I giustizieri di New Orleans
Quando il desiderio di vendetta sovrasta il principio di giustizia, l'uomo rischia di diventare vittima delle sue stesse azioni. Una lezione, questa, che Will Gerard, tranquillo insegnante di letteratura in un liceo, deve aver teoricamente appreso dai grandi romanzieri americani ma che, una volta applicata alla propria vita, assume un significato del tutto imprevedibile. Così, quando l'aggressione e lo stupro ai danni della moglie Laura arriva a sconvolgere la sua esistenza tanto da lasciarsi sedurre dalle offerte di giustizia immediata di un misterioso sconosciuto, Will inizia a comprendere a sue spese la follia omicida che si nasconde dietro l'impeccabile e rassicurante eleganza del suo protettore. In questo modo, in una città magica e misteriosa come New Orleans dove nulla è ciò che sembra, un uomo qualunque si trova coinvolto nelle attività illegali di un'organizzazione apparentemente invisibile che, dopo essersi insinuata in ogni strato della società, elargisce soddisfazione alle vittime inermi di violenza metropolitana legandole a una confraternita votata alla vendetta più cieca e sanguinaria. Un patto estorto subdolamente che fa di Will prima pedina e poi vittima sacrificale in fuga nell'estremo tentativo di vincere un gioco dell'assurdo e riacquistare, così, il controllo sulla propria esistenza nel nome dell'amore.

Così, nel tentativo di far presa su un rinnovato spirito civico, il regista ha lavorato sulla sceneggiatura di Robert Tannen aggrappandosi con costanza a una serie d'immagini e atmosfere precostituite che, oltre ad avere lo svantaggio di formare i capisaldi di un genere fin troppo rimaneggiato, non fanno altro che confrontarsi con la visione di Winner, sicuramente più estrema e coraggiosa. Sostituita la violenta Chicago con l'altrettanto storicamente pericolosa New Orleans e riportata agli onori delle cronache cinematografiche l'inefficienza e l'inefficacia della struttura giuridica, Solo per vendetta traccia un percorso umano costellato quasi metodicamente da cliché narrativi di grande prevedibilità che minano con testarda perseveranza il principio di suspense sul quale si dovrebbe reggere l'intero apparato narrativo di un thriller in action.

Ma ciò che danneggia la pellicola più di qualsiasi scelta artistica o registica è l'immagine di un eroe fastidiosamente invisibile, la cui rettitudine è indotta in tentazione solo in superficie mentre la sua personalità impallidisce sempre più nel costante tentativo di dimostrare la propria incrollabile correttezza. Così, nel tentativo di consegnare il ritratto di un essere umano giusto e pensante, Nicolas Cage non si offre certo come veicolo di emozioni. Inappuntabile e moralmente retto anche nei momenti più critici, il suo Will non sembra cadere mai vittima delle debolezze umane, non cede il passo all'istinto evitando, in questo modo, qualsiasi gioco identificativo con un personaggio privo di variabili emotive e facendo rimpiangere, almeno dal punto di vista cinematografico, la contestabile ma riconoscibile complessità di un uomo capace di trasformarsi in giustiziere per amore.
Movieplayer.it
3.0/5