Tra le opere che incuriosivano ad Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma 2023, c'era sicuramente Resvrgis, che fin dal titolo si presentava come un qualcosa di diverso nel panorama italiano. Dietro la macchina da presa Francesco Carnesecchi, alla sua opera seconda dopo La Partita del 2020. Dal calcio alla caccia, dato che il gruppo di giovani ragazzi protagonisti decide di fare una battuta di caccia sui Monti Simbruini, nell'entroterra laziale. Come spiegheremo nella recensione di Resvrgis, prossimamente al cinema, presto la battuta di caccia diventa una lotta per la sopravvivenza contro una presenza misteriosa e pericolosa che popola la foresta... ma forse la lotta era iniziata molto prima senza che i protagonisti lo sapessero.
Battuta di caccia... o di sopravvivenza?
Dopo Skam Italia, Ludovica Martino interpreta ancora una volta una ragazza con un passato oscuro da svelare. In questo caso Sara, reduce da un trauma che dopo due anni la fa ancora sussultare e svegliare nel cuore della notte. Nonostante le difficoltà, accetta di rivedere dei vecchi amici - a cui prestano volto e corpo vari interpreti emergenti del nostro cinema, Beatrice Fiorentini, Blu Yoshimi (Il sol dell'avvenire, Piuma, Likemeback), Beatrice Modica (Per lanciarsi dalle stelle), Daniele Mariani (Io sono Mia, Il legionario) e Thomas Santu (Io, Leonardo). È chiaro che ci sono vecchi dissapori sopiti e mai risolti e questi influiranno sull'atmosfera pesante della battuta di caccia, che presto si trasformerà in qualcos'altro perché arriverà un nemico esterno, un essere che popola la foresta che custodisce i segreti dell'universo. Si innesca quindi un gioco (potenzialmente mortale) in cui si ribaltano continuamente i ruoli di predatori e prede, tanto tra i boschi quanto nella vita reale: ciò di cui Sara viene accusata è anche ciò che l'ha fatta sopravvivere finora.
Diserzione
Parallelamente il gruppo trova una caverna abbandonata con degli elementi che fanno capire che qualcuno ci ha vissuto durante la guerra. E un diario da cui si evince che era un disertore. Non solo Sara si sente immediatamente affine a quell'uomo (o forse ragazzo) di cui può percepire solamente i pensieri attraverso le parole scritte sul memoriale (non c'è nemmeno una foto), ma si innesca un parallelismo molto interessante sul concetto di tradimento e diserzione. Verso la patria come verso i propri amici. E allora chi merita di vivere e chi di morire?
L'intera pellicola sembra essere un'allegoria del trauma della crescita, o più in generale del tentativo di superamento di un trauma, nella vita che è come una vasca di squali o - come in questo caso - una battuta di caccia in cui può prevalere soltanto il più forte. O forse il più furbo. O forse la persona dal cuore più puro. Molto viene lasciato all'interpretazione del pubblico ma allo stesso tempo si sceglie di dare un aspetto semi-bestiale (che non può non ricordate Predator e il più recente Prey) alla presenza nella foresta. Sarà compito del pubblico scegliere a chi associare la creatura e che significato dare al titolo, che sembra dirci che non è mai troppo tardi per ricominciare.
Un buon horror, che poteva osare di più
L'atmosfera costantemente rarefatta, la nebbia che avvolge ogni cosa tra gli alberi, i primi piani e le scene sanguinolente, sono tutti espedienti figli del genere che Francesco Carnesecchi sembra aver immagazzinato e assimilato per poi sputarli fuori a modo proprio. Tanti gli omaggi al cinema di genere internazionale, soprattutto statunitense - con anche qualche influenza dal nostro A Classic Horror Story - per consegnarci un buon prodotto, confezionato da un lato un po' troppo a tavolino, dall'altro in modo un po' troppo acerbo ma che nel complesso funziona e propone qualcosa di indubbiamente interessante. Soprattutto apprezziamo il coraggio di Resvrgis di voler sperimentare e osare (anche se non troppo in questo caso) con il genere in Italia, non sarà mai abbastanza quanto lo si faccia e continui a fare.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Resvrgis confermando come si tratti una convincente opera seconda forse ancora un po’ acerba e un po’ troppo derivativa, che avrebbe potuto sperimentare di più e invece sceglie di rimanere nei canoni “protettivi” dell’horror. Allo stesso tempo però abbraccia completamente il genere (e di questo non possiamo che essere felici in Italia) provando a farne metafora della crescita (e della rinascita) in cui si è come in mezzo ad un branco di lupi.
Perché ci piace
- La regia di Francesco Carnesecchi omaggia il genere.
- La fotografia e l’atmosfera costantemente avvolta nella nebbia.
- I possibili significati della caccia e di ciò che accade ai protagonisti.
- Ludovica Martino convince e guida un buon cast…
Cosa non va
- …anche se a volte acerbo.
- I significati sono forse un po’ troppo nelle mani del pubblico.
- Carnesecchi avrebbe potuto osare di più, ma ne apprezziamo la scelta di stile.