Respiri, presenze, ricordi, tormenti. Un quarantenne ricco e affascinante si ritira nella sontuosa villa di famiglia, sul lago d'Iseo, assieme alla figlioletta, in seguito a una misteriosa tragedia familiare. Ma non riesce a lasciarsi alle spalle il dolore e l'impotenza, le voci e le colpe della vita di prima, nemmeno quando una donna che lo ama da anni cerca gli si avvicina nella speranza di fargli voltare pagina. Nel frattempo nella casa, nei giardini e nel bosco attiguo si addensa una mortifera minaccia.
Finanziato in modo completamente indipendente anche grazie a sponsor del tutto estranei al mondo del cinema, Respiri è un film che risente inevitabilmente ma con grande dignità dei limiti di un budget spartano e di tempi di realizzazione serrati; la pellicola arriva nelle sale dopo due anni e mezzo dalla fine delle riprese grazie a Europictures, con i realizzatori, il regista esordiente Alfredo Fiorillo e la produttrice co-sceneggiatrice Angela Prudenzi, che meritano un plauso anche solo per la loro tenacia.
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Prigioniero del dolore
Uno degli elementi più delicati e cruciali del film di Fiorillo è il ruolo del protagonista: accanto al Francesco di Alessio Boni è cosruito un enigma che si scioglie completamente solo nelle battute finali del film, ma che l'attore - tra l'altro nato proprio a Sarnico, sul lago d'Iseo - ha il compito di sostenere più di una svolta oscura, affrontando un personaggio dai comportamenti imprevedibili e polarizzati. Così Boni passa, non con naturalezza ma con strappi inquietanti, dalla malinconia alla tristezza, e da una passione ardente a una rabbia feroce.
La condizione migliore per apprezzare il film è sapere il meno possibile dello sviluppo della trama, cosa che limita all'osso anche le nostre possibilità di sviscerare il personaggio di Francesco.
Per cui faremo poco più che ribadire grosso modo quanto affermato dai realizzatori: Respiri è un film sulla persistenza del dolore, un dolore insormontabile che finisce per deformare la realtà in cui ci muoviamo al fianco del protagonista.
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Il labirinto del film di genere
Questo tema viene esplorato da Fiorillo attraverso un cinema che guarda con ammirazione un forte debito di idee alla filmografia di Lucio Fulci e Mario Bava, ai loro ritmi narrativi e alla loro gestione degli ambienti, ma anche degli interpreti. Non mancano anche richiami al thriller horror internazionale più o meno recente, a cui non facciamo riferimenti scoperti sempre per aggirare il rischio spoiler.
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Oltre a fare il miglior uso possibile del carisma di Boni, Fiorillo è bravo a trasformare la suggestiva scenografia (ma le ville sono due, una per gli esterni e una per gli interni) di un edificio in stile liberty sontuoso e oppressivo, in una prigione mentale in cui si muovono orrori e intuizioni semplici eppure decisamente efficaci nella loro impronta cinematografica.
Movieplayer.it
3.0/5