Il veleno del dragone
Cina, 2012. Ming, trafficante di droga internazionale, si schianta con la sua auto contro un negozio, dopo l'esplosione di una capsula piena di cocaina che l'uomo portava nel suo corpo, parte di un carico che doveva essere consegnato presso un grosso acquirente. Portato al commissariato di polizia, Ming viene a sapere che la sua fabbrica di droga è stata distrutta in un'esplosione accidentale, e che nell'esplosione sono morti sua moglie e i suoi due fratelli. Con la prospettiva di essere incriminato per traffico di stupefacenti, e di essere così condannato a morte, Ming offre alla polizia la sua collaborazione: l'uomo dovrà tradire tutti i suoi compagni, e condurre gli agenti sul luogo del prossimo scambio. Il funzionario di polizia Lei decide di accettare l'offerta del criminale, e prepara una rischiosa operazione sotto copertura, che punta al cuore della banda...
L'atteso ritorno al noir di Johnny To, dopo una serie di episodi "alimentari" e l'atipico, ma apprezzabile, dramma finanziario Life without Principle, segna anche l'approdo del regista di Hong Kong nella Cina continentale: Drug War è infatti il primo film di To girato interamente in terra cinese, ed è inoltre la prima pellicola prodotta nella Cina mainland che affronta il tema del traffico di droga. Stupisce, quindi (ed è uno stupore positivo) che da un progetto che sulla carta si presentava come molto rischioso (data la necessità di passare per le maglie di una censura tuttora insidiosissima) sia fuoriuscito il miglior film dell'ultimo periodo di To: un prodotto in cui finalmente, alla consueta perfezione stilistica si affianca il cinismo, l'anima nera, il profondo pessimismo che ha sempre caratterizzato il suo miglior cinema.
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Nelle dichiarazioni che hanno accompagnato la presentazione del film al Festival di Roma, To e Wai Ka-Fai (anche qui sceneggiatore e co-ideatore del progetto) hanno posto l'accento su un carattere quasi pedagocico del film, sull'importanza del lavoro dei poliziotti che combattono il traffico di droga, sull'immoralità e il costo in termini di vite umane dell'azione dei trafficanti. Contraddizioni di chi ha dovuto, inevitabilmente, giocare sul doppio tavolo del perseguimento dei propri scopi artistici e dell'attenzione a non irritare una censura con cui tuttora è necessario fare i conti: un'attenzione che evidentemente deve proseguire anche nelle dichiarazioni ufficiali, con la necessità di presentare il film sotto una luce che non collida con l'idea che le autorità hanno del cinema (e della sua funzione). Resta il fatto che, ancora una volta, ciò che il film dice con le sue immagini vale più di qualsiasi dichiarazione, più o meno di circostanza, dei suoi autori: Drug War è un action movie (magistralmente diretto) che emana pessimismo da ogni sua inquadratura, in cui i confini tra bene e male sono più che mai sfumati, in cui il dramma della guerra alla droga si trasforma in una partita a scacchi in cui il doppio e il triplo gioco sono all'ordine del giorno.
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Movieplayer.it
4.0/5