Come nasce un'icona? Una figura riconoscibile, qualcuno in grado di valicare i confini della semplice popolarità per diventare il simbolo di una presa di coscienza, l'incarnazione di un'esigenza o, semplicemente, una fonte d'ispirazione. Raffaella Carrà era tutto questo: donna dalle mille sfaccettature, personaggio complesso, costantemente in bilico tra la sfavillante vita pubblica e un riservatissimo privato, tra l'umana Pelloni e la semidivina Carrà. Tutto questo è raccontato nell'esaustivo Raffa, documentario di Daniele Lucchetti, dal 27 dicembre 2023 disponibile in tre episodi sulla piattaforma streaming Disney+: un lungo excursus di tre ore che ripercorre le vicende pubbliche ed intime di una professionista dello spettacolo che nella storia italiana non ha avuto eguali, una lunga carriera fatta di folgoranti successi, battute di arresto, sacrifici, tenacia, studio, intraprendenza e rigore.
Del documentario trovate già la recensione sul nostro sito, ma in questo articolo proveremo a spendere due parole esclusivamente sulla figura di Rafaella Carrà, indagando il perché del suo successo ma soprattutto i motivi che hanno fatto di lei un punto fermo non solo della comunità LGBTQIA+, che l'ha eletta a sua indiscutibile icona, ma anche per la comunità femminista, o comunque per tutti coloro che hanno sempre apprezzato la libertà spirituale e intellettuale di una figura che ha sempre dimostrato di saper dare il massimo senza preconcetti e spesso in controtendenza con il clima sociopolitico. Che cosa ci ha lasciato quindi, la Carrà? Quali barriere ha infranto affinché noi potessimo godere di una maggiore libertà di espressione?
Raffa: tutto è iniziato da un ombelico scoperto?
Se alla mente richiamiamo la figura di Raffaella Carrà, la prima immagine che spesso ci appare è lei che balla e canta in televisione, mostrando l'addome agli italiani sintonizzati davanti a Canzonissima. Ma è veramente iniziata lì la rivoluzione? Un singolo dettaglio anatomico mostrato in prima serata è diventato l'archetipo di un cambiamento che si stava facendo sempre più pressante; una nuova visione che stava portando le donne ad assumere una nuova figura professionale: quella della conduttrice, una showgirl, una donna di spettacolo non solo in grado di dirigere uno show, ma allo stesso tempo di proporre un intrattenimento basato sul riconoscimento delle sue reali capacità e competenze. Capacità che andavano ben oltre alle consuete figure di contorno che affiancavano i più o meno rigorosi uomini in giacca e cravatta pronti a fissare, con postura sicura e spavaldamente ammiccanti, la telecamera.
Ritorniamo però per un attimo al tanto temuto ombelico che fece scandalizzare dirigenti Rai, benpensanti e Vaticano. Era il 1970, tra le ragazze spopolavano le minigonne e d'estate i costumi si facevano sempre più succinti: pezzo dopo pezzo le donne si riappropriavano della gestione del loro corpo, della decisone di mostrare o celare a loro piacimento, anche se pur sempre minacciate dal ricatto dello scandalo. Dunque, Rafaella Carrà porta questo cambiamento anche alla televisione di stato, mostra a tutti che il cambiamento è in atto, abbattendo un baluardo importante e sfidando, forse consapevolmente, forse involontariamente, un ambiente ancora conservatore.
Non si salvò dalle critiche nemmeno l'allora celeberrimo Tuca Tuca, ballo in cui ci si toccava un bel po' e che per avere l'approvazione dei vertici necessitò prima di una revisione per renderlo un po' meno "invasivo", e poi dell'intervento di un giocoso Alberto Sordi, figura amatissima e rispettata dal pubblico. Se ancora una volta si ricorreva alla credibilità di un uomo per avallare qualcosa di nuovo e potenzialmente problematico, grazie a Raffaella Carrà e al suo entourage è stato scritto un pezzo importantissimo dell'evoluzione della televisione italiana, con un po' di testardaggine ed una dose consapevole di coraggio.
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Icona LGBTQIA+? Certo!
Quella tra Raffaella Carrà e la comunità LGBTQIA+ è una lunga storia d'amore: la showgirl si è sempre dimostrata donna libera, che non ha mai smesso di cantare la stessa libertà, ha trovato genuino e naturale apprezzamento in una comunità che si batte per il riconoscimento di diritti fondamentali ancora oggi troppo spesso negati. Nel 1978, Raffa cantava Luca, brano scritto da Gianni Boncompagni, che oltre ad avere un ritornello incredibilmente orecchiabile, raccontavo quello che era ancora un gigantesco tabù. "Un pomeriggio dalla mia finestra lo vidi insieme ad un ragazzo biondo [...] Luca, Luca, Luca, cosa ti è successo? Con chi sei adesso? Non si saprà mai!"
Una canzone sfacciatamente allegra e pop, qualcosa che tutti potevano cantare e che, con giocosa naturalezza, portava alla luce una situazione tutt'altro che inusuale ma che veniva ancora additata con il marchio della vergogna. A Vanity Fair ha confessato di non riuscire a capire il perché del suo forte riscontro nella comunità gay, ma tra auguri per il decennale del Gay Village di Roma e il premio come icona gay mondiale al Pride di Madrid non riusciamo a non pensare a tutto questo come ad un amore corrisposto verso una figura che tanto si è prodigata nell'affermare il diritto all'autodeterminazione, nonché la libertà di espressione artistica e sentimentale.
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Non solo provocazione
Sarebbe assurdo però pensare che lo stato d'icona che è riconosciuto a Raffaella Carrà sia solo frutto di tutti quei passi, più o meno eclatanti, che possono essere visti come una provocazione verso una società retrograda. L'arma vincente di questa incredibile professionista è stata proprio quella di saper cambiare, di mettersi in gioco, di non smettere mai di comprendere e ascoltare il proprio pubblico. Dopo anni trascorsi tra estenuanti tournéè in giro per il mondo e show di successo in Spagna e in Italia - che facevano grandi numeri in prima serata -, la leggenda della Carrà fa un altro passo verso i suoi spettatori presentandosi in una veste tutta nuova, sicuramente meno estrosa, ma dove ha la possibilità di mostrare più che mai le sue doti di conduttrice in una fascia oraria ancora poco battuta e poco considerata: quella dell'ora di pranzo.
Pronto, Raffaella? infatti andava in onda dalle 12:15 alle 14:20, e finalmente metteva in contatto la conduttrice direttamente con il (suo) pubblico. Tra ospiti in studio (storico il momento dell'intervista a Madre Teresa di Calcutta), telefonate e momenti musicali, Raffa dimostrava un gran controllo della situazione e allo stesso tempo un'empatia senza pari con le tantissime persone che cercavano di mettersi in contatto con lei intasando i centralini Rai. Perché alla fine è stato forse propio questo il motivo del suo successo: il non rimanere mai ferma, il cambiare col cambiare dell'audience, l'intelligenza e il coraggio di rimanere se stessa assecondando prima di tutto la sua vena artistica e in tal modo plasmando una nuova televisione, un nuovo modo di fare spettacolo che coniugasse professionalità e spontaneità, creatività e meticolosa preparazione.