Recensione Little Glory (2011)

La tensione legata all'evolversi del rapporto tra i due protagonisti subisce qualche pausa di troppo, ma quando il regista sceglie la sintesi, lasciando spazio a poche e semplici parole, il racconto torna a riempirsi di quell'emozione che avevamo solo lontanamente percepito.

Mia sorella è figlia unica

Dopo il sorprendente Vampires, mockumentary su una 'normale' famiglia di vampiri, ripresi durante un reality show decisamente sui generis, il belga Vincent Lannoo si conferma cineasta di buon spessore, con uno sguardo sì attento al reale, ma pronto a lasciarsi coinvolgere dalle piccole sorprese della vita. Come l'improvvisa amicizia che può scoppiare tra un fratello e una sorella, legati da un vincolo di parentela che quasi mai è mai sinonimo di rapporto vero. Little Glory, presentato in concorso nella sezione Alice nella Città, è infatti l'intenso racconto di una 'fratellanza' scoperta dopo un lunghe traversie. Evidentemente attratto dalle dinamiche che si sviluppano all'interno di un nucleo familiare, il regista si insinua tra le pieghe della relazione tra Shawn, scapestrato diciannovenne perdigiorno, e la sorellina Julie, comprensibilmente scossa dalla morte del padre, un operaio alcolizzato, caduto da un ponteggio a causa di una sbronza.

Se il fratello maggiore, reso insensibile da una rabbia atroce nei confronti del genitore, 'cura' quel dolore fingendo che nulla sia mai avvenuto, neanche il precedente decesso della madre, che continua a tempestare di telefonate sul cellulare, la piccola deve fare i conti con l'assenza di due figure fondamentali, un vuoto che naturalmente provoca in lei la paura di rimanere per sempre da sola. Con le sue recriminazioni, il desiderio di essere (anche) accudita, Julie rappresenta un elemento di disturbo per Shawn, traviato dalle cattive compagnie e alla ricerca di un equilibrio sentimentale con la ragazza Jessica (la brava Hannah Murray di Skins e prossimamente in Games of Thrones - Il trono di spade). Tuttavia, l'assicurazione sulla vita stipulata dal padre in favore della figlia, spinge il ragazzo a voler chiedere la sua custodia, osteggiato solo dalla zia materna, una donna in grado di provvedere realmente a tutti i bisogni di Julie; la bambina però non ha solo bisogni, ma sente forte la necessità di avere al suo fianco una persona, pur piena di difetti, a cui volere bene spontaneamente.
Girato tra Regina e Moose Jaw, nella regione canadese del Saskatchewan, Little Glory fa sua quell'atmosfera inospitale che traspare dalle periferie di queste due città; una sensazione che si diffonde rapidamente in tutto il film, in cui sono davvero rari i momenti di calore ed empatia umana. Perfino di fronte alla morte del padre il protagonista si rifugia in una partita alla Playstation. Tra gli elementi più interessanti della pellicola possiamo sicuramente inserire la resa del personaggio principale, un ragazzo che non riesce a trovare il bandolo della matassa della sua esistenza, ritratto senza far ricorso a facili buonismi e soprattutto senza santificazioni finali. Nella sua discesa agli inferi, protetto da un muro difficilmente valicabile, il ragazzo, intepretato da Cameron Bright, trova riscatto solo nel rapporto con la sorellina, prima respinta, poi furbescamente avvicinata e infine accolta senza più titubanze; grazie ad una scelta reciproca, segno di un sincero affetto condiviso.
Quello che forse disturba nel film è l'eccessiva insistenza su certi lati oscuri di Shawn, un percorso senza soluzione di continuità che alla lunga può risultare fastidioso e non del tutto comprensibile. Ideale contraltare di questa figura dark, la piccola Julie, interpretata dall'esordiente Isabella Blake-Thomas, porta in sé la la luce dell'ottimismo, di chi sa che tendendo una mano troverà comunque qualcuno pronta ad accoglierla. Purtroppo la tensione legata all'evolversi del rapporto tra queste due persone subisce qualche pausa di troppo, con dettagli che alla lunga risultano noiosi e poco funzionali allo sviluppo narrativo; quando invece Lannoo sceglie la sintesi, lasciando spazio a poche e semplici parole, come nella bella scena finale in tribunale, e a immagini di vera tenerezza, allora il racconto torna a riempirsi di quell'emozione che avevamo solo lontanamente percepito.

Movieplayer.it

3.0/5