Il complesso di Elektra
Elektra è una trentenne ateniese con un diploma artistico e un pugno di sogni che stanno morendo di asfissia: i suoi genitori, intellettuali progressisti, le fanno pressioni perché trovi un impiego degno del suo talento invece di accontentarsi di fare la babysitter, e intanto la criticano crudelmente; l'uomo che ama preferisce il carcere in nome di un'idea al suo sincero affetto, e persino la causa, quella contro i colpevoli di una crisi che sta dissanguando ogni aspetto dell'esistenza in Grecia, sembra solo la pallida rappresentazione di quello che dovrebbe essere un energico movimento per la giustizia sociale.
Lo sguardo di Constantina Voulgaris, alla sua opera seconda, segue la sua eroina da vicino nell'arco delle sue giornate, nell'intimità della sua casa, nei momenti felici che trascorre con il bambino di cui si occupa, negli impegni politici e nelle occasioni sociali per raccontare un'infelicità personale che riflette la sofferenza di un'intera nazione.
A contribuire all'impronta realistica ci sono scelte come quella di cancellare i volti dei manifestanti in strada accanto ai quali Elektra cammina, quasi a suggerire un incursione nella non fiction e allo stesso tempo a sottolineare la scelta di individuare una persona nella folla e raccontare la sua storia. E poi ci sono le tappe del viaggio, un tema molto vicino alla cultura ellenica: il carcere, la casa dei genitori, quella del piccolo Petros, lo zoo, la spiaggia, la passeggiata con il cane, l'occupazione della radio, etc., ogni momento ci narra qualcosa di più di Elektra, della sua frustrazione, della sua ricchezza interiore e della sua solitudine.
Movieplayer.it
3.0/5