Quando l'apparenza proprio non basta
L'amore di una donna può essere talmente forte da far impazzire persino una regina. Un messaggio indubbiamente accattivante, quello lanciato dal film di Vincent Aranda, che narra la tormentata vicenda di Giovanna di Castiglia, costretta a sposarsi giovanissima con il celeberrimo re francese Filippo I d'Asburgo.
Contro ogni aspettativa, però, Giovanna la Pazza risulta ammirevole unicamente da un punto di vista per così dire estetico: personaggi già di per sé affascinanti, assumono in questa pellicola le irraggiungibili sembianze di attraenti quanto famosi interpreti del mondo dello spettacolo, come il seducente Daniele Liotti e la desideratissima Manuela Arcuri. Il primo veste i maestosi panni del sopracitato re di Francia Filippo il Bello (e mai il detto "bello di nome e di fatto" fu tanto appropriato!), amante delle gioie della vita - soprattutto quelle che si nascondono fra le candide pieghe delle lenzuola!- rimane assolutamente estasiato dalla provocante sensualità di una mora danzatrice del ventre, che non esita a ricorrere ad ogni sorta di sortilegi e stregonerie pur di diventare la sua amante. Quest'ultimo personaggio, non privo di grande fascino e per giunta niente affatto difficile da interpretare, ha la sola sfortuna di avere il cervello della bellissima showgirl romana, che proprio non riesce ad approdare ad un livello di recitazione soddisfacente.
Dopo averla ammirata in Giovanna la Pazza, allo spettatore non resta altro che rimpiangere i bei tempi in cui questa ragazza dalle evidenti qualità estetiche, osava, sì, ma in un ambito del mondo dello spettacolo che le si addiceva sicuramente di più (leggi: i calendari!).
Stesso dicasi per Daniele Liotti, grandioso nelle scene di nudo e altrettanto gagliardo in quelle d'amore: neanche lui, sebbene si difenda evidentemente meglio dell'avvenente Manuela, riesce a strappare un benché minimo applauso al suo pubblico. Certo è che se si fosse trattato di un film muto, la scelta del casting sarebbe risultata innegabilmente trionfante: entrambi i sopracitati attori(?) si sarebbero aggiudicati senza ombra di dubbio parecchi premi, limitandosi semplicemente a sfoggiare la loro invidiabile bellezza.
Suscitando una delusione senza precedenti, finisce per affiancarsi ai suoi inesperti giovani colleghi persino Giuliano Gemma, grande attore che stavolta viene relegato al ruolo, per lui decisamente troppo stretto, del consigliere di Filippo il Bello.
Di gran lunga più apprezzabile la professionalità della spagnola Pilar Lopez de Ayala, vera (ed unica!) protagonista del film, che tenta faticosamente di trasmettere almeno un briciolo di emozione ai suoi spettatori, ormai delusi ed annoiati. Sì, persino annoiati: questo film - che di storico ha soltanto la pretesa - risulta lento e niente affatto coinvolgente.
Il regista crede forse di divertire il suo pubblico inserendo con una frequenza ossessionante innumerevoli scene spinte, convogliando così l'interesse storico (basilare in un film come questo, eppure anch'esso, ribadisco, assolutamente deludente) tutto fra le gambe reali. O forse Aranda si adegua soltanto alla "moda", alla tendenza che via via si va sempre più diffondendo: sbattere sullo schermo un bel corpo, magari nudo, per fare audience, per sbancare il botteghino. Ma stavolta il fine non giustifica i mezzi: il risultato è un vero e proprio flop, lo sdegno dello spettatore che tutt'al più rimane folgorato dal fascino degli interpreti; ma certo non del film. Un film, quindi, che si fa inno alla bellezza quanto all'incompetenza artistica, che lascia nella bocca dei suoi scoraggiati spettatori italiani il sapore amaro di una doverosa considerazione quanto mai deprimente: il cinema non è "cosa nostra".