Una Ferrari per due, il tv movie che apre la serie Purché finisca bene
L'happy ending è la chiave del successo di ogni commedia romantica che si rispetti e questa regola diventa il filo conduttore del ciclo di cinque TV movie di Rai Uno in onda dal 31 marzo. Il titolo, Purché finisca bene, è una garanzia per gli appassionati del genere finora sintonizzati sulla rete ammiraglia ogni lunedì per commuoversi ed emozionarsi davanti alle pellicole sentimentali più apprezzate degli ultimi anni.
La stessa idea viene traslata nel Belpaese e convoglia alcuni degli artisti nostrani di maggior successo in una serie di storie piene di brio e leggerezza. Scendono in campo Daniele Pecci e Chiara Ricci, Sergio Assisi e Bianca Guaccero per Una coppia modello, mentre Un marito di troppo vede Cristiana Capotondi contesa tra l'ex Giorgio Marchesi e il fidanzato Flavio Parenti. Ne La tempesta, Giovanni Scifoni si ama e si odia con Nicole Grimaudo mentre due pellicole propongono la strana coppia Neri Marcorè e Giampaolo Morelli, protagonisti di Una Ferrari per due e Una villa per due.
Cristiana Capotondi (Alessia) si ritrova, invece ad avere Un marito di troppo: il passato le fa lo sgambetto proprio quando ha avviato una brillante carriera di produttrice musicale a Milano e ha tagliato i ponti con la periferia torinese dove è cresciuta e ha sposato Walter (Giorgio Marchesi), un musicista locale. Come dirlo al promesso sposo, l'avvocato Tancredi (Flavio Parenti)? Anche Nicole Grimaudo è alle prese con un incontro sconvolgente ne La Tempesta: quando aiuta il rampollo della fabbrica per cui lavora come operaio, Paolo (Giovanni Scifoni), a crescere il bambino bielorusso appena adottato dal fratello, scomparso in uno tsunami con la moglie. Una Ferrari per due
Neri Marcorè e Giampaolo Morelli incrociano le strade in due progetti, Una Ferrari per due e Una villa per due.
Il primo apre il progetto della cinquina di TV movie con premesse brillanti: Andrea Di Lazzaro (Morelli) è un manager ambizioso e senza scrupoli, abituato a liquidare i subalterni senza crisi di coscienza. Un giorno si ritrova a dover portare una Ferrari ad un calciatore, omaggio dell'azienda durante una cena di gala. Durante il tragitto succede di tutto, compreso l'incontro con l'autostoppista Marcello (Marcorè): non sa di averlo licenziato tre anni prima dal gruppo, quando era direttore marketing. Per una serie di eventi imprevisti finge di essere un'altra persona per essere aiutato dall'uomo, nel frattempo in ginocchio per la crisi e retrocesso ad aiuto cuoco/ambulante. Il viaggio rocambolesco on the road tra "aguzzino" e "vittima" tocca i temi della crisi nelle sue varie declinazioni. Marcello ha infatti divorziato dalla moglie Margherita (Anita Caprioli) e ha un rapporto conflittuale con la figlia adolescente Livia (Aurora Ruffino), abituata ad un collegio con retta mensile di 2500 euro e ad un tenore di vita da principessa. Andrea, invece, pensa di essere il re del mondo, anche se ha alle spalle due matrimoni falliti e una relazione fredda con Simona (Eleonora Sergio), collega rampante almeno quanto lui. Quel tono a metà
Il racconto parte in quinta, per usare una metafora degna della regina della Formula Uno attorno a cui ruota la vicenda: con un perfetto ritmo comico, una brillante colonna sonora e una geniale alchimia tra i due protagonisti la storia passa con disinvoltura dal romanticismo al dramma della crisi economica, senza mai esagerare. L'empatia per le vicende umane dei personaggi scatta immediatamente, in un prodotto ben confezionato.
La situazione cambia radicalmente nella seconda parte del film, quando la retorica smussa i contrasti che tanto avevano appassionato inizialmente. Il coraggio dimostrato nell'introduzione della storia va via scemando nel tentativo di accontentare tutti e conciliare situazioni al limite. Osare fino in fondo
L'idea di base è vincente perché dimostra come si ritrova a vivere un dirigente con lo stipendio precario mentre cerca di nascondere alla famiglia il tracollo economico. Il paradosso dell'incontro con l'uomo che l'ha letteralmente ridotto in miseria crea una serie di situazioni garbate e irresistibilmente comiche, fino a che la vicenda vira verso una piega buonista e un po' fastidiosa. Si può scherzare della crisi per esorcizzare le paure quotidiane degli italiani, ma va fatto con garbo e con tatto, proprio come hanno dimostrato le scene iniziali. Quando, invece, anche la fiction vuole a tutti i costi convincerci che vada tutto bene e che anzi la disoccupazione sia un bene per i ricongiungimenti familiari oltre e un'opportunità per recuperare la libertà allora la musica cambia e al pubblico potrebbe passare la voglia di ballare.