Uno chef di talento è come una rockstar, ossia creativo, imprevedibile e consumato dal desiderio di esibirsi. Ma, allo stesso modo, viene spesso costretto ad una ripetizione infinita dei suoi cavalli di battaglia. Perché, proprio come ricorda il fin troppo tradizionale ristoratore Dustin Hoffman, se vai a vedere i Rolling Stones e Mick Jagger non canta Satisfaction ti senti in qualche modo defraudato. Però, può anche accadere che il bisogno di accontentare le masse costringa l'artista, che si tratti di fornelli o chitarre elettriche non fa nessuna differenza, a mettere a tacere la voglia di sperimentare.
A quel punto solo due scelte possono essere possibili; accettare l'inevitabile condizionamento oppure abbandonare "l'impresario" tirannico e dichiarare la propria indipendenza. Questa è la situazione che si trova a fronteggiare Chef Carl Casper, protagonista di Chef - La ricetta perfetta, quando all'indomani di una recensione negativa di un famoso blogger, abbandona una cucina ormai troppo piccola per essere condivisa con la personalità dispotica del proprietario e si avventurara nel vorticoso mondo del cibo da strada.
Per lui la libertà ha la forma di uno sgangherato e abusato food truck in cui produrre dei piatti veri con cui richiamare alla memoria sapori e colori della tradizione cubana. Così, con l'amico Martin, interpretato da John Leguizamo, e Percy, il figlio di dieci anni, da inizio ad un viaggio che da Miami lo porterà a Los Angeles passando per il Texas e New Orleans. In questo modo il regista, sceneggiatore, produttore e interprete Jon Favreau, abbandonato il mondo di Iron Man, anche se non riesce a rinunciare ad una cameo di Robert Downey Jr., torna ad un film più intimo in cui la fragranza dei cibi e il colore delle salse hanno il merito di costruire un percorso culinario in cui dosare divertimento e leggerezza. Certo, in alcuni momenti dalle atmosfere famigliari, soprattutto quelli padre/figlio, Favreau aggiungo forse un po' troppo zucchero e miele, ma basta lo sfrigolio del bacon sulla piastra per ristabilire le giuste dosi.
Con salsa e sandwich cubani nasce il food road movie
Come si può ravvivare e rendere appetibile, mai come questa volta il termine è stato utilizzato con senso, una sceneggiatura dall'intreccio piuttosto prevedibile e già visto? Per Favreau la sfumatura ocra delle salse, il bianco latte del burro, la doratura dei panini, l'evaporazione dell'acqua sulla piastra bollente e una colonna sonora dalle chiare sonorità caraibiche hanno contribuito a costruire un elemento fondamentale come il ritmo. Perché a passo di salsa, e non parliamo in questo caso di quella alimentare, il regista ha costruito una coreografia musical culinaria che dal cuore latino della Little Havana di Miami lo ha condotto a bordo del suo food truck verso i giganteschi barbecue del Texas, fino a fondersi con il jazz di New Orleans e i suoi famosi bignè fritti ricoperti di zucchero in cui scoprire il sapore di un luogo avvolto nel mistero. Naturalmente si tratta di un trucco narrativo il cui scopo è dare una forma più dinamica all'eterna vicenda di un padre divorziato alla scoperta di un figlio troppo trascurato. Ma, nonostante l'inganno si percepisca e si sveli a tratti, il film riesce a stordire i sensi dello spettatore con la sostanza tangibile di un cibo che c'è e si vede, e con una musicalità nata per far danzare chiunque presti orecchio.
Nell'era del cinguettio
Non si dica che Fraveau presti poca attenzione ai cambiamenti del costume e della cosi detta cultura pop di cui tutti, più o meno, siamo vittime. Così, nella costruzione di questo ritorno alle origini, cinematograficamente parlando, fonde tra loro tre elementi essenziali dei tempi moderni. Stiamo parlando dell'ossessione televisiva di massa per programmi televisivi a base culinaria, dell'onnipresenza nelle nostre vite del social network, nello specifico Twitter, e del sempre valido uso di un cast a cinque stelle. Per questo motivo non sono certo casuali i riferimenti non proprio positivi a programmi alla Hell's Kitchen o l'introduzione di un critico enogastronomico dal nome evocativo Ramsey Michel. Allo stesso modo il regista mostra pregi e difetti di una società costantemente e ossessivamente connessa.
Così, nell'era della corsa al selfie, il social network può essere sia un palcoscenico indesiderato che un mezzo di moderna promozione con cui costruire il mito di un cuoco on the road. E per finire, come ciliegina sulla torta, non potevano mancare loro, le star del cinema internazionale che con risultati del tutto diversi hanno "prestato" il loro volto a questa avventura. Alcuni di loro, come Dustin Hoffman e Robert Downay jr , sono riusciti in poche scene a costruire il senso della loro apparizione, mentre altri, come la direttrice di sala Scarlett Johansson sono ancora alla ricerca di un significato. Diverso è il caso di Sofía Vergara, forse un po' troppo idealizzata nelle vesti di un'ex moglie dall'animo generoso, e di John Leguizamo, compagni di viaggio e di piastra quasi a tempo pieno. Naturalmente, come è sempre scontato in questi casi, l'happy end è dietro l'angolo ma, per una volta, ci piace credere che la vita possa concludersi veramente così, tra cibo evocativo e salsa cubana.
Conclusione
Jon Favreau, dopo i suoi trascorsi nel mondo dei supereroi, ha deciso di proporre una ricetta cinematografica. Così, per ottenere sapore e armonia, ha miscelato l'inebriante colore del cibo con il ritmo della musica cubana. Il tutto, poi, è stato arricchito da un pizzico di amore paterno, mentre l'avventura on the road ha aggiunto un retrogusto più ruvido. Il risultato finale, probabilmente, non ha un sapore particolarmente innovativo, ma è capace di rinfrescare e alleggerire una lunga estate, ahimè, non poi così calda.
Movieplayer.it
3.0/5