The Stag - Se sopravvivo mi sposo
Fionan si sposa, sì, ma niente di serio. Come potrebbero filare liscie le cose se Ruth, futura moglie di questo placido uomo dublinese, pretende che il proprio promesso festeggi l'addio al celibato assieme agli amici di sempre? Non è una cosa comune che sia la fidanzata a volere questa celebrazione, ancora meno usuale che sia la stessa donna a volere tra gli invitati il suo leggendario e temuto fratello, The Machine, un uomo fondamentalmente grezzo che passa la vita a mettere in imbarazzo il prossimo con atteggiamenti "neanderthaliani". Una volta compreso che nulla avrebbe mai potuto tirarlo fuori da quel pasticcio, Fionnan, si riunisce con Devin, Simon, Little Kevin e Big Kevin e si fionda nell'incontaminata natura irlandese per passare con i sodali qualche giorno di relax in vista delle nozze.
Al gruppo si aggiunge anche The Machine che con la sola presenza riesce a mettere in crisi tutti; catastrofe dopo catastrofe, però, emerge il lato sensibile dell'uomo che con il suo fiuto riesce a vedere cose che sfuggono a tutti. Ad esempio che Devin è sempre stato innamorato di Ruth, che Simon è dilaniato da una crisi lavorativa profonda e che Kevin e Kevin, coppia nella vita, non hanno proprio nulla da invidiare agli altri, anche se Little Kevin cerca disperatamente l'affetto del papà. Anche per The Machine il tranquillo week-end di paura si trasformerà in una lunga seduta di autocoscienza, in cui finalmente comprenderà la motivazione della fine del suo matrimonio e anche come ricostruirlo dalle
fondamenta.
Eravamo sei amici nella foresta
Da un film come The Stag - Se sopravvivo mi sposo, esordio registico di John Butler, presentato al Toronto International Film Festival nel 2013, non ci si deve attendere nulla di più di quanto promette (e mantiene), ovvero un'ora e mezza di divertimento leggero, ma non superficiale, che, pur rispettando in pieno i canoni del sottogenere, ovvero la commedia pre-matrimoniale di stampo maschile, riesce a mostrarci la tenerezza di questi sei protagonisti. Se vengono mantenuti intatti i topoi dell'hangover movie, con tanto di sbronze, esperienze ai limiti della legalità con droghe e sostanze stupefacenti, battute scollacciate, si distingue dai suoi più celebri "dirimpettai" Una notte da leoni o Bachelor Party - Addio al celibato (con un giovanissimo Tom Hanks) per una delicatezza di fondo che ne mitiga lo spirito anarchico. E' l'amicizia l'elemento che viene esaltato in questo film, quel misterioso vincolo che unisce persone diversissime tra loro, un'unione che si rivela fondamentale in molti momenti della vita.
Cervello o cuore?
L'aspetto più convincente della storia è aver trasformato un personaggio folle come The Machine nel saggio di turno, un piccolo gioco che permette però allo script di non risultare banale, perché gli attimi di verità scaturiscono proprio da chi non ti aspetti. Una commedia gioca sempre sui ritmi, sulle battute taglienti, le situazioni paradossali e su una comicità fisica che mette alla prova gli attori; elementi che ritroviamo tutti nel film in questione, anche se il risultato finale non è mai esilarante. Anzi, c'è una sorta di malinconia di fondo, che ne mitiga gli istinti irruenti, affatto disprezzabile. Vi tranquillizziamo, però, i momenti divertenti ci sono eccome, legati all'incontenibile The Machine, la cui esuberanza linguistica viene, però, frenata nella versione italiana.
Made in Ireland
Quando si pensa alle commedie irlandesi che negli anni sono state apprezzate dal pubblico internazionale si pensa istintivamente alla trilogia di Barrytown, ispirata ai romanzi di Roddy Doyle, The Commitments, The Snapper e Due sulla strada, e in effetti in questi tre film si ritrova concentrato il più puro spirito dublinese, un misto di fatalismo e poesia, comicità e amarezza, sogni e speranze disattese, il tutto senza indugiare mai nell'autocommiserazione. Butler attinge a questa fonte ma non ne produce un calco perfetto, preferendo puntare sulle qualità della sua storia e su un gruppo di personaggi che possiede delle qualità originali. Qualità che vengono esaltate dalle prove degli attori, alcuni dei migliori giovani del panorama irlandese, come Hugh O'Conor, noto per la sua interpretazione del giovane Christy Brown in Il mio piede sinistro, film di Jim Sheridan che consacrò Daniel Day-Lewis, o come Andrew Scott, il Moriarty di Sherlock; mente e cuore del progetto, però, è Peter McDonald, che veste i panni di The Machine, autore della sceneggiatura e produttore, irriverente canaglia dal cuore d'oro che con la sua irriducibile "anormalità" riesce ad essere assennato.
Conclusione
Un gruppo di amici, la natura incontaminata, un matrimonio all'orizzonte e un folle in grado di distruggere ogni certezza tranne quella di un lieto fine garantito; il film di John Butler potrà anche non essere originale, ma raggiunge il suo scopo con ironia e senza banalità gratuite, sfruttando la buona alchimia tra gli attori, il fascino di un interprete di razza come Peter McDonald, e la bellezza dei paesaggi irlandesi. E c'è anche One degli U2.
Movieplayer.it
3.0/5