"Ci sono maestri e modelli grandissimi del cinema ai quali ho rubato quello che potevo, ma soprattutto ho rubato anche ad altre grammatiche e ad altri generi come il fumetto o la musica. Naturalmente non mi paragono neanche ai maestri, mi basterebbe essere riuscito a raccontare la mia storia con una certa diabolica magia". In questo modo Carlo Lucarelli affronta la sua prima esperienza cinematografica con L'isola dell'angelo caduto, presentato al Festival di Roma nella sezione Prospettive Italia. Nelle vesti di sceneggiatore ha adattato Almost Blue, L'ispettore Coliandro e Il commissario De Luca, ma adesso lo scrittore abbandona momentaneamente la penna ed utilizza la macchina da presa per trasferire sul grande schermo il suo gusto noir. Il film, ambientato nel gennaio del 1925 dopo la scomparsa di Matteotti, segue i passi di un commissario di polizia trasferito sull'isola dell'angelo caduto, dove vengono rinchiusi delinquenti e prigionieri politici. Qui, chiamato a dirigere il commissariato, comincerà ad indagare su delle morti sospette che, pur se fatte passare come suicidi, nascondono un complotto e una verità ben più misteriosa. A portare avanti questa indagine è Giampaolo Morelli che, conGaetano Bruno, Rolando Ravello, Sara Sartini e Giuseppe Cederna compongono il cast del film.
Per realizzare L'isola dell'angelo caduto lei ha rinunciato ad una ambientazione realistica in vantaggio di una narrazione costantemente sopra le righe, come se volesse esprimere un'enorme metafora. Da cosa nasce questa scelta di stile? Carlo Lucarelli: Questa caratteristica appartiene anche al romanzo ed è il motivo che mi ha spinto verso un'avventura che altrimenti non avrei accettato. Il libro ha una natura visionaria tanto che, mentre lo scrivevo, mi venivano in mente delle immagini pittoriche, quasi fumettistiche. Lo stesso è accaduto con il film, perciò si ha l'impressione che tutto sia irreale, quasi una realtà sognata. Però, andando oltre le figure retoriche, volevo soprattutto raccontare un momento specifico in cui l'uomo si trova ad affrontare delle scelte seriamente compromettenti. Per questo motivo ho ambientato la vicenda nel 1925 all'indomani dell'uccisione Matteotti, in cui il paese avrebbe dovuto scegliere di affidarsi alla giustizia istituzionale o di lasciare intatte le cose, come poi è stato fatto. Il protagonista si trova a vivere lo stesso dilemma in relazione alla vita dell'isola, divenuta un microcosmo in cui lo scorrere del tempo e delle stagioni sembra procedere con un andamento personale.
Parlando di personaggi, ognuno di loro sembra rappresentare o avere a che fare con una forma diversa di violenza. Come ha gestito questa simbologia? Carlo Lucarelli: Il diavolo è l'elemento conduttore della vicenda che si adatta alla natura di ogni personaggio. In questo modo tutti trovano una personale espressione di male. L'inglese e sua moglie credono di poterlo gestire e giocarci, i camerati fascisti lo esprimono nel modo più animalesco, mentre la natura dà sfogo alla forza pantica. Nel mezzo, però, c'è il commissario che rappresenta l'uomo normale messo di fronte ad un bivio tra il suo interesse e quello comune.Quali sono le caratteristiche di questo personaggio, destinato a normalizzare eventi eccezionali? Gianpaolo Morelli: Lui si muove in questo mondo sopra le righe, cercando di darsi delle spiegazioni. E' un' uomo d'altri tempi costretto a fare una scelta, ossia indagare o lasciar andare gli eventi pensando solo al suo interesse personale. Alla fine agisce secondo coscienza, credendo profondamente nel valore dello stato. Ce ne fossero di uomini cosi.
Come ha gestito il passaggio dalla scrittura al grande schermo? Carlo Lucarelli: E' stata una avventura incredibile che consiglio a tutti, non fosse altro per conoscere altri linguaggi come il montaggio. Inoltre sono stato anche fortunato perché mi ha assistito un gruppo pieno di entusiasmo. Avevo in mente molte suggestioni e immagini nate da cose che avevo letto e visto. Una di queste era il film Shutter Island di Martin Scorsese. Come la sua, anche la mia isola non esiste ma è stata ricreata completamente con gli effetti speciali. Certo, io non sono Scorsese, ma ogni cosa è fedele al mio immaginario.Riassumere l'ampiezza di un romanzo in novanta minuti quali difficoltà comporta? Non si rischia di cadere in ripetizioni inutili? Carlo Lucarelli: Può succedere. Comunque, come romanziere sono abituato a rinunciare ad una parte che non considero produttiva in quel momento, per metterla da parte e, in caso, utilizzarla per un'altra storia. Per quanto riguarda questo film, poi, sono stato aiutato anche dall'intervento di altri. La sceneggiatura non è mai stata blindata, anzi mi sono sempre confrontato con i miei collaboratori e con gli attori stessi. L'importante è rimanere sufficientemente aperti a diverse possibilità.