Inutile nascondercelo: nel vastissimo parco di personaggi che Sylvester Stallone ha interpretato nel corso della sua carriera, alcuni tra l'altro molto simili tra loro, ci sono due nomi, due vere e proprie icone che sono legate all'attore in maniera similare. Il primo, in ordine cronologico, è un pugile capace con la sua storia di emozionare e diventare un simbolo per un'intera generazione di "perdenti" (ben prima dei ragazzini di IT) e degno di vincere qualche Oscar sorprendente. Il secondo, invece, è un reduce del Vietnam che col passare degli anni - e dei film - si è fatto via via sempre più violento ed esageratamente sanguinolento. Stiamo parlando di Rambo, più che un nome, un vero e proprio carattere mitologico. Simbolo di un cinema action e di un soldato che ragiona e combatte con la forza di un intero esercito, il personaggio è l'altro grande successo di Sylvester Stallone che continua, nonostante i vari proclami di un ultimo definitivo film, a dargli volto e corpo (l'ultimo episodio dedicato a John Rambo è del 2019 con il violentissimo, esagerato e criticato Rambo: Last Blood). Nell'immaginario comune, Rambo è diventato un personaggio muscoloso, forte, intelligente, letale, tanto da dimenticare quel primissimo film del 1982 che ci presentava un John Rambo ben diverso da quanto poi si è dimostrato, meno violento e più in linea con la poetica vera e sincera di Stallone. Nel primo Rambo, in originale First Blood, la sconfitta e l'umanità del personaggio sono preponderanti, alla pari di quanto accaduto -seppur con le dovute differenze- con la creazione di Rocky Balboa (e in linea con il suo primo film da regista, Taverna Paradiso). Più che un eroe, Rambo è l'ennesimo perdente tanto che il finale del primo film porta con sé un significato molto amaro.
La calma prima della tempesta
Non è un caso che il film sia un diesel. All'inizio di Rambo, prestando attenzione alla musica e alle immagini che il regista Ted Kotcheff sceglie per iniziare la storia, non c'è nulla che possa lasciar presagire un film d'azione. Anzi, tutt'altro: uno stile di ripresa senza virtuosismi, ritmi dilatati, scene di una quotidianità tranquilla. Il nostro protagonista ci viene presentato mentre cammina lungo il sentiero di un bosco fino ad arrivare, sorridente, a una casa di un amico. Lì, però, la tragica realtà si scontra col suo ottimismo (e attenzione a questo fatalismo quasi divino che capovolgerà il personaggio): l'amico e compagno nell'esercito che era andato a trovare è morto qualche mese prima a causa di un tumore. Disorientato e rimasto il solo della sua compagnia in vita, il nostro continua a camminare senza meta lungo le strade del paesino di Hope (speranza) prima di essere notato dallo sceriffo Will Teasle che lo scambia per un vagabondo e lo costringe a lasciare il paese. Sapendo di essere vittima di un abuso, John Rambo sfida lo sceriffo e ritorna in paese. Una scelta che è anche metaforica e simboleggia la necessità di speranza del veterano di guerra, speranza che gli viene ostacolata proprio dal sistema americano: sono i tutori della legge che non permettono a John Rambo di ricominciare una vita nuova, simbolo del fallimento dell'America anche a livello burocratico oltre che bellico. Infatti, lo veniamo a scoprire più tardi, il ritorno a casa del soldato è stato accolto con sputi e disprezzo e lui stesso fatica a trovare un lavoro (nemmeno come parcheggiatore). La violenza subita in prigione fa scattare a John Rambo i ricordi delle torture in Vietnam e, a causa del disturbo di stress post-traumatico, la sua reazione sarà violenta.
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Come in guerra
Inizia così una fuga per Rambo che, immerso nella foresta appena fuori il paese, agirà come se fosse tornato nella giungla del Vietnam. Le forze dell'ordine e la Guardia Nazionale inizieranno a cercarlo, ma presto i ruoli si invertiranno: chi è la preda e chi il cacciatore? Rambo è un soldato letale, silenzioso (Stallone non pronuncerà che poche battute lungo il corso di tutto il film) e capace di adattarsi perfettamente nell'ambiente che lo circonda. Sono inutili tutti gli sforzi: la macchina da guerra perfetta avrà sempre la meglio. Un aspetto da sottolineare che si tende a dimenticare, vista poi l'evoluzione (o l'involuzione?) del personaggio nei sequel è che in questo primo capitolo John Rambo non uccide. Il suo obiettivo è quello di essere lasciato in pace, non di sterminare i suoi avversari e, incredibilmente, in questo primo film il numero di uccisioni è clamoroso: solo una, e pure in via indiretta. Il protagonista preferisce ferire in maniera non letale e prova, per gran parte del tempo, a spiegare le sue ragioni. Un personaggio totalmente diverso da quello che poi sarà nei capitoli seguenti. Giusto per fare un esempio, non è un caso che Rambo II - La vendetta, a differenza del primo, si apra con un'esplosione, presupponendo un tipo di film diverso, ma potremmo citare anche il quarto capitolo John Rambo che si conclude con una violentissima sparatoria fino ad arrivare all'ultimo tremendo episodio dove il nostro strappa il cuore dal petto di un messicano con una cattiveria veramente fuori dal personaggio. La differenza fondamentale, al di là della qualità dei singoli film e della saga in generale, è che se nei sequel è Rambo ad andare alla guerra, in questo primo episodio è la guerra che richiama Rambo. È l'America stessa, nel suo DNA, a cercare la violenza e John Rambo è il veterano che, controvoglia, è costretto a combattere.
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Il finale tra le lacrime
Arriva il momento in cui anche gli eroi tutti d'un pezzo crollano e mostrano la loro fragilità. Accade a John Rambo nel finale del film, quando con un lungo monologo (bellissimo e per niente scontato) si sfoga delle ingiustizie subite e scoppia in lacrime. La macchina bellica ritorna umana e fragile, mette in scena la fragilità e lancia una decisa accusa alla guerra in Vietnam e alla stessa America, colpevole di non prendersi cura dei propri cittadini che hanno rischiato la vita per il loro Paese. Di lì a poco, Rambo si arrenderà e verrà arrestato. L'ultima inquadratura richiama l'inizio del film: il protagonista, questa volta ammanettato, cammina sereno circondato dai poliziotti, si guarda indietro silenzioso, triste e abbattuto. È un finale che sposa la poetica dei migliori film di Sylvester Stallone, quella del perdente, vittima di qualcosa più grosso di lui, ma che in qualche modo riesce comunque a trovare un nuovo inizio, per quanto amaro. Ecco che i finali sia di Rocky (la sconfitta sul ring, ma l'amore di Adriana) che di Rambo (la sconfitta "esistenziale", ma la pace interiore) sembrano essere corpo di un percorso tematico coerente e non sorprende il fatto che proprio questi due personaggi siano diventati i più iconici e anche i più importanti per Sylvester Stallone. La storia nei sequel li ha un po' snaturati (più Rambo che Rocky, a dire il vero), ma a rivedere questo primo film ci rendiamo conto del perché anche un veterano di guerra come John Rambo sia riuscito ad entrare nel cuore di una larga fetta di pubblico.