Recensione A Royal Weekend (2012)

Impeccabile il lavoro su scenografie e fotografia che permette la ricostruzione dettagliata di uno spaccato di storia.

A spasso con Daisy

Ironia della sorte, la ridente cittadina americana sita nello stato di New York in cui si tenne la storica visita dei reali inglesi al Presidente Franklin Delano Roosevelt si chiamava Hyde Park, proprio come il celebre parco londinese. Una suggestione su cui il drammaturgo Richard Nelson ha costruito il suo radiodramma, poi divenuto film grazie all'intervento del regista Roger Michell. Hyde Park, sita nei pressi del fiume Hudson, era la città natale di Roosevelt e nel 1939 il Presidente scelse di accogliere proprio qui il re balbuziente Giorgio VI e la moglie, la futura queen mommy, giunti controvoglia in visita ufficiale per chiedere il sostegno degli Stati Uniti nella guerra che sarebbe scoppiata a breve. Alle vicende pubbliche si intrecciano quelle private visto che Roosevelt, sempre più restio a condividere il talamo nuziale con la volitiva Eleanor, aveva sviluppato una relazione speciale con una lontana cugina di nome Margaret Suckley, soprannominata Daisy, che volle al suo fianco anche in quella particolare occasione. Questi sono gli assunti storici da cui Nelson trae spunto senza preoccuparsi necessariamente della totale veridicità, ma romanzando personaggi e comportamenti per vivacizzare la narrazione.


A colpire in A Royal Weekend sono soprattutto le interpretazioni. Bill Murray non ha certo bisogno di dimostrare di essere un grande attore, ma stavolta, chiamato a recitare in un contesto completamente diverso dal guscio protettivo dei suoi registi di riferimento (Wes Anderson, Sofia e Roman Coppola), è obbligato a una trasformazione sul piano fisico che influenza necessariamente anche la sua recitazione. Roosevelt, per chi non lo sapesse, soffriva di una malattia invalidante che lo costrinse progressivamente su una sedia a rotelle. La maggior parte del tempo libero passato con Daisy lo trascorre, infatti, guidando un'auto speciale per le strade di campagna nella valle dell'Hudson e in un moto di orgoglio accoglie Re Giorgio seduto su una sedia per evitare di essere sorretto dagli assistenti. A questa debolezza fisica corrisponde un tono sardonico e a tratti sprezzante tipico di un uomo di potere, ma che non ci aiuta a dimenticare di avere fronte il mattatore Murray che sprizza carisma fagocitando il suo personaggio. Impeccabile come sempre Laura Linney nei panni dell'ingenua Daisy, tratteggiata come una sempliciotta povera e fiduciosa che sembra non rendersi bene conto della situazione e le cui motivazioni sono (almeno nella versione di Nelson e Michell) pure e disinteressate.

Di fronte a questa strana coppia ci risulta assai più vicina e comprensibile quella formata da Bertie (Samuel West) e dalla moglie Elizabeth (la straordinaria Olivia Colman). La parte di film più riuscita è quella che li vede in scena e il loro affiatamento rende palese il disagio della coppia reale, costretta per necessità ad abbassarsi a chiedere aiuto a un gruppo di borghesi, un tempo coloni dell'Inghilterra, che sembrano farsi beffe di loro e del loro rango. West e la Colman forniscono una lettura intelligente dei loro personaggi regalandoci i momenti più esilaranti del film. Indimenticabile la scena del picnic in cui il re d'Inghilterra, seppur riluttante, gusta gli hot dog per adeguarsi all'usanza locale e altrettanto gustoso è lo sguardo allibito dei due sposi mentre, scandalizzati, spiano dalla finestra i movimenti mattutini di Roosevelt e delle sue amanti. Impeccabile il lavoro su scenografie e fotografia che favorisce la ricostruzione dettagliata di uno spaccato di storia. Purtroppo non sempre alla dimensione visiva si affianca la necessaria profondità narrativa visto che del Presidente Roosevelt, una delle figure chiave del XX° secolo, traspare una visione parziale sbilanciata unicamente sul lato privato. Forse l'uomo del New Deal avrebbe meritato un approfondimento diverso da un gradevole divertissement.

Movieplayer.it

3.0/5