Rumours, la recensione: Cate Blanchett e una satira pasticciata e inconsistente

La recensione di Rumours: satira, farsa, goliardia che prende di mira i potenti della terra riuniti per un G7 apocalittico. Buono lo spunto, svolgimento decisamente discutibile. Tra i protagonisti Cate Blanchett e Rolando Ravello. A Cannes 77.

Il cervellone di Rumours

Proviamo a dare un'opinione il più possibile sensata, a qualcosa che, di sensato, avrebbe poco. E non perché il cinema debba essere parafrasi della realtà (ci mancherebbe!), ma perché quello diretto dai canadesi Guy Maddin, Evan Johnson e Galen Johnson (i tre hanno collaborato insieme molte volte) è un film gracilissimo, che si sfilaccia immediatamente dopo le ottime premesse, sfumando verso un no-sense che fatica ad avere una sua lucidità. O meglio, fatica ad averla nella totalità delle quasi due ore, che non reggono il peso lordo di una sceneggiatura che prosegue a tentativi.

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Cate Blanchett e Roy Dupuis

Del resto, l'idea di Rumours è di per sé allettante (o lo sarebbe), pronta a denigrare e de-umanizzare (come se ce ne fosse bisogno!) "i grandi della terra", spingendo la satira verso una folle discesa, che avanza ineluttabile verso l'esplosivo ma sperduto finale. I tre registi, abituati a palcoscenici festivalieri, hanno infatti presentato il film a Cannes 77 (fuori concorso), sfruttando un prestigioso trampolino spesso avvezzo ad operazioni, potremmo dire, che superano i limiti del farsesco.

Se Cate Blanchett diventa la cancelliera tedesca

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Rumours: Charles Dance durante il photocall della 77ª edizione del Festival di Cannes

Rumours si apre con un'inquadratura totale, che risuona sopra la colonna sonora tragicomica di Kristian Eidnes Andersen. Al centro, ecco salire sul palchetto, introdotti dai cartelli, i sette leader mondiali, riuniti in Germania per il G7, tra foto di rito, strette di mano e le tipiche dichiarazioni inconcludenti. Cate Blanchett, a metà tra Ursula von Der Leyen e Angela Merkel, è il cancelliere tedesco; Charles Dance è il presidente USA (lui, inglese doc, che non maschera l'accento british); Nikki Amuka-Bird è il primo ministro britannico; Denis Ménochet è il presidente francese; Roy Dupuis è il primo ministro canadese e, infine, Rolando Ravello è il primo ministro italiano (che gira con la bresaola in tasca, ma questa è una delle tante trovate bislacche degli autori).

Più avanti, nel delirio generale, incontriamo anche Alicia Vikander, come presidente della commissione europea. E la incontriamo nel bosco, dopo che i sette si ritrovano vittima di una specie di attacco da parte di un gruppo di uomini di fango (e non solo...), che spingeranno i capi di Stato verso una sopravvivenza assurda, pasticciona e disperata. Al centro del bosco, un enorme cervello che, secondo Guy Maddin, Evan Johnson e Galen Johnson, dovrebbe rappresentare il predominio dell'intelligenza artificiale. Vabbè!

Spirito goliardico, sceneggiatura inconcludente

Chiaro, lo scopo e la voglia spregiudicata dei registi di annichilire è frontale nella denigrazione dei potenti del mondo (libero), massacrati sotto una pioggia di battute e battutacce. Una continua umiliazione, una continua esagerazione che ammicca ad una realtà (il POTUS che si addormenta è l'esempio lampante...) stracolma di crisi ("c'è sempre una crisi", dice Cate Blanchett), e affidata ad un manipolo di imbarazzanti politicanti, incapaci di fare o dire la cosa giusta (come accade quotidianamente). Un gioco cinematografico che assecondiamo, e di cui apprezziamo l'iniziale spirito goliardico, casinista, naif.

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Cervelloni al G7

Lo stesso gioco che in Rumours è portato avanti dagli interpreti, più o meno a loro agio, in un set artificiale, in cui lo sfondo viene creato grazie al green screen. Tuttavia, il film di Guy Maddin, Evan Johnson e Galen Johnson, dopo un inizio spron battuto, sfocia presto nel verboso, esaurendo il nostro interesse e la forza divertita con cui aveva aperto le danze, o meglio il summit. La esaurisce, perdendosi in una sceneggiatura che non avanza, che si inceppa, che cerca di far ridere senza ritrovare la cognizione di partenza. Una sceneggiatura che andrebbe intesa come un divertissement da prendere alla leggerissima. Talmente alla leggera, che alla fine risulta inconsistente. Ah, dimenticavamo: Tra i produttori, strano ma vero, anche Ari Aster.

Conclusioni

Quasi due ore di farsa garantita, che partono da uno spunto interessante. Tuttavia, Rumours, diretto a sei mani, finisce per stancare nella sua circolare comicità, che punta alla satira e alla goliardia, provando a ridicolizzare i grandi della terra riunite per un G7 dalle svolte weird. Nel cast, provano a dire la loro, nomi come Cate Blanchet e Alicia Vikander, pur non riuscendo mai ad essere il centro dell'attenzione

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Lo spunto iniziale.
  • Alcune battute particolarmente riuscite...

Cosa non va

  • ... che però tendono a scemare.
  • La sceneggiatura non regge le quasi due ore.
  • L'improbabilità di una goliardia spesso verbosa.