Recensione Una settimana da Dio (2003)

Torna Jim Carrey, la faccia di gomma più famosa di Hollywood, in una commedia allegra e spensierata.

Risate al settimo cielo

"Non chiedere miracoli, sii tu il tuo miracolo", con questa frase Dio liquida il giornalista Bruce Nolan quando tutto sembra andare a rotoli nonostante i poteri smisurati. Jim Carrey si ritrova così a tornare un umano, una persona normale, e lascia il compito di tutto a chi davvero ne è il padrone.

Il film è ricco di spunti interessanti, di trovate a volte già viste ma allo stesso tempo molto carine e puntuali. La parte del leone la fa sempre Carrey, che tiene sulle spalle tutto il film, soprattutto considerando la "piccola" parte di Morgan Freeman, e la quasi insignificante apparizione di Jennifer Aniston; la signora Pitt è infatti l'unica nota leggermente stonata del film, con la sua espressione perennemente desolata, anche nel momento delle sue nozze. I personaggi sono forse poco approfonditi, ma poco importa perchè la sceneggiatura si basa sulle trovate comiche e sulle battute esilaranti dovute a questo "novello Dio" poco divino e molto umano, che fa di tutto per esaudire i propri desideri tralasciando le necessità del mondo intero.

Questi stessi poteri lo porteranno a mettere in crisi il suo rapporto con l'amore della sua vita, ma ci penserà l'inevitabile lieto fine a riportare le cose nell'ottica giusta. Un po' di retorica da parte del signor Freeman (che ci rammenta continuamente che non si può intervenire sul libero arbitrio) ci sta sempre bene, anche se a sentirlo parlare, più che Dio sembra un predicatore e arriva perfino a ricordare, per certi aspetti, il presidente degli Stati Uniti da lui impersonato in Deep Impact.

In conclusione un film riuscito e divertente, che nelle quasi due ore della sua proiezione riesce a non annoiare mai lo spettatore e a strappargli delle sane risate.