Come si cambia (per sfondare)
Federico e Riccardo sono amici dall'infanzia. Playboy e scansafatiche il primo, ancora traumatizzato dall'incidente in cui anni prima sono morti i genitori e con un fratellino a carico, stilista di talento il secondo, emigrato a Milano per sfondare nel mondo della moda, purtroppo senza riuscirvi. Quando l'amico gli propone di tornare in Puglia per partecipare ad un bando di concorso che assegna dei fondi regionali a giovani imprenditori, Riccardo non ci pensa su due volte; pianta l'asfissiante fidanzata manager, il lavoro di impiegato e torna nel paesello natio. Qualcosa però non va per il verso giusto, perché i finanziamenti vengono stanziati solo per coppie di fatto. Federico ha impegnato la masseria di famiglia per avviare la ditta, quindi l'unica soluzione è continuare la farsa, intascare i soldi della Regione e sperare di guadagnare a sufficienza con la linea di jeans di Riccardo per pagare tutti i debitori. I due vengono aiutati in questo progetto da Roberto, direttore del quotidiano per cui Federico lavora come addetto alle pulizie, gay da una vita e quindi in grado di dare alla neo coppia qualche dritta in più. Neanche a Roberto, però, le cose vanno tanto bene. Nel suo giornale è costretto a far lavorare l'incapace e raccomandata Maria Luisa, mentre non riesce a valorizzare la professionalità di una reporter d'assalto come Carlotta, una ragazza perspicace che non ci mette molto a scoprire la messa in scena dei finti fidanzati, scegliendo di tacere per amore di Federico.
Ha ragione Massimo Ghini a dire che fare la commedia sia uno dei compiti più difficili che possano toccare in sorte a un regista. Nonostante la buona volontà, Matteo Vicino (anche sceneggiatore e montatore), alla seconda opera dopo l'interessante Young Europe, lungometraggio dedicato al tema degli incidenti stradali, non è riuscito a trovare la quadratura del cerchio, la ricetta giusta per trasformare la storia di una truffa in un racconto di ampio respiro, capace cioè di andare oltre i limiti dello schema prefissato, per dire qualcosa di più profondo sui personaggi che la animano. L'idea di Outing - Fidanzati per sbaglio era quella di tratteggiare un mondo in cui la meritocrazia viene considerata come una malattia infettiva, tanto da spingere due persone capaci a fingere palesemente di essere chi non si è pur di realizzare il proprio progetto; magari si voleva corredare questo assunto con un pizzico di riflessione sull'immoralità travestita da moralità e sulla sacrosanta e inalienabile libertà di amare chi si vuole. Il risultato però è un confusionario guazzabuglio in cui nessun tema, dalla libertà sessuale, allo svilimento del vero talento, viene sviluppato nella maniera appropriata, anzi, gettato nella mischia senza possibilità di mediazione, perde valore e senso. Non si prova simpatia per la 'metamorfosi' dei protagonisti, Andrea Bosca e Nicolas Vaporidis, perché Vicino mostra il mondo omosessuale con fastidiosa banalità, producendo battute del calibro di 'Volevamo dimostrare che oltre alle orecchiette qui abbiamo anche gli orecchioni'; frase che, declamata da Federico con lo stesso difetto di pronuncia del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, innesca un corto circuito di dubbio gusto. Senza i giusti ritmi, con una colonna sonora invadente e con scelte di montaggio più d'effetto che di sostanza, il film arranca e non valorizza i suoi pregi che vanno rintracciati in un gruppo di attori che fa quel che può, con un Massimo Ghini una spanna sopra agli altri. Nel tutti contro tutti di Matteo Vicino, dunque, la vita di paese è contrapposta ai fremiti viziosi della metropoli del nord, una Milano sempre fastidiosamente rappresentata come centro propulsivo di inutili tendenze, operosa e crudele; le donne dimenticano la propria femminilità, dolcezza e accoglienza per diventare delle virago, cattive o incoscienti, di sicuro molto maschili a dispetto dei tacchi altissimi, comunque e sempre sole, anche quando sembra che il sogno d'amore stia per realizzarsi; gli uomini sono alla ricerca di un'identità perduta, fingono con estrema semplicità e sbagliano i tempi con altrettanta noncuranza. I rapporti umani, figuriamoci, non esistono, si bada solo all'utile, a sottomettere il più debole; tuttalpiù si salva l'amicizia. Il problema è strutturale e sta in una sceneggiatura che conta molti, troppi buchi incomprensibili: ad esempio, ed è una mancanza importante in un film che parla di meriti, non è chiaro quale sia la vera dote di Federico; non si comprende poi perché, una volta scoperta la truffa, con tanto di denuncia alla magistratura, tutto finisca in gloria per i due eroi, con un epilogo (a sorpresa) che vanifica in un solo colpo tutto quello che è stato pazientemente costruito prima. Forse avrebbe già dovuto metterci in allarme il cartello iniziale con le frasi di due grandi pensatori, Platone, teorizzatore della necessità di andare oltre i concetti di maschile e femminile, e Antonio Cassano, colui che disse , 'So' froci, so' problemi loro'. Puoi mettere insieme un filosofo e un calciatore solo se sai dare del tu alla macchina da presa.
Movieplayer.it
2.0/5