Recensione I due volti di gennaio (2014)

L'opera prima di Hossein Amini, interpretata da un trio di attori di grande talento e carisma, punta sul sicuro sfruttando le bellezze naturali della Grecia e il suo fascino millenario.

Segna il debutto alla regia del bravo sceneggiatore Hossein Amini questo I due volti di gennaio; un debutto atteso dagli addetti ai lavori per tante ragioni. Prima di tutto l'origine letteraria del film, che porta per la prima volta sul grande schermo uno dei romanzi più amati di Patricia Highsmith, ambientato nella solare ed esotica Grecia degli anni '60.

A immergersi in queste location da sogno sono tre attori di talento come Viggo Mortensen, Oscar Isaac e Kirsten Dunst ai quali vengono cuciti addosso tre personaggi, sulla carta, perfetti per loro; brillante nella scrittura, Amini deve forse trovare ancora pienamente la sua strada come regista, ma la sua opera prima è comunque un film rigoroso e gradevole.

Triangolo sotto il sole

Viggo Mortensen interpreta Chester McFarland, un ricco d'uomo affari - all'apparenza - sposato con la bella e frivola Colette, bionda dal sorriso irresistibile. Mentre sono in vacanza in Grecia in due si imbattono in Rydal, guida turistica americana che vive in zona da anni e rimane colpita da Chester perché il suo aspetto gli ricorda quello del padre. La sera stessa, in albergo, Chester uccide per caso un investigatore privato messo sulle sue tracce dagli strozzini che rivogliono indietro una forte somma di denaro. L'uomo, terrorizzato, decide di darsi alla fuga insieme alla moglie, ingnara di tutto, e a Rydal, capitato per caso in hotel dopo la colluttazione mortale. I tre intraprendono un viaggio attraverso la Grecia per raggiungere l'aeroporto e imbarcarsi negli USA, ma l'ambiguità dei loro comportamenti corroderà ben presto i legami.

Tragedia greca

Dopo un inizio promettente e ricco di tensione, I due volti di gennaio sembra farsi più prudente e lesinare rischi e sorprese per puntare invece sul sicuro sfruttando le bellezze naturali della Grecia e il suo fascino millenario. L'ambientazione retrò funziona come catalizzatore della vicenda amplificando le (poche) emozioni veicolate dai personaggi, i quali però mancano un po' di reale spessore. Tra i tre interpreti Oscar Isaac spicca per sensibilità e convinzione: la sua guida turistica, un approfittatore che vive di espedienti e sfrutta la sua posizione per sottrarre denaro agli ignari turisti, nel corso del film si rivela il personaggio più sfaccettato ed empatico. L'attore, in netta crescita film dopo film, se in un'opera riuscita come A proposito di Davis si dimostra superlativo, nel thriller di Hossein Amini porta a casa il lavoro rubando ripetutamente la scena al veterano Viggo Mortensen. Kirsten Dunst fa il minimo sindacale. D'altronde il suo ruolo, quello della mogliettina giovane e comprensiva che si affida totalmente al maturo marito ignorando i suoi loschi affari, non richiede particolari picchi. La star de Il signore degli Anelli, invece, fatica di più a entrare in totale sintonia con i lati oscuri del proprio personaggio, protagonista di scoppi di violenza sempre più intensi e improvvisi: la sua rimane un'interpretazione più esteriore e superficiale, nonostante il carisma inossidabile.

Il fascino dell'ambiguità

Le scelte di adattamento ed estetiche di Hossein Amini limano in parte la tensione e l'ambiguità tipici dello stile di Patricia Highsmith. La trama gialla è talmente lineare da non nascondere quasi niente: il legame ambiguo e insinuante tra Chester e Rydal viene risolto in pochi scambi di sguardi e in qualche scontro 'maschio' mentre dovrebbe essere il principale film rouge tra gli eventi mostrati. La stessa cosa si può dire del triangolo sentimentale, solo suggerito, che potrebbe dare spunto a un'evoluzione del racconto, ma che in realtà si consuma rapidamente. Si pensi alla scena del risveglio di Viggo, da solo in camera dopo una notte insonne, e della sua frenetica ricerca della moglie per le strade della cittadina greca in festa. La sua rabbia e la sua gelosia si risolvono brevemente e sommariamente questo caratterizza un po' tutte le scene chiave del film. I momenti di crisi vengono gestiti in fretta, come se il regista provasse il desiderio di liberarsi al più presto della patata bollente di turno per arrivare rapidamente al finale.

Conclusioni

Un thriller dal passo frenetico; questo passo così incessante, però, va a discapito dell'approfondimento delle dinamiche morali e di quella ambiguità che è uno dei marchi di fabbrica della narrativa della Highsmith.

Movieplayer.it

3.0/5