori prima di iniziare a fare il regista, ma poi ho avuto una carriera come attore che è iniziata nel 1969 ed è andata avanti fino a oggi. Avevo intenzione di dirigere, ma il tempo è essenziale, mi rendo conto che quando dico ai filmmaker che a fermarli non sono i soldi che non si trovano, ma iniziare veramente, mettere i pezzi insieme, in realtà il discorso vale anche per me e per i miei progetti futuri.