Quando la vita è un musical
Per il suo secondo lavoro da regista, nonché il primo da sceneggiatore, Kevin Spacey decide di portare sullo schermo la vita di Bobby Darin, famoso cantante americane degli anni '50 e '60 che più volte fece capolino anche nel mondo del cinema.
E bisogna ammettere che in una stagione in cui non sono mancante certo pellicole biografiche (ci riferiamo ovviamente a Ray e The Aviator, ma anche del prossimo Kinsey) questo Beyond the Sea è senza dubbio il più bizzarro visto che decide dichiaratamente di mescolare realtà e fantasia, canzoni e balletti, sentimenti e pura (auto)celebrazione. Ma è appunto vero che il coraggio non sempre garantisce qualità ed il film di Spacey non fa che confermare questo concetto, visto che la pellicola ha ben pochi pregi ma soprattutto è assolutamente discontinua, poiché alterna immagini e scene poco originali ma guardabili a trovate forse più rischiose ma davvero poco (in alcuni casi molto poco) riuscite.
L'errore di Spacey è fondamentalmente quello di strafare: recitare e portare sullo schermo (anche qui con qualità discontinua ma perlomeno con alcuni picchi piuttosto alti) uno dei personaggi da lui più amati non sembra bastargli, ma sceglie di cantare (egregiamente, c'è da dirlo) e perfino ballare (malamente) sempre, mentre dirige il nutrito cast e porta avanti l'intero progetto.
Ma essere un grandissimo attore non significa poter portare sulle proprie spalle il peso di un'intera produzione, e soprattutto per realizzare un musical, sebbene non del tutto convenzionale, non basta fare qualche piroetta o chiedere ad un gruppo di ballerini di imitare i propri passi. Spacey mai come in questo film è vittima del proprio narcisismo e sembra essere talmente innamorato delle proprie idee, oltre che del personaggio che vorrebbe rappresentare, che non riesce a vedere quanto a volte queste siano non solo ridicole ma controproducenti all'interno della sceneggiatura stessa.
Anche alla regia, l'attore sembra non saper bene cosa vuole ottenere e il risultato sono alcune scene assolutamente approssimative, mentre quelle ai nightclub - in cui dà il massimo come interpretazione - sono sicuramente godibili ma molto convenzionali. Anche gli altri attori non sempre brillano: se Bob Hoskins è bravo e la Sandra Dee interpretata da Kate Bosworth è a tratti deliziosa, tanti altri come John Goodman sono poco incisivi, senza parlare poi del ragazzino che interpreta Darin da giovane (molto giovane, perché già da quando ha venti anni è lo stesso Spacey a interpretarlo, altra scelta non proprio azzeccatissima) che sicuramente non ci ha fatto una grande impressione.
Quello che rimane è un film profondamente imperfetto, che emoziona poco e quando lo fa è in gran parte merito delle belle canzoni di Darin, ma soprattutto una grande occasione sprecata per Kevin Spacey: se veramente il suo interesse per questa biografia era così forte poteva forse tentare di mettersi un po' in disparte e cercare di far trapelare maggiormente l'uomo dietro alla storia; la sensazione è invece quella che abbia voluto strafare per dimostrare la propria versatilità e bravura, ma il risultato, come già detto, è molto diverso da quello desiderato.
Movieplayer.it
2.0/5