Tedio in giallo
Angela Wyler ha un cruccio: la scomparsa di Christine, sua sorella gemella, problematica e tossicomane, che non sente da due anni. La ragazza, appena tornata dall'America, è convinta che possa essere successo qualcosa di brutto a sua sorella, così incarica il commissario Valerio Strada di iniziare le ricerche; Strada aveva avuto, anni prima, una complicata relazione con Christine, conclusasi in maniera drammatica. Il poliziotto accetta l'incarico, nonostante tutto lasci pensare che la ragazza si sia allontanata spontaneamente e non voglia più avere niente a che fare con la sorella; ma la questione viene improvvisamente complicata dall'omicidio del guardiano di un cantiere navale, e dai primi indizi che sembrano portare proprio a Christine.
Ciò che salta subito agli occhi, leggendo i credits della miniserie Sei passi nel giallo, di cui questo Gemelle è uno degli episodi (in realtà film televisivi a sé stanti) è la presenza in cabina di regia di due cognomi eccellenti, che rimandano a un passato glorioso del cinema di genere italiano. Chiunque conosca il thriller/horror nostrano degli anni '60 e '70, infatti, non può che venerare due registi come Mario Bava e Antonio Margheriti, protagonisti assoluti di un artigianato cinematografico che spesso e volentieri si trasformava in vera e propria autorialità di genere. Ora, coloro che hanno raccolto (in teoria) l'eredità dei due grandi registi si sono messi al lavoro su questa miniserie targata Mediaset, che già dal titolo vorrebbe recuperare suggestioni di un passato mai abbastanza rimpianto: parliamo dei non più giovanissimi Lamberto Bava ed Edoardo Margheriti, figli d'arte e già noti nell'ambiente (il primo come poco fortunato regista di molti horror anni '80, il secondo come aiuto regista per varie produzioni italiane e americane) e del figlio di Lamberto, Roy Bava, che ha esordito alla regia dirigendo proprio l'episodio di cui ci apprestiamo a parlare, presentato in anteprima al pubblico del Roma Fiction Fest.
Se la trama di Gemelle può, sulla carta, presentare qualche punto di contatto col cinema che il regista (e l'intera serie) si propongono di omaggiare, lo svolgimento e l'estetica del film tradiscono subito la sua natura di prodotto da prime time televisivo, con una forte attenzione a non premere troppo sul pedale della violenza e una regia che, seppur corretta, non presenta sostanzialmente guizzi degni di nota. Quello che delude di questo prodotto televisivo, al di là della fotografia piatta e di un look generale che non si discosta dalle tante fiction poliziesche che abbiamo visto negli ultimi 10 anni sui teleschermi di Rai e Mediaset, è una sceneggiatura fiacca e scontata, che non regala allo spettatore un briciolo di empatia per i personaggi e viene condotta subito sui binari più risaputi. Lo stesso sottofondo erotico della trama non serve ad aumentare l'interesse per il film, mentre alcune gratuite citazioni hitchcockiane (in particolare da Psycho) non fanno che aumentare l'irritazione per un prodotto che di autoriale ha ben poco.Se la risoluzione finale della vicenda è talmente scontata da far sperare in un ulteriore (e ovviamente inesistente) ribaltamento dopo i titoli di coda, non molto migliore risulta la qualità della recitazione, nonostante la presenza di una Erica Durance (la ricordiamo in Smallville) che almeno si sforza di conferire un qualche spessore e una credibilità a un doppio personaggio comunque fortemente deficitario. Del tutto statico, e fuori ruolo, risulta invece il protagonista Daniele Pecci, che del commissario di polizia non sembra avere nè il volto, nè l'attitudine.
Aspettiamo dunque di vedere gli episodi di Bava padre e di Margheriti, ma ciò che la visione di questo Gemelle suggerisce è l'idea di intrinseci limiti di formato e di concept, che difficilmente potranno essere superati dalla creatività di un singolo regista.
Movieplayer.it
2.0/5