Germania, 1912. Ludwig, laureato giovane ed ambizioso ma dalle scarse risorse economiche, viene assunto in un'acciaieria da Karl Hoffmeister, anziano e brusco proprietario con gravi problemi di salute. In poco tempo il giovane riesce non solo a conquistarsi la fiducia del capo e a diventare il suo segretario personale, ma anche quella della giovane e irresisitibile signora Hoffmeister il cui figlio è bisognoso di lezioni private.
In poco tempo così Ludwig si ritrova a lasciarsi alle spalle la sua vita precedente, fidanzatina inclusa, per andare a vivere nella grande villa dei suoi datori di lavoro, dove, ovviamente, troverà sempre più difficoltoso riuscire a nascondere il proprio amore per la bella Charlotte, che dal canto suo sembra ricambiare questi sentimenti ma non vuole tradire la fiducia del più anziano marito. Quando però anche quest'ultimo non può più far finta di nulla e si rende conto che la situazione sta per esplodere, Ludwig viene inviato a lavorare in Messico per due anni e scoppia la Grande Guerra...
Déjà vu amorosi
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Nonostante queste incoraggianti premesse però e i tentativi del regista di rendere il film più moderno con movimenti di macchina nervosi e l'utilizzo della camera a mano, questo Una promessa è un film vecchio in partenza, un vero e proprio melò tanto nella forma che nei contenuti che non riesca ad offrire nulla che non sia già stato visto decine e decine di volte.
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Gli aspetti più interessanti potrebbero invece essere ritrovati più che altro nel personaggio di Hoffmeister, nelle sue motivazioni e le sue dinamiche con gli altri due protagonisti: come vertice di questo triangolo amoroso ma anche come padre putativo di Ludwig un maggiore approfondimento avrebbe potuto giovare alla pellicola e donare una maggiore profondità all'intera storia, ma Leconte preferisce concentrarsi sopratutto sugli struggimenti dei due giovani tanto che perfino un attore carismatico e dal rendimento sicuro come Rickman sembra piuttosto svogliato e più interessato a fare smorfie che a cercare di rendere il conflitto interiore del proprio personaggio.
Conclusioni
Da un regista quale Leconte sarebbe lecito aspettarsi ben altro, o quantomeno sarebbe bene che non facesse più questo tipo di promesse se non è in grado di mantenerle.
Movieplayer.it
2.0/5