Raccontare la Guerra d'Algeria come un'epopea western si può. Soprattutto se dietro la macchina da presa c'è un autore asciutto e diretto come David Oelhoffen e davanti c'è il magnetico Viggo Mortensen. In Loin des hommes la star poliglotta passa con nonchalance dal francese all'arabo, con qualche parentesi in spagnolo, interpretando il solitario Daru, maestro di scuola, figlio di immigrati spagnoli nato e cresciuto in Algeria, che dedica il proprio tempo a insegnare a leggere e scrivere ai bambini poveri che vivono sull'Atlante.
La sua pacifica esistenza viene scombussolata dalla richiesta di scortare un prigioniero accusato di aver ucciso il cugino fino alla vicina città per consegnarlo alla legge. Il viaggio attraverso il deserto dei due uomini riserverà, però, numerose sorprese e li porterà a prendere coscienza del conflitto nascente che cambierà il volto del paese.
Le radici di Loin des hommes affondano nella grande letteratura. Il film è, infatti, ispirato al racconto autobiografico di Albert Camus L'ospite, che affronta il dramma della guerra e le sue conseguenze sulla popolazione civile. Oelhoffen scarnifica la struttura del racconto applicandola alla sua pellicola in modo lineare. Al primo livello la dinamica su cui si incentra l'azione riguarda Daru/Mortensen e il suo ospite Mohammed, interpretato dall'altrettanto talentuoso Reda Kateb. Su questo livello orizzontale (due individualità a confronto) se ne innesta uno verticale che vede i due protagonisti alle prese con il mondo esterno, nello specifico con l'esercito francese e con i ribelli arabi che combattono per il possesso del territorio algerino.
Un western morale
Fin dalle prime sequenze, il personaggio di Mortensen si distingue per eccezionali qualità morali che ne fanno l'uomo giusto a cui affidare una missione pericolosa come consegnare un assassino alla legge. Il suo Daru si dimostra, però, anche abile giudice della natura umana. In una delle sequenze chiave del film l'uomo dà fiducia al suo ospite evitando di seguirlo in quella che ha tutta l'aria di essere una fuga notturna. Il legame che si instaura tra i due personaggi, provenienti da culture e habitat differenti, dà spessore a una pellicola che si concentra su pochi ingredienti caricandoli di significato. E parlando di western quante pellicole ambientate nelle terre di frontiera americana sono animate dalle dinamiche di coppia tra un cowboy e un nativo o da un rappresentante della legge e un outsider? Questo è il solo il primo di una serie di topoi che il francese Oelhoffen inserisce nella sua opera rielaborandoli con intelligenza. Si pensi all'importanza del paesaggio desertico, il suggestivo altopiano algerino fotografato da insistiti campi lunghi e lunghissimi su cui si staglia il profilo pensoso di Viggo Mortensen. Per non parlare di uno dei temi chiave del film, il confronto tra legge governativa e legge tribale, personificata dai parenti di Mohammed che lo inseguono per ucciderlo, vendicando così la morte del cugino che lui è stato costretto a uccidere. Sangue chiama sangue, vendetta chiama vendetta, ma il destino di un individuo si staglia sullo sfondo di un quadro che determinerà le sorti di una nazione.
Alla conquista dell'Algeria
Una volta usciti dalla bolla di sicurezza del villaggio in cui risiedono, Daru e Mohamed si trovano catapultati nel conflitto, quello vero. Passano attraverso le mani dei ribelli, poi dell'esercito francese, sono chiamati a compiere gesti di eroismo, a guardarsi le spalle per sopravvivere negli insidiosi canyon algerini. Impossibile non cogliere il parallelo con i conflitti contemporeanei nella scena in cui, dopo aver assistito alla fucilazione di due ribelli che si erano arresi, Daru rimprovera un soldato per aver commesso un crimine di guerra, ma si sente rispondere che quelli contro cui combattono i francesi non sono soldati, bensì terroristi.
Non mancano momenti meno drammatici, che servono ad allentare la tensione e a far luce sul passato dei protagonisti, come la scena in cui Daru accompagna Mohamed, angosciato dall'idea di morire senza aver conosciuto una donna, in un bordello, ma nel complesso Loin des hommes acquista una forte valenza politica nel momento in cui pensiamo al colonialismo come a una delle cause storico-politiche della situazione attuale. Senza dare risposte al riguardo, David Oelhoffen vira verso una dimensione poetica e la sua opera acquisisce forma ciclica, concludendosi là dove tutto era iniziato, ma con la consapevolezza che per i protagonisti nulla sarà più come prima. Grande cinema epico e morale impreziosito dalla colonna sonora minimal ed evocativa firmata da Nick Cave e Warren Ellis.
Conclusioni
L'afflato epico di David Oelhoffen, la recitazione intensa del carismatico Viggo Mortensen e i paesaggi mozzafiato algerini impreziosiscono un elegante lungometraggio a sfondo storico che racconta le origini del conflitto franco-algerino trasponendo l'opera di Camus sul grande schermo.
Movieplayer.it
3.5/5