Il krokodil è una forma di droga pericolosissima che negli ultimi tempi ha preso piede in Russia e che ha effetti devastanti sul corpo umano: le possibilità di vita per chi ne fa un uso continuativo sono di due, tre anni, mentre le conseguenze più immediate - e che suggeriscono il parallelismo con gli alligatori - sono quelle di rendere la pelle squamosa. È a partire dall'ipotesi di una dipendenza da questa droga letale che Domiziano Cristopharo ha costruito il suo nuovo lavoro, Red Krokodil, una sorta di incubo dilatato di un uomo preda dell'oblio e del feroce decadimento fisico. Alla Casa del Cinema a Roma, in occasione della presentazione del film - che uscirà per Distribuzione Indipendente il prossimo 23 gennaio - abbiamo incontrato Cristopharo, figura senz'altro da tenere in considerazione nell'ambito del nostro cinema "underground". Erano presenti anche il distributore Giovanni Costantino, e il medico Massimo Barra, uno dei massimi esperti nel campo della cura della tossicodipendenza.
Che diffusione ha il krokodil in Italia? Massimo Barra: Per ora pari a zero. I tossicodipendenti con cui ho parlato mi hanno detto che ne hanno paura, perché questo concetto che ti riduce la pelle a delle piaghe è molto temuto. Quindi in pochissimi si sono arrischiati a provarla. Il problema in Italia, relativamente all'uso delle droghe, sarà a breve quello del ritorno dell'eroina.
Dopo il successo di Spaghetti Story, che resiste in sala a sei settimane dalla sua uscita, come Distribuzione Indipendente come vi state muovendo con la promozione di Red Krokodil? Giovanni Costantini: Beh, ovviamente Spaghetti Story ci sta dando un grande slancio e siamo entusiasti e felici per questo successo. Con Red Krokodil per ora possiamo dire che tra circuito off - cineclub, ecc. - e sale tradizionali dovremmo arrivare tra i 40 e i 50 schermi.Come nasce il titolo del film ed è vero che Red Krokodil è la prima parte di una trilogia? Domiziano Cristopharo: Il film doveva essere inizialmente in bianco e nero. Poi ci siamo innamorati dell'idea di enfatizzare ancor di più l'assenza di colore e quindi l'abbiamo fatto a colori, desaturando l'immagine. Dico questo perché in bianco e nero il pupazzetto che il protagonista tiene sempre con sé, un coccodrillino verde, in bianco e nero avrebbe avuto - visto che il rosso e il verde sono colori complementari - una tonalità accesa, quasi rossa per l'appunto. Quindi il titolo nasce da qui. Poi, ovviamente, al rosso è abbinato anche il tema della Russia, in cui è ambientato il film. Insomma, in fin dei conti, si è trattato di un piccolo giochino per evitare di dare come titolo semplicemente Krokodil, visto che all'epoca in cui ho girato, e cioè un anno e mezzo fa, c'era un altro film che si intitolava così, Krokodyle di Stefano Bessoni. Venendo invece alla trilogia: sì, è vero, questo è il primo capitolo, dedicato al Purgatorio. Il prossimo, Doll Syndrome, sarà sull'Inferno, partendo dall'idea, come dice Sartre, che l'inferno sono gli altri. È stato un film molto impegnativo da girare, questo, altrimenti in effetti non sarebbe stato l'inferno. Però, ecco, tornando a Red Krokodil, è vero come mi ha detto qualcuno che questo film chiude una fase barocca del mio lavoro, tutta una fase in cui c'era una ricerca visiva elaborata, in cui cercavo un grande cast. Qui ho cercato di fare tutto in modo più essenziale.
Cosa ti ha spinto a cambiare registro rispetto al passato?L'idea che semplicemente per raccontare una storia del genere non servivano gli orpelli. Qui abbiamo un tema che da solo è il personaggio stesso del film. Red Krokodil è in effetti una metafora della dipendenza dal krokodil. Gli effetti sono più devastanti di quel che avete visto. Si arriva all'amputazione di arti. Questa è una droga che dà una dipendenza dieci volte maggiore rispetto alle altre. Ha un effetto più breve e quindi si sente il bisogno di inocularsela con maggior frequenza, si prepara in casa, quindi come dire è a costo zero ed è semplice da fare. Certo, questo è un film molto pessimista, ma che lancia secondo me un messaggio positivo, l'idea che comunque siamo noi a decidere cosa fare della nostra vita e siamo solo noi che possiamo decidere se ribellarci o meno a quel che siamo diventati. È molto importante, anzi fondamentale, il ruolo del protagonista, Brock Madson, che è stato dipendente dalla desomorfina per cinque anni, poi ha smesso e si è affermato come modello e ora fa anche il life-coach. Lui ha dato realismo e immedesimazione al film, ma la sua figura è anche cruciale perché dimostra come ci si possa liberare dalla droga. È stato grande, ha dato tutto se stesso, ha deciso di mostrarsi senza denti - perché i due denti che gli mancano non ce li ha più davvero, non è un effetto speciale. Insomma, ha messo in scena il suo passato di distruzione. Pur essendo normalmente classificato come regista di horror, io di solito voglio che ci si diverta sui miei set. Stavolta, purtroppo, non è stato così perché c'era il peso dell'esperienza biografica di Madson. Ci siamo chiusi dieci giorni in casa, eravamo solo noi due - quindi ho fatto tutto io sul set, operatore, fotografia, ecc. Avevamo due settimane di tempo per farlo, ma siamo stati talmente bravi che ci abbiamo messo solo dieci giorni. Insomma, è stata dura per me e per lui, perché lui tornava ad essere quello che era stato e io lo vedevo davanti ai miei occhi.
Come mai hai comunque girato il film in inglese, nonostante l'ambientazione sia la Russia? E come hai conosciuto Brock Madson?
Il fatto è che girandolo in russo non avrei avuto nessuna speranza di distribuzione. Già così è stata dura e se Red Krokodil si può vedere in Italia è solo grazie alla lungimiranza di Distribuzione Indipendente. I festival ufficiali non l'hanno voluto, pensano che sia troppo per il pubblico italiano. Alla Semain du cinéma fantastique di Nizza invece ad esempio l'hanno selezionato. Qui in Italia c'è parecchio ostracismo verso quei film che sono meno facili, meno "digeribili". È assurdo che il distributore italiano normalmente dia dell'ignorante al pubblico, pensando di potergli propinare solo Moccia o Muccino. Queste persone pensano che il pubblico sia ignorante come loro. Invece il pubblico deve poter avere la scelta. Quindi, in russo non si poteva fare. Perciò il film è una co-produzione Italia-Stati Uniti e infatti le parti in esterno sono stati girate in America. Lui, Brock Madson, l'ho incontrato proprio nelle vesti di modello, visto che lavoro per un'agenzia come fotografo. Ho pensato che lui fosse adatto per questo film e lui mi ha risposto che era stato il destino a farci incontrare e così mi ha raccontato dei suoi problemi di droga.
Come è nata la sceneggiatura del film?
Viene da un racconto inedito di un giovane scrittore molto bravo che si chiama Francesco Scardone e che ha scritto anche la sceneggiatura. In passato mi aveva mandato delle sue cose da leggere che avevo trovato molto belle. Perciò gli ho chiesto di sviluppare qualcosa sul tema del krokodil e anche con lui ci siamo trovati per un segno del destino. Perché lui stava già lavorando su questo tema. Comunque, la sceneggiatura era un canovaccio. Poi con Madson abbiamo inserito una serie di elementi che solo lui poteva sapere. I dettagli, le sfumature che danno credibilità alla storia. Ad esempio il fatto di dormire con la siringa accanto al letto. È una cosa a cui io non avrei mai pensato. Ma, si sa, la realtà è più assurda della fantasia, del cinema. Infatti i tossici tengono la fiala a portata di mano perché così, appena si svegliano, si fanno di nuovo. Oppure il fatto di stare per ore sotto la doccia, indispensabile per chi è a un forte livello di dipendenza, perché così riesce a riassorbire liquidi.
No, non era scritta così. Considerate che un tossico ha un ego molto sviluppato, si piace tantissimo. Sono delle persona estremamente autoreferenziali. Perciò abbiamo messo che lui si guarda allo specchio e si vede come era una volta. Per questo motivo abbiamo messo anche la scena della masturbazione e quella in cui lui, a letto, fa sesso con se stesso. Lì, mentre si volta verso la parete, abbiamo pensato a questa cosa che lui immagina ci sia uno specchio. In modo tale che, simbolicamente, abbiamo provato a rendere l'idea dello sdoppiamento.
Nel film vi sono diverse citazioni pittoriche, anche cristologiche. Come hai lavorato su questo aspetto?
Sì, c'è un icona di San Nicola, che il protagonista ha in casa. Quella abbiamo deciso di metterla, perché anch'essa funziona a livello simbolico, nel senso che San Nicola ha la caratteristica di essere un santo il cui corpo, per tradizione religiosa, non si decompone. Al contrario, ovviamente del protagonista, che invece è preda di un terribile decadimento fisico. Le citazioni cristologiche invece le abbiamo aggiunte dopo la sceneggiatura, una decisione che ha avuto a che fare anche con la narrazione. Infatti, Brock Madson, dopo essersi drogato per anni, un bel giorno ha deciso di smettere e di buttare tutta la sua roba. Al cinema non puoi fare una scena del genere, non rende bene. Per questo abbiamo deciso di fare che lui ha delle allucinazioni cristologiche, delle visioni mistiche. Sogna le stigmate, ecc. Questo passaggio ci ha permesso di costruire poi la sua reazione. Decide cioè di farla finita e di uscire all'aperto, ma lo aspetterà una amara sorpresa.. .Questo tema cristologico ha aperto perciò il campo a tutta una serie di citazioni pittoriche, a partire dal famoso Cristo di Mantegna, tanto amato da Pasolini e che dunque ho citato anch'io. Devo dire che Pasolini - in particolare Teorema - è stato un mio pensiero fisso per questo film. Per una certa atmosfera rarefatta, per un certo approccio visivo. Non voglio dire che mi sono ispirato a lui, ma che ci ho pensato spesso mentre lavoravo a questo film. Poi, un'altra citazione che ho messo è quella dell'Incubo di Johann Heinrich Füssli. Quello è un dipinto che segna il passaggio tra la fine del realismo e l'inizio di una rappresentazione fortemente psicologica. E poi, visto che nell'inglese antico nightmare vuole dire anche giumenta, Füssli ha messo anche una giumenta nel suo quadro. Perciò è un'allegoria, l'allegoria di un sogno/incubo, che porta in sé anche una dimensione didattica, e che è un po' quello che ho cercato di fare con Red Krokodil.
Devo dire di no. Pensate, ha avuto un divieto solo ai minori di 14 anni. P.O.E. - Poetry of Eerie invece, incredibilmente era stato vietato ai minori di 18 anni. Quando ho portato il film al ministero, mi hanno subito chiesto: che tipo di film è? C'è il nudo? C'è la droga? La mia risposta è stata: guardate, per tutto il film c'è un uomo nudo che si droga, quindi fate un po' voi. E invece devono averlo trovato didattico, cosa che appunto era anche nelle mie intenzioni. Il prossimo mio film, invece, Doll Syndrome, che sarà pronto a fine febbraio, è estremamente crudo e chissà cosa succederà stavolta con la censura. Al di là dei problemi censori, devo dire che solo in Italia comunque succedono queste cose, parlo cioè della difficoltà di far vedere i miei film, ma anche quelli di altri miei colleghi, come ad esempio Ivan Zuccon. Io ho girato un solo film in italiano, The Museum of Wonders, con Maria Grazia Cucinotta, Francesco Venditti, Maria Rosaria Omaggio, Giampiero Ingrassia, ecc. Pensavo che un film con un cast così sarebbe uscito in Italia e invece niente. In America è comunque uscito, ma sottotitolato in inglese e quindi ha fatto più fatica. Per questo, da quel momento, ho deciso comunque di girare i miei film in inglese, perché comunque - visto che in Italia non se ne parla - all'estero hanno più possibilità distributive. Un mio amico critico ieri mi ha detto: cerca di fare qualcosa di meno estremo. Ma non è che questa sia la mia urgenza. È solo che, visto che faccio cinema senza soldi, faccio cinema senza pensare che uscirà in sala, allora lo faccio come voglio. I soldi sono miei - per Red Krokodil io ho speso 500 euro e Brock Madson ci ha messo gli altri 500 - il tempo è mio, perciò...Certo, se mi chiamasse qualcuno chiedendomi di fare un cinepanettone, lo farei e deciderei di stare alle regole. Ma, così, in questa dimensione, non voglio e non devo fare un cinema meno estremo.