Quarantenni disoccupati, spesso con un matrimonio fallito alle spalle, figli da mantenere e costretti a fare ritorno al nido materno con una vita da rimettere in piedi e un'identità da riconquistare. Li hanno definiti "generazione boomerang", un fenomeno che oggi investe soprattutto i paesi del Sud Europa a partire dalla Francia dove ha coinvolto fino ad oggi almeno quattrocentomila adulti, l'esatto opposto della "generazione Tanguy", quelli che invece dal focolare domestico proprio non hanno voglia di separarsi.
A raccontarcela è Eric Lavaine con Torno da mia madre che affida i toni della narrazione alla compostezza della commedia francese e ancora una volta come nel precedente Barbecue, in cui i protagonisti sono un gruppo di amici, ad interessarlo sono le relazioni tra i personaggi, ma qui il campo di battaglia per la resa dei conti è il tradizionale nucleo familiare.
Comiche convivenze
Elemento catalizzatore di duelli, schermaglie e rivelazioni catastrofiche è Stephanie (Alexandra Lamy) 40 anni, architetta, donna di successo, che dopo il divorzio e all'improvviso senza lavoro si ritrova a dover tornare a vivere dalla madre Jacqueline (Josiane Balasko), eccentrica signora che riempie le proprie giornate ascoltando Francis Cabrel e giocando a Scarabeo. Una convivenza che presto la metterà a dura prova tra caffè solubili, l'ingombrante presenza di un gatto, spazi da ridefinire, colazioni da 'programmare' secondo precisi rituali e una casa troppo calda per le sue abitudini, senza contare i bizzarri comportamenti della madre, piccole bugie che si riveleranno necessarie a Jacqueline per nascondere ai propri figli la sua rinata vita sessuale con un nuovo compagno.
La prima parte del film scorre così senza intoppi puntando sul registro comico interamente consegnato agli spumeggianti siparietti tra le due attrici: il duetto regala i momenti più riusciti del film, un mix di grazia e ironia che raggiunge l'apice in alcune scene non molto distanti dal reale quotidiano come quella in cui Stephanie insegna alla propria madre a usare una email. In scena Lamy e Balasko si rincorrono, si fanno da spalla a turno, dettano ritmi e tempi della messa in scena, strappano risate rivelando un'empatia di rara finezza, e non potrebbe essere diversamente se come ci confessa la stessa Lamy: "Veniamo dalla stessa scuola, abbiamo fatto entrambe molte commedie. Io e Josiane abbiamo lo stesso ritmo, andiamo veloci e insieme facevamo sempre delle proposte sul set". Chapeau.
Fratelli coltelli: verso il melo familiare
Peccato che il tono del film nella seconda parte viri bruscamente sul melò familiare senza una soluzione di continuità sacrificando la schiettezza delle premesse e abbandonando la dimensione realistica a favore di un regolamento di conti in quel microcosmo di piccole faide che a volte è la famiglia. Così davanti una tavola imbandita per il pranzo di Pasqua che riunirà tutti i fratelli, i conflitti irrisolti, le fragilità di madre e figli e i segreti taciuti per decenni dopo la morte del padre, genereranno un cortocircuito che condurrà dritti verso un happy ending catartico. Vanificando in parte lo sforzo di spregiudicato realismo tentato dalla scrittura durante la prima parte della storia.
Movieplayer.it
2.5/5