Recensione Unbeatable (2013)

Uno dei grandi registi di action hongkonghese, Dante Lam, presenta al Far East uno spettacolare dramma d'ambientazione sportiva: grandi sequenze d'azione, nonostante qualche eccesso lacrimevole.

Non mi batte nessuno

Il cinema di Hong Kong, superata la sbornia rappresentata dalle lusinghe delle grandi produzioni della Cina continentale, sta ritrovando una sua precipua dimensione locale. Lo dimostra la selezione di quest'anno del Far East, a partire da Unbeatable di Dante Lam. Il regista hongkonghese che a Udine in passato aveva presentato, tra gli altri, due melodrammi polizieschi di buona efficacia (The Beast Stalker del 2009 e The Stool Pigeon del 2010), si conferma notevole rappresentante del polar urbano giocato sugli eccessi sentimentali, nella tradizione di John Woo e, parzialmente, di Johnnie To, con un film che unisce il percorso di tre outsider per costruire un ritratto morale all'insegna della dura lotta verso il riscatto personale.

Le gabbie del ring al centro del racconto
Al centro di Unbeatable ci sono le arti marziali miste (MMA) e un torneo internazionale cui partecipano due dei protagonisti, Ching Fai, ex-galeotto e ex campione della disciplina ormai ridotto a fare da istruttore in una palestra di periferia, e Siqi, figlio di papà ridotto sul lastrico che decide di partecipare alla competizione per dimostrare a suo padre che tutti possono "risorgere". I combattimenti, che si svolgono all'interno di una gabbia in cui vengono rinchiusi i duellanti, rappresentano l'apice spettacolare di questo film d'ambientazione sportiva in cui, come ogni pellicola con al centro l'agonismo, è il riscatto personale a fare da motore dell'azione. Così, anche la terza vicenda, quella rappresentata da Gwen, madre abbandonata che porta il peso della morte di uno dei suoi figli, finisce per confluire nella parabola principale in cui il ring e lo scontro fisico rappresentano l'unica possibilità per risorgere: la donna, ormai chiusa nel suo autismo e aiutata dall'unica figlia che le è rimasta, la decenne Dani, troverà infatti la forza per reagire proprio grazie alla presenza in casa sua di Ching Fai, che trascina alla riscossa tutti gli altri personaggi decidendo di tornare a combattere alla veneranda età di 48 anni.

Unbeatable
Unbeatable
La morale grossolana ma efficace Dante Lam così costruisce un esempio classico di film sportivo, mettendo insieme la riscossa dello sconosciuto (come, del resto, succede in Rocky) con la rivincita dei perdenti. Ma, in ossequio alla tradizione del cinema hongkonghese, il regista architetta anche tutta una serie di sequenze giocate volutamente sull'eccesso sentimentale: in tal senso, il rapporto che il protagonista Ching Fai - il vecchio campione che torna sul ring (interpretato da una delle grandi star dell'action locale, Nick Cheung) - costruisce con la bambina Dani rappresenta il nucleo emotivo della pellicola, in cui si gioca sul patetismo e sull'ironia affettuosa senza alcun freno inibitorio. Pertanto, là dove un cineasta europeo si sarebbe fermato, colto dal senso del ridicolo (i pianti della bambina e di sua madre), Lam al contrario procede spedito investendo fino in fondo su ogni aspetto melodrammatico del racconto, per una orchestrazione capace alla fine di avere anche una sua particolare coerenza.

La spettacolarità delle scene d'azione
In tal senso risultano decisive le prove fisiche cui vengono sottoposti i protagonisti maschili, i cui corpi ben torniti sono continuamente messi in pericolo. Le sequenze in cui vengono messe in mostra le arti marziali miste, oltre che ottimamente girate e piene di tensione, permettono a Dante Lam di rendere visibile ogni tormento dell'anima, esplicitato e identificato con grossolana efficacia da un arto rotto, dal sangue che esce da una tempia ferita, da una frattura cranica, ecc. In fin dei conti il cinema, nonostante i grandi contributi all'insegna dell'introspezione messa in opera da geniali cineasti (Ingmar Bergman, Michelangelo Antonioni, ecc.), resta un'arte di superficie, prettamente visiva, e Dante Lam - ritrovando l'equivalenza di anima e corpo - è riuscito a dimostrarlo perfettamente in Unbeatable.