Voi, i nostri fedeli lettori, sarete senz'altro giunti qui pensando di leggere una recensione di Red Joan che parli di un film che vede Judi Dench come prestigiosa protagonista. Inevitabilmente Dame Dench, il suo volto inconfondibile, il suo sguardo affilato e l'espressione illeggibile, è illuminata da un fascio di luce scarlatta e presentata come il cuore dell'opera: il problema è che ciò è fuorviante. Il personaggio affidato alla veterana del teatro e del cinema britannico, Joan Stanley, è sì l'eroina del film, ma per quasi tutto il minutaggio è interpretato da un'altra attrice.
Questo sdoppiamento di Red Joan, ovvero Joan "la Rossa", dipende dallo sviluppo del racconto su due linee temporali, allorché l'anziana donna che si gode la pensione nel suo villino nei sobborghi viene improvvisamente arrestata e accusata di spionaggio. Quando ha inizio l'estenuante interrogatorio che ha l'intento di appurare la natura e la portata delle sue presunte comunicazioni con i servizi segreti russi negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, la donna, che ha passato gli ottanta, rivive nel ricordo gli anni più importanti della sua vita, e assume, nel passato, le fattezze della giovane e talentuosa Sophie Cookson.
Peccati di gioventù
Il film di Trevor Nunn è tratto dal romanzo La ragazza del KGB di Jennie Rooney, libro a sua volta ispirato a una storia vera: quella di Melita Norwood, spia al servizio dell'agenzia scoperta dalle autorità britanniche solo nel 1999 a cui, data l'età avanzata, fu risparmiato un processo nonostante l'evidente colpevolezza. Nella versione romanzata prodotta dal tandem Rooney-Nunn, con Lindsay Shapero alla sceneggiatura, seguiamo la giovanissima Joan che muove i primi passi come promettente studentessa di fisica a Cambridge. Poi l'incontro fatale, quello con la misteriosa e affascinante Sonya e il suo irresistibile cugino Leo: sono ebrei comunisti sfuggiti alla Russia dei pogrom, e in seguito alla Germania nazista dove si erano inizialmente rifugiati.
La trama di Red Joan si complica quando Joan, finiti gli studi, viene reclutata per un progetto segretissimo guidato dal carismatico professor Max Davies. Nel frattempo, infuria il secondo conflitto mondiale, e Joan si trova a riflettere su questioni imponderabili, come i rapporti di potere tra stati e su come bilanciarli in qualche modo potrebbe portare a un migliore equilibrio geopolitico. Passione, segreti di stato, insidie imprevedibili e soprattutto un irriducibile dilemma etico sono gli ingredienti di un intreccio con al centro Sophie Cookson ma non Judi Dench.
La bomba e la fanciulla
Lei, Dame Dench se ne sta sempre ai margini, imprigionata in una cornice che non ha un'autentica dimensione narrativa, e in cui non le viene chiesta che una singola espressione dolente e pensosa nell'esplorazione del passato di Joan, ricco e tribolato quanto è tranquilla e monotona la sua vita da pensionata. Si perdonerebbe al film anche l'imperdonabile, ovvero l'uso sprecone e monocorde di un'attrice di razza, se il racconto si sviluppasse con la vivacità e la naturalezza che servirebbe a rendere vibrante un period movie: Red Joan sembra incapace di decidere se essere una spy story o un blando dramma sentimentale, non riuscendo così mai a definire la sua identità.
In tutto ciò Sophie Cookson è incolpevole, anzi è brava (e ben assistita da costumisti e hair stylist) a incarnare la crescita di Joan da studentessa spaesata e curiosa ad adulta consapevole che cerca di emergere in un mondo che ostacola apertamente le possibilità di realizzazione professionale per le donne. Uno spunto che purtroppo si perde a causa dell'ingenuità della sceneggiatura, che fallisce nel raccordare i piani temporali, e della messa in scena fiacca di Sir Trevor Nunn, chiaramente più a suo agio alle prese con la regia teatrale.
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Conclusioni
La nostra recensione di Red Joan si sofferma sul fatto che, pur presentando Judi Dench come protagonista del film, l'opera di Trevor Nunn la relega in realtà ai margini della narrazione, imprigionata in una cornice monotona e priva di tensione narrativa. Come se non bastasse, il resto del film, ambientato nel passato e con la talentuosa Sophie Cookson nei panni della spia-con-una-coscienza Joan Stanley, è narrato con una regia piatta e televisiva.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Sophie Cookson, molto brava nel mettere in scena la maturazione di Joan da studentessa ingenua a donna coraggiosa, professionale e consapevole delle proprie scelte.
- La rappresentazione attenta e illuminante della condizione delle donne nell'ambiente della ricerca scientifica.
Cosa non va
- L'imperdonabile spreco del talento e del prestigio di Judi Dench.
- La debolezza di una sceneggiatura incapace di raccordare efficacemente i due piani temporali.
- La mancanza di personalità e freschezza della regia di Nunn, svogliata e televisiva.