Sono circa 25 gli anni raccontati da Mike Leigh in Mr. Turner, un quarto di secolo in cui seguiamo il pittore Joseph Mallord William Turner, ormai già noto e apprezzato in tutta l'Inghilterra, fino alla morte. Ma se in tutta la pellicola non ci viene mai dato alcun riferimento cronologico e il passaggio del tempo non viene mai scandito con precisione ma soltanto grazie all'ingrigirsi dei capelli del nostro protagonista, è perché tutta la sua vita è stata priva di avvenimenti degni di nota e quasi esclusivamente segnata dalla costante e ininterrotta ricerca di nuove immagini, nuove idee, nuove ispirazioni.
Grande artista, uomo taciturno
Con il "suo" Turner, Leigh ci consegna quello che è forse uno dei migliori artisti romantici mai visti sullo schermo, ma certamente lontano dagli immaginari tormentati a cui si potrebbe pensare: se vi aspettate un Lord Byron, insomma, siete completamente fuori strada, perché il personaggio interpretato in modo magistrale da Timothy Spall è un uomo solitario e pensieroso, anche se gioviale nei rari momenti di compagnia con i colleghi, lontano dalla mondanità, dalla politica e dalla vita pubblica, nonché scevro da ogni vizio. E' un personaggio talmente brusco e poco socievole da comunicare per lo più con grugniti anziché con le parole, e che inizialmente appare quasi inavvicinabile per lo spettatore; ma la bravura di Spall e la maestria del suo regista fanno in modo che con l'avanzare della pellicola si trasformi in un amabile compagno di viaggio, con cui trascorrere senza fatica le due ore e trenta di durata.
Tra Dickens e naturalismo
Pur concentrandosi quasi esclusivamente sul suo protagonista che è, di fatto, sempre in scena, Leigh riesce a mostrarci attraverso il suo sguardo curioso le città e la campagna inglese, ed i loro strambi abitanti, con un piglio quasi dickensiano, e tratteggiare, anche con la sua solita arguta ironia, in modo semplice ma efficace un'intera epoca. Il suo Turner è infatti principalmente conquistato dalla natura, e poco interessato, se non addirittura seccato, dai rapporti umani: con le donne della sua vita cerca più volte un contatto di tipo fisico che però è raramente soddisfacente, mentre si ritrova ad essere ben più attratto ed affascinato da novità ed invenzioni quali il treno e le barche a vapore, e infine la macchina fotografica, che con grande arguzia vede addirittura come diretto successore della sua arte naturalista e paesaggistica; è quasi solo ed esclusivamente in questi casi che i suo occhi si illuminano e i suoi grugniti si trasformano in espressioni di inaspettato ottimismo e sincero interesse.
Il pittore della luce
Per essere un film che racconta di un pittore, i quadri, sebbene presenti, sono raramente al centro dell'inquadratura. La scelta, coraggiosa e vincente, di Leigh è quella di mostrarci i quadri di Turner prima ancora che vengano dipinti, attraverso lo sguardo del protagonista sui paesaggi, la sua attenzione per le luci, la fascinazione per alcuni colori. A rendere possibile tutto questo è la splendida fotografia di Dick Pope che in alcuni momenti sembra letteralmente trasformare i dipinti in immagini in movimento (come in una sequenza mozzafiato sulle scogliere di Dover) e gioca spesso con questa ambiguità per restituire al meglio anche su pellicola il vero genio del Turner pittore, colui che sapeva vedere e dipingere la luce meglio di chiunque altro.
Conclusione
Questo biopic di Mike Leigh, come sempre girato senza avere alcuna sceneggiatura, è un film per palati sopraffini, adatto soprattutto a coloro che sapranno apprezzarne la magnifica fotografia e un'interpretazione "animalesca" ma potente. Non è certamente adatto a chi cerca una storia o un resoconto della vita di William Turner, ma probabilmente non esiste nulla di più efficace e piacevole per avvicinarsi alle sua opera e ai suoi ideali romantici.
Movieplayer.it
4.0/5