Dopo il successo de Il truffacuori, Pascal Chaumeil ripropone ancora una commedia romantica che ricalca la storia del precedente, sul modello delle più classiche commedie sentimentali americane: finti innamoramenti, matrimoni, messe in scena, scherzi del destino.
Di recente, dopo aver visto la commedia 20 anni di meno di David Moreau, avevamo avuto modo di scrivere di quanto i francesi fossero diventati abili nel replicare le commedie sentimentali americane, riprendendone la struttura e i canoni fissi che la caratterizzano, restituendo in salsa europea dei prodotti in genere ben confezionati, mai sciatti o veramente banali, compensando magari la mancanza di originalità con una sceneggiatura brillante e dialoghi ben scritti, ritmo, protagonisti bravi e soprattutto credibili. Forse l'esempio più riuscito e di maggior successo di questa nuova ondata di commedie romantiche alla francese di ispirazione hollywoodiana era proprio Il truffacuori, irresistibile esordio cinematografico nel 2010 di Pascal Chaumeil. Brioso, vivace, ritmato, scritto alla perfezione, riprendeva gli elementi classici della commedia sentimentale americana con l'incontro/scontro tra i personaggi agli antipodi inizialmente antagonisti, che dopo varie peripezie alla fine finiscono per innamorarsi: in questo caso avevamo anche l'elemento del protagonista (Romain Duris) che si finge qualcun altro, mettendo in scena la finta storia d'amore per poi rimanere intrappolato nella sua stessa rete. Con Un piano perfetto in effetti Chaumeil, avvalendosi oltretutto dello stesso team di sceneggiatori, tenta di replicare il successo del Truffacuori, mettendo in scena una storia alla fine più o meno simile nei presupposti, ribaltando i ruoli poiché stavolta è la donna (Diane Kruger) la truffatrice che orchestra la messa in scena per i suoi propri fini.
Durante una cena di Natale con la sua famiglia, Corinne (Alice Pol) racconta alla sua depressa capa che è stata appena mollata, l'incredibile storia di sua sorella Isabelle (Diane Kruger). Isabelle è innamorata del suo perfetto fidanzato Pierre (Robert Plagnol), vuole avere dei figli da lui ma per farlo lo deve sposare perché la di lui famiglia altrimenti non approverebbe. C'è un problema, una maledizione grava sulla sua famiglia: i primi matrimoni sono sempre naufragati e finiti malamente, senza eccezioni. Ma Isabelle ha un piano, trovare qualcuno da sposare prima per poi divorziare immediatamente e aggirare la maledizione. Il malcapitato è l'improbabile Jean-Yves (Dany Boon), goffo redattore di guide turistiche, che Isabelle sarà costretta a seguire dal Kilimangiaro fino a Mosca, nella buona e nella cattiva sorte, in un periplo dagli esiti imprevedibili.
Diciamo subito che, a proposito di maledizioni, purtroppo Un piano perfetto non sfugge a quella che vuole il secondo film di un regista molto meno riuscito dell'esordio di successo. La sceneggiatura è decisamente il punto debole del film, che inciampa in diversi snodi narrativi troppo improbabili e soprattutto forzati nei momenti chiave, per cui si fa fatica a stare al gioco e ad accettarne le conseguenze. Già bisogna fare un certo sforzo e accontentarsi dell'idea della maledizione che grava sulla famiglia come messa in moto degli eventi per poter decidere di giustificare tutte le azioni di Isabelle, ma anche in seguito gli stratagemmi narrativi che portano i due a rincorrersi e a ritrovarsi dando il via alla serie di gag e di avventure strampalate sono davvero forzati. Prima parte in Kenya, seconda a Mosca, con intermezzi parigini: Chaumeil voleva evidentemente alzare il tiro e introdurre il girotondo di location esotiche per consentire al film una variazione di registro e dare pepe alla storia, ma in entrambi i casi sono davvero improbabili le motivazioni dietro alle azioni. Viene da chiedersi per quale ragione Isabelle semplicemente non trova qualcun'altro da pagare per farsi sposare mantenendo il "piano perfetto" iniziale, invece di inseguire uno sconosciuto fino in Kenya sicura non si sa per quale ragione di riuscire ad impalmarlo.
E allo stesso modo, nella seconda parte, non era più semplice chiedere direttamente di firmare le carte del divorzio dicendo subito la verità, senza dover andare fino a Mosca per mettere in scena tutta la pantomima della moglie pazza e insopportabile per spingere Jean-Yves a chiedere lui il divorzio? Difficile fare il tifo per lei, ancora meno affezionarsi a lui: in questo tipo di commedie, almeno in quelle riuscite, la parte più gustosa sta nella leggerezza con cui si descrivono gli episodi che portano progressivamente al cambiamento di stato d'animo, le trasformazioni dei sentimenti a cui i personaggi vanno incontro ed essere capaci di renderle plausibili e credibili: la modella che si innamora dello sfigato, l'uomo di successo che sposa la squillo, la manager che si innamora del ragazzino di venti anni di meno, personaggi agli antipodi che trovano un punto d'incontro inaspettato che colpisce loro stessi per primi ma che in qualche modo risulta alla fine credibile. Manca per lo più quella componente di romanticismo e di identificazione coi personaggi, ingrediente fondamentale per questo tipo di commedie, che se supportate da una sceneggiatura leggera e da un approfondimento della psicologia e dei caratteri dei protagonisti, rendono plausibili anche i colpi del destino più improbabili. Qui alla fine non ci crede davvero nessuno alla troppo repentina conversione di Isabelle, tantomeno lei stessa. Non è tanto la mancanza di alchimia tra i due, è la storia e le situazioni che non aiutano a crearla. Peccato perché come al solito la parte produttiva è tutt'altro che sciatta e al solito ben confezionata. Diane Kruger è davvero molto bella e sexy anche più del solito, e rivela un insospettabile talento comico, mentre la fisicità di Dany Boon si presta molto bene alla comicità slapstick di alcune delle gag più riuscite.