Se sei figlio d'arte, soprattutto di mostri sacri che hanno fatto la storia del cinema, misurarti con la loro pesante eredità può diventare quasi controproducente. A meno che non decidi di riscrivere le regole del gioco seguendo la prima regola di ogni storyteller: "Scrivi di ciò che conosci". È questo che deve aver pensato Tina Romero la figlia di George A. Romero - colui che ha portato il genere degli zombie movie al massimo livello - quando ha deciso di realizzare Queens of the Dead, presentato alla Festa del Cinema di Roma.

La regista, dopo aver lavorato a svariate pellicole del padre e dopo aver debuttato qualche anno fa con un corto, con coraggio e consapevolezza fa il suo spavaldo ingresso nel mondo dei lungometraggi. Abbraccia il cinema di genere e lo attualizza ai giorni nostri, per tematiche e messa in scena, ma senza dimenticare di omaggiare il passato.
Queens of the Dead: le regine degli zombie sono qui, e sono drag
La prima - già indimenticabile - sequenza detta subito il tono del film: spregiudicato, sboccato, glamour. Una drag queen entra in una Chiesa per incontrare il suo match di un'app di incontri, che fa il chierichetto. Avrà una brutta sorpresa. Si passa quindi alla serata drag organizzata in un locale, lo Yum, dove la star principale sta dando forfait e tutto sembra andare storto.
Quello che l'organizzatrice Dre non sa ancora è che l'ostacolo più grande ed imprevedibile di tutti deve ancora arrivare: un'invasione zombie. A quel punto il caos regnerà sovrano, tutti diventeranno drama queen e il mondo sembrerà perduto. Eppure saranno proprio le drag a prendere in mano la situazione. Proprio mentre ognuno dei personaggi, pieni di conflitti irrisolti, sta cercando di combattere le proprie insicurezze e i propri demoni interiori.
Un film e un cast sopra le righe, come la fine del mondo

I protagonisti si muovono dentro una New York circoscritta, fatta di luci al neon che sembrano usciti da un videoclip, e locali al massimo dell'espressione queer. Diventando eroi per caso, eroi per sbaglio, che non si fermeranno di certo per qualche drag zombie sulla loro strada. Ci sono vari omaggi al cinema di George A. Romero ma tutto diventa autoironico, quasi camp, a tratti demenziale, senza mai dimenticare il cuore al fondo del racconto.
La regista utilizza tanti volti conosciuti soprattutto dalla serialità - Katy O'Brian di Z Nation, Jack Haven (ex Brigette Lundy-Paine) di Atypical, Jaquel Spivey del nuovo Mean Girls, Nina West di Ru Paul, Eve Lindley di Dispatches from Elsewhere, Cheyenne Jackson di American Horror Story, Riki Lindhome di Another Period, Dominique Jackson di Pose, Shaunette René Wilson di The Resident, Margaret Cho di Drop Dead Diva.

I personaggi combattono a colpi di tacchi altissimi, dildo, ciglia e unghie finte: tutto è esagerato perché dev'essere espressione di un gruppo eterogeneo che continua a cambiare, e a cui il resto del mondo fatica a stare dietro. La pellicola gioca abilmente con le ironie del nostro tempo - tra l'uso dei pronomi e la non binarietà - con l'identità di genere come perfetto specchio della mostruosità zombie. I protagonisti si sentono dei freaks, incompresi e "pericolosi" per lo status quo della società. La regia è pienamente consapevole: sa quando citare la storia del cinema e quando allontanarsene, costruendo dei momenti che sembrano quasi delle coreografie, mescolando abilmente musical e action.
Una chiave di lettura aggiornata per Tina Romero
Tina Romero, che fa fieramente parte della comunità LGBTQIA+, celebra l'identità queer e il mondo drag, che ha delle specifiche regole e codifiche, provando a spiegare cosa significhi travestirsi per i nostri indomiti protagonisti.

Queens of the Dead riesce ad aggiornare la critica sociale che era alla base dei capolavori del padre, e di ciò che è venuto dopo come The Walking Dead. Non solo la bruttura dell'animo umano ma ora anche la dipendenza dai social media, come simbolo della falsità delle apparenze, creando un personaggio social diverso dal nostro vero Io; e dipendenza dagli schermi , di qualsiasi dimensione siano. Sarà proprio lo stratagemma di una diretta TikTok a distrarre le creature non-morte, mentre un dilemma (che è una metafora) serpeggerà tra i sopravvissuti: sono zombi perché sono attaccati agli smartphone o viceversa?
Conclusioni
Queens of the Dead è colorato, eccessivo, sboccato, al neon. Omaggia il passato senza tradirlo e senza dimenticare il presente. Tina Romero prende bene l'eredità del padre per farne qualcos'altro, aggiornarla e adattarla ai giorni nostri, mantenendo sempre viva la satira sociale; sfiorando il camp e l'autoironico ma mai dimenticando il cuore del racconto e dei personaggi. La regista chiama a raccolta tante personalità seriali e cinematografiche rappresentanti del mondo queer, provando a spiegare il concetto di "drag" e mettendolo in parallelo alla mostruosità zombie e alla dipendenza dagli smartphone.
Perché ci piace
- L'assunto di base: un'apocalisse zombie nel mondo drag e queer.
- Il suo essere esplicito e senza peli sulla lingua.
- Parlare di identità di genere, dipendenza dalla tecnologia, mostruosità in parallelo agli zombie.
- I personaggi sopra le righe...
Cosa non va
- ...forse troppo per qualcuno.
- Non sappiamo se possa avere un pubblico qui da noi, anche se potrebbe sorprenderci.