L'ultimo film di Alfonso Cuarón è Roma, capolavoro in bianco e nero premiato a Venezia con il Leone D'oro. Il film - qui potete leggere la nostra recensione di Roma - uscito solo per pochi giorni al cinema rigorosamente in lingua originale, arriva finalmente su Netflix, che lo ha distribuito nel mondo e che punta ai prossimi premi Oscar con un titolo che fino ad ora è stato estremamente apprezzato dalla critica e dal pubblico.
La Colonia Roma è il quartiere alto-borghese di Città del Messico dove Alfonso Cuarón è cresciuto: il film non è altro che un ritratto estremamente intimo e personale dell'infanzia del regista, in cui il suo punto di vista si confonde con quello della domestica Cleo (Yalitza Aparicio), figura estremamente importante nel suo nucleo familiare. Il Messico dei primi anni '70 rappresentato in Roma è quindi estremamente filtrato, perché visto attraverso gli occhi di un bambino e di qualcuno, una domestica indigena, che si trovava ai margini della società del tempo. Gli spettatori vengono perciò messi davanti a situazioni e fatti storici che non verranno mai realmente spiegati: se per un messicano determinate realtà politiche e sociali sono parte di una storia collettiva ben radicata e conosciuta, per chiunque altro è forse necessario approfondire e contestualizzare quanto visto nel film di Cuarón.
Dalla benestante Colonia Roma alla periferia più povera
Nel film Cuarón rappresenta due classi sociali agli antipodi: i messicani ricchi, dai tratti somatici caucasici, e la popolazione più povera di origini indigene, rappresentata da Cleo e dal suo giro di conoscenze. Queste realtà diverse vengono portate sullo schermo attraverso due luoghi in particolare, il quartiere Roma, dove vive la famiglia protagonista del film, e la periferia più povera. Pur essendo il film per gran parte girato nei luoghi frequentati dalla famiglia, ricordiamoci che si parla dell'infanzia del regista che difficilmente avrà visitato i quartieri più poveri di Città del Messico da bambino, in un'occasione in particolare Cleo si allontana dalla colonia per parlare della sua gravidanza a Fermín.
Il giovane abita a città Nezahualcoyolt, un conglomerato urbano al di là dei confini di Città del Messico: "Neza", come lui la chiama, è una città recente (è un municipio che viene infatti creato nel 1963) che ha accolto persone degli strati sociali più poveri, rappresentati principalmente da immigrati di comunità indigene da ogni parte del paese. Ciò che ci viene mostrato della Neza dell'epoca è all'estremo opposto di quanto del Messico abbiamo visto fino a questo momento: non c'è una pianificazione urbana precisa e le case sono baracche costruite con materiali di recupero, non ci sono fognature e le strade non sono ancora pavimentate. E' in questa sequenza che ci è più evidente la disparità tra classi in Messico, che forse non era stata prima così chiara perché non avevamo ancora lasciato Cleo e la famiglia per cui lavora, il cui rapporto estremamente stretto non aveva lasciato trasparire in maniera cosi palese le differenze sociali tra loro.
Le lingue indigene in Messico
Questa discrepanza tra classi sociali è resa evidente anche dalle differenze linguistiche: ci accorgiamo subito infatti che Cleo ed Adela (l'altra domestica che lavora con lei) parlano una lingua diversa dallo spagnolo, il mixteco. La lingua mixteca viene parlata in un'area che comprende gli stati di Puebla, Guerrero e Oaxaca, verosimilmente quindi le due donne sono originarie di una di queste zone. In Messico le lingue indigene tutt'ora parlate sono quasi settanta, senza contare i rispettivi numerosissimi dialetti, e in molte comunità del Messico sono di gran lunga più importanti che lo spagnolo.
Cleo durante il film parla nella sua lingua d'origine solo con Adela e ogni tanto con i bambini, per lo più cantandogli canzoncine e filastrocche, cosa che evidenzia lo stretto rapporto che ha con loro, a cui è come se mostrasse una parte di se e del suo passato che tiene quasi sempre nascosta. Alla fine di Roma la situazione è in qualche modo cambiata: sentiamo Cleo invitare la famiglia a visitare la sua comunità d'origine, forse chiarendo così che dopo quanto accaduto durante i giorni passati insieme al mare il rapporto tra loro sia diventato ancora più intimo e stretto.
Scontro tra ricchi e poveri: l'incendio di Capodanno
Parlando ancora di differenze tra classi sociali non possiamo che ricordare l'episodio della notte di Capodanno, che pare Cuarón abbia realmente vissuto e poi rappresentato con estrema fedeltà. I momenti di festa sono due: quello dei ricchi, che festeggiano ai piani superiori della villa di campagna e quello dei domestici, della gente comune, che ci viene mostrato da Cleo che, scendendo le scale, ci porta nell'area della casa abitata dai lavoratori. Allo scoppio dell'incendio vediamo anche due reazioni diverse al problema: la gente di servizio torna al lavoro, tentando di arginare i danni, i ricchi prendono invece quello che sta accadendo come se fosse un gioco e si divertono per la nuova esperienza. Chi ha fatto scoppiare l'incendio nel bosco? Non ci viene mai detto apertamente, ma dai discorsi degli ospiti e dei domestici della villa capiamo che i rapporti tra i proprietari dell'hacienda (termine che indica una fattoria di grandi dimensioni) e gli abitanti delle comunità vicine sono estremamente tesi. Viene fatto intendere che i ricchi proprietari terrieri abbiano espropriato terreni (forse illegalmente) ai contadini della zona, e che per questo ci siano stati scontri violenti tra loro.
Le rivolte studentesche e il cosiddetto Holconazo
Tra i momenti più drammatici del film c'è sicuramente quello della manifestazione studentesca conclusasi in massacro: Cleo si reca nel centro di Città del Messico per acquistare una culla per il bambino che sta per nascere e viene sorpresa dallo scoppio di uno scontro violento tra studenti universitari ed un gruppo armato. Quella che viene rappresentata nel film non è la prima manifestazione studentesca a Città del Messico ad essersi conclusa in tragedia: al 1969 risale il Massacro di Piazza Tlatelolco, in cui persero la vita centinaia di persone (il numero reale non è mai stato mai realmente confermato) per mano dell'esercito messicano. In Roma quello a cui invece assistiamo è il cosiddetto Holconazo, una strage avvenuta il 9 di giugno del 1971 scatenata da un gruppo armato paramilitare conosciuto come Los Holcones (che può essere tradotto come i Falchi).
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Il gruppo, guidato da una figura di spicco del governo federale, era probabilmente stato addestrato da membri dell'esercito messicano con la finalità di reprimere qualsiasi manifestazione in opposizione al governo. Nel film di Cuarón vediamo come Fermín e molti altri abitanti di città Nezahualcoyotl vengano addestrati nelle arti marziali da membri dell'esercito: i ragazzi che vediamo allenarsi nel campo sportivo sono proprio quelli che qualche settimana dopo parteciperanno all'Holconazo, attaccando i manifestanti prima con bastoni e poi con armi da fuoco.
Il regista ha ricostruito quanto accaduto nei minimi dettagli: per ricreare l'atmosfera tragica e angosciante di quel giorno si è basato anche sulle testimonianze di chi, per sfuggire al massacro, si rifugiò nel negozio di mobili, che esiste ancora ma è stato trasformato in una scuola. Cuarón crea con l'Holconazo un parallelo tra la propria esperienza personale e quella collettiva del suo paese: il 1971 è infatti l'anno che per lui è segnato dall'abbandono di suo padre ma anche da una tragedia di enormi proporzioni per il resto del Messico.
Città del Messico e i terremoti
Quello messicano è un territorio estremamente sismico, trovandosi vicino ai margini di diverse placche tettoniche, e i terremoti a Città del Messico e nel resto del paese sono all'ordine del giorno. In un momento particolare del film, quando Cleo si trova in ospedale per la prima visita dopo aver scoperto di essere rimasta incinta, assistiamo ad un forte terremoto che scuote l'intero edificio: allo scoppio del sisma, mentre la donna si trova nell'unità neonatale, un pezzo di intonaco si stacca ed il bambino colpito si salva solo perché protetto dalla sua culla.
Seppur nel film questo sia un episodio senza conseguenze per la trama è molto probabile che Cuaròn volesse far riferimento a quanto accade durante un terremoto ben più devastante per Città del Messico, quello di magnitudo 8.1 del 19 di settembre del 1985. Il terremoto dell'85 fu tra tutti quello che ebbe conseguenze più gravi sulla città, che venne parzialmente distrutta ed largamente danneggiata, si stima inoltre che i morti furono addirittura decine di migliaia: in mancanza di organizzazioni specializzate nel soccorso delle vittime in situazioni cosi catastrofiche, furono i civili ad organizzarsi autonomamente in brigate di salvataggio e a cercare i dispersi. Uno degli episodi che più viene ricordato di questa tragedia, e che è probabile sia stato apertamente citato da Cuarón nel suo film, è quello dei bebes milagros (i neonati miracolo): l'ospedale Juarez di Città de Messico venne quasi interamente distrutto dal sisma, si calcola che vi morirono circa 1000 persone, ma ben sette giorni dopo il terremoto vennero ritrovati quattordici neonati, sopravvissuti miracolosamente sotto le macerie. Il salvataggio dei bambini portò speranza a tutti coloro che erano ancora impegnati nelle operazioni di recupero e si intensificarono perciò gli sforzi e le ricerche.
Libo: la vera Cleo di Cuaròn
Non possiamo che concludere parlando di Cleo: da una parte della giovane attrice che la interpreta, Yalitza Aparicio, dall'altra della vera tata che si occupò di Cuarón da bambino, Liboria "Libo" Rodriguez, a cui il personaggio è ispirato. L'esordiente Yalitza è una ventiquattrenne originaria della cittadina di Tlaxiaco, nello stato di Oaxaca, e prima di essere scelta per il ruolo di Cleo studiava per diventare maestra di scuola: la partecipazione al casting per Roma è stata per lei del tutto casuale ma per la grandissima somiglianza con la sua Libo, Cuarón le ha affidato subito la parte.
Libo Rodriguez, che è originaria di Oaxaca come Yalitza, ha avuto un ruolo fondamentale nella crescita di Cuarón, tale che il regista decide di rappresentare la sua infanzia proprio attraverso gli occhi di lei. Roma non è il primo film del regista a fare omaggio ad una donna per lui così importante: in Y tu mamá también (2001), durante il viaggio in macchina verso la spiaggia i protagonisti passano davanti ad un pueblo chiamato Tepelmeme (che è proprio da dove proviene Libo Rodriguez) e il personaggio interpretato da Diego Luna si rende conto di non aver mai visitato il villaggio natale della sua tata Leodegaria (il nome per esteso della Cleo di Roma è Cleodegaria ), che si è presa cura di lui da quando aveva quattro anni.