Uno spunto assurdo, dai contorni quasi fantastici, che irrompe all'improvviso a turbare la placida esistenza di un modesto pescatore di Gaza: tirare su le reti e, insieme al pesce, accorgersi di aver "pescato" dalle acque un maiale vietnamita, arrivato chissà come tra i flutti del mare di Gaza (del resto i "maiali con le ali" costituiscono un sintagma idiomatico di una paradossalità al di fuori di qualunque verosimiglianza).
È a partire da questo evento, surreale e fiabesco, che si sviluppa la trama di Le cochon de Gaza, film d'esordio del giornalista e scrittore francese Sylvain Estibal, che dopo aver attirato una notevole attenzione in patria nel 2011 (quasi 300.000 spettatori) ed essersi aggiudicato addirittura il premio César come miglior opera prima, arriva anche in Italia, con tre anni di ritardo e l'evocativo titolo Un insolito naufrago nell'inquieto mare d'Oriente. Inutile rilevare come la scelta dell'animale in questione sia tutt'altro che casuale: il maiale, nella cultura ebraica così come in quella islamica, è considerato una creatura "impura", e pertanto non può entrare in diretto contatto con il suolo della Terra Santa.
Quando i maiali voleranno
Naturale, dunque, che l'inaspettata comparsa del maiale sulla barca di Jaafar, pescatore palestinese impersonato dall'attore israeliano Sasson Gabai (protagonista nel 2007 de La banda), non tardi a portare scompiglio nella routine di questo personaggio alquanto naif, un po' "scemo del villaggio", in un film che, quantomeno nelle sue battute iniziali, pare richiamarsi al modello del cinema del regista finlandese Aki Kaurismäki. Un insolito naufrago nell'inquieto mare d'Oriente si muove in effetti, e in maniera non sempre così bilanciata, tra una comicità lieve e stralunata, piuttosto efficace in relazione al contesto narrativo, ed il registro della farsa più grevemente ridanciana (le scontate gag sul Viagra e sullo sperma del maiale, necessario a Jaafar per i suoi traffici illeciti). Perché Jaafar, ovviamente, decide di tenere nascosto il maiale sulla propria barca, non rivelando nulla neppure all'amata moglie Fatima (Baya Belal), e di sfruttare l'irrequieto animale per ricavarne qualche soldo allo scopo di coprire i propri debiti; del resto, se perfino gli ebrei dall'altro lato delle recinzioni allevano delle scrofe, convinti che l'unico vero peccato sia "lasciarsi sfuggire un buon affare", Jaafar dovrebbe forse rinunciare a un'opportunità del genere?
Contrabbando a Gaza
Difatti, dal momento in cui Jaafar inizia a "contrabbandare" lo sperma del proprio maiale con la complicità di Yelena (Myriam Tekaïa), giovane allevatrice di scrofe sul suolo israeliano, il film mette in moto la canonica catena di equivoci, di simpatici sotterfugi e di tentativi più o meno rocamboleschi di far passare il maialino inosservato - questione assai complicata, tanto più che sul tetto della casa di Jaafar e Fatima stazionano due guardie di confine dell'esercito israeliano. E benché ad Estibal (anche autore della sceneggiatura) non manchi certo il ritmo, in varie occasioni il film si incaglia o sceglie di "volare basso" (siamo lontani, insomma, dai raffinatissimi meccanismi comici messi in atto da Radu Mihaileanu, altro potenziale modello di riferimento di Estibal). In fondo, Un insolito naufrago nell'inquieto mare d'Oriente si accontenta di divertire ma in maniera mai davvero corrosiva, pur pretendendo di sbeffeggiare i fondamentalismi religiosi e le loro malsane ideologie. E, in prossimità dell'epilogo, scivola verso un utopismo un po' blando (un'auspicabile armonia fra israeliani e palestinesi) che, nella sequenza finale, inciampa inevitabilmente nel didascalismo e nella retorica.
Conclusioni
Un insolito naufrago nell'inquieto mare d'Oriente parte da una premessa quasi fiabesca, nella sua assoluta "straordinarietà", per costruire una commedia degli equivoci sospesa fra una comicità stralunata e dai toni surreali ed un umorismo più blando e scontato. Il risultato è un film altalenante, dotato di un buon ritmo narrativo ma incapace di colpire veramente a fondo, e in cui l'analisi della difficile convivenza fra palestinesi e israeliani rischia, verso il finale, di scivolare nella retorica.
Movieplayer.it
2.5/5