Russell Crowe arriva in una soleggiata Via della Conciliazione nella Capitale, scende dall'auto e tutto si ferma: un gremito pubblico lo accoglie con devozione, trasporto, amore. Un divo che, nonostante la levatura artistica, i tanti progetti, le sue strabilianti prove da attore, passeggia in mezzo alla gente e con naturalezza la abbraccia con affetto. Il duro sguardo di Massimo Decimo Meridio ne Il Gladiatore, la genialità ossessiva di John Nash in A Beautiful Mind non sembrano appartenergli: è semplicemente Russell fuori dal set, da quel posto che può chiamare casa, plasmato in anni e anni di esperienza maturata. La Masterclass che lo ha visto presente il 15 ottobre ad Alice nella città, sezione parallela e indipendente della 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, è stato un incontro decisamente sui generis. Perché, strano a dirsi, la star non è stata la vera protagonista, visto che le domande degli studenti di cinema davano il tempo e guidavano l'evento e lui prontamente rispondeva dopo, con sincerità, schiettezza, facendo battute, improvvisando racconti e aneddoti. Un faccia a faccia inaspettato e dinamico, con un Russell Crowe che si aggirava agilmente in mezzo alla sala dell'Auditorium Conciliazione, provando ad aiutare tutti, con generosità.
Una vita avventurosa
Russell Crowe stabilisce poche semplici regole all'inizio dell'incontro: dà parola solo agli studenti di cinema e gli permette di fare domande direttamente a lui, promettendo di rispondere con trasparenza, parlando di cinema, narrazione, quello che c'è dietro e davanti la macchina da presa. Ma prima di tutto questo, il divo ha voluto raccontare brevemente la sua vita.
"Ho iniziato a lavorare sui set a 6 anni, mia madre si occupava del catering degli studi cinematografici e un giorno scoprì che cercavano un bambino per Spy Force e mi convinse a partecipare. Non ho fatto nessuna scuola di recitazione, ho imparato tutto sul campo. Da adolescente poi mi sono dedicato a molto altro, ero in una band, ho lavorato molto a teatro in The Rocky Horror Pictures Show e Grease, ero anche un DJ e barman. Piano piano mi stavo inoltrando nel mondo dell'intrattenimento. A 25 anni ho fatto il mio primo film su schermo, dopo tantissima esperienza accumulata tra teatro e live musicali. Prima di entrare nell'industria cinematografica ho lasciato che il mio desiderio bruciasse, perché anche se ero soddisfatto di quello che stavo facendo, sapevo in cuor mio che volevo lavorare nel cinema. Tutto è possibile, nessuno può dirvi il contrario."
Festa Del Cinema di Roma 2022: i 15 film (e serie tv) che aspettiamo di più
Seguire le proprie passioni
Detto questo, l'attore decide di raccontare la sua più grande passione. Lo fa con intimità, dolcezza: accende un piccolo stereo, mette la canzone presenti nei crediti del suo ultimo film, Poker Face, e si siede tra il pubblico ad ascoltarla. "Scrivere canzoni per me è una grande passione, non mi fa di certo pagare le bollette, però non date mai retta a quelli che dicono di concentrarsi solo su una cosa, sono str**. Sappiate che sono davvero fortunati coloro che riescono a perseguire le proprie passioni, come molti qui in sala, c'è tanta gente che invece non ci riesce. Quindi puntate tutto su questo." Chiuso quest'ultimo dettaglio sulla sua vita, Crowe dà la parola al pubblico. Si alza e porta il microfono a chi gli vuole porre delle domande. Non risponde mai con sufficienza, ma cerca di fornire risposte articolate e complesse.
Delusioni e ambizioni
È stato chiesto in particolare al divo quali sono state le sue più grandi delusioni e come ha reagito a queste e con l'occasione l'artista ha anche spiegato quali ruoli predilige sul grande schermo. "Le mie delusioni, solitamente, le valuto su base quotidiana. Magari giro una scena, torno a casa alle 2 di notte e mi viene un'idea migliore per quella sequenza che oramai è stata conclusa." Passando alle parti che preferisce, va subito al punto senza girarci troppo intorno. "Non ambisco a volere ruoli che vogliono tutti, anche perché non voglio che ci sia competizione. Voglio solo ed esclusivamente ruoli tarati per me, esclusivi, nuovi. So che suona un pochino egoista, ma la penso così."
Gestire l'ego e creare rapporti
Tornando a parlare dell'ego, è stato chiesto a Russell Crowe come metterlo da parte e creare rapporti nell'industria filmica. "Badate bene che un po' di ego serve sempre, dipende pure dal contesto di cui stiamo parlando. Bisogna creare rapporti con tutti sul set, soprattutto se sei attore. Tra l'altro, devi essere sempre al servizio del regista, devi compiacere la sua visione e fare quello che desidera. Questo è davvero fondamentale perché se apprezza il tuo lavoro, automaticamente passa una buona parola ad altri colleghi e così avrai in futuro la possibilità di lavorare con un altro cineasta. Un'altra cosa importante da fare è gestirsi al meglio, non andare fuori controllo anche perché noi attori siamo burattini di noi stessi."
Il Gladiatore: i 20 anni del film che lanciò Hollywood nel nuovo millennio
Le più grandi sfide sul set
Di fronte ad un nome così importante del mondo del cinema è spontanea la domanda sui progetti che lo hanno messo più in difficoltà. Il divo ne elenca diversi, spiegando che ognuno ha avuto le proprie criticità. "A Beautiful Mind è stata una sfida psicologica impressionante. Non è stato affatto semplice eseguire tra i 12 e i 16 tic del protagonista, visto che la storia, come sapete, va dentro la testa di John Nash. Cinderella Man, invece, è stata una grande prova dal punto di vista atletico. Noah di Aronofsky è stato invece complesso dal punto di vista fisico: per 36 giorni di riprese c'era una pioggia incessante, in pieno inverno ed era complicato mantenere i nervi saldi. Chiudo dicendo che un film che è stato da poco concluso, L'esorcista del Papa, mi ha totalmente spaventato. Nella pellicola interpreto un'esorcista, Padre Gabriele Amorth e ho a che fare con un bambino posseduto con un naso rotto, testa spaccata, occhi iniettati di sangue. Mi faceva star male ed ero terrorizzato ogni volta che avevo a che fare con lui anche perché il piccolo attore era dannatamente bravo."
Sul set di Robin Hood con Russell Crowe
Tra sceneggiatura e regia
Da attore, è stato chiesto a Russell Crowe quali elementi di una sceneggiatura lo attirassero in maniera particolare e il divo non ha avuto dubbi sulla risposta. "Io amo i dialoghi, mi piacciono le battute, le adoro. Non mi interessa il sacrificio che ci può essere dietro, voglio stare dietro la storia e ciò non significa che devo interpretare necessariamente il protagonista. Mi venderei per un copione". Per quanto riguarda la regia, l'artista ha dato qualche consiglio anche perché ha alle spalle già due progetti dove è stato dietro la macchina da presa, The Water Diviner (2014) e Poker Face (2022), presentato ad Alice nella Città durante la Festa del Cinema di Roma 2022. "Beh, essere attori aiuta a diventare registi, anche se devi lavorare con i progetti giusti. Ammetto che nel 1999, quando ho lavorato per la prima volta con Ridley Scott, è stata un'esperienza terribile. Solo con il tempo Scott ha trovato la giusta linea per lavorare con gli attori e da quel momento mi ha dato molto. Il regista ha il compito di curare il potere narrativo in un'immagine e al tempo stesso non deve sprecare energia per elementi che vanno al di fuori dell'inquadratura."
Dietro le quinte de Il Gladiatore e Les Misérables
Nel corso della Masterclass, il divo neozelandese ha anche raccontato alcuni retroscena di due film importanti per la sua carriera. Per quanto riguarda Il gladiatore, per spiegare ai giovani cineasti cosa vuol dire veramente la perseveranza e il controllo sul set, ha raccontato una scena in particolare del film dove Massimo torna a casa e trova la famiglia sterminata. Ecco, quella sequenza lì l'ha dovuta rifare più e più volte e nel momento in cui credeva che fosse perfetta, per Scott non andava bene. Sempre riguardo Il Gladiatore, ha raccontato anche un aneddoto su Joaquin Phoenix: "Un giorno Joaquin, durante le riprese, si guardava intorno, girava per il set, perplesso. Andando da Ridley Scott gli disse: 'Ma che faccio qui, che sto facendo?'. Ci volle mezza giornata per convincerlo a girare e fargli superare le sue insicurezze. E poi fu nominato agli Oscar." Les Misérables , dove Crowe ha incarnato il ruolo di Javert, è stato un progetto molto amato dall'attore che gli ha però regalato gioie e dolori, con un po' di insoddisfazione finale. "È sicuramente una delle esperienze più belle della mia vita, anche tenendo conto del cast con il quale ho lavorato. Devo dire, però, che fin dall'inizio non ho apprezzato appieno la caratterizzazione del mio personaggio: Javert è oscuro e non è semplice seminare i semi del suo suicidio finale. Ciononostante mi sono divertito molto sul set, cantavamo spesso. La più grande delusione c'è stata all'anteprima del film a New York: a metà pellicola me ne sono andato, purtroppo la post produzione ha rovinato il mio personaggio."