Ci sono film che non si possono dimenticare, che rimangono impressi nella memoria impressi a fuco e dolore; Put Your Soul on Your Hand and Walk è uno di questi: un documentario genuino e autentico che racconta con un'efficacia disarmante la tragica condizione della Striscia di Gaza. Sepideh Farsi, regista iraniana, costruisce un lungometraggio tanto semplice quanto intrinsecamente crudo: decisa a raccontare e comprendere meglio la situazione Palestnese, nel 2024 si reca al confine tra Egitto e Palestina senza però riuscire ad entrare nel paese in guerra.
Ottiene però il contatto di Fatma Hasson, giovane fotoreporter bloccata a Gaza che, attraverso i suoi scatti, sta immortalando gli aspetti più veri e dolorosi della vita di un popolo sotto assedio. Attraverso le videochiamate tra le due donne vediamo il nascere e consolidarsi della loro amicizia, sentiamo da una voce autentica e autorevole quella che è l'agghiacciante situazione nella Striscia martoriata dalla pressante campagna militare israeliana.
L'urgenza di raccontare Gaza
Put Your Soul on Your Hand and Walk è un documentario straziante che descrive la vita tra le macerie, la disperata voglia di normalità e, allo stesso tempo, l'urgenza di raccontare al mondo ciò che sta accadendo. Quella che però doveva essere una testimonianza in prima persona è diventato un racconto postumo, un memoriale al lavoro e alla vita di Fatma Hassan che, il giorno dopo l'annuncio della premiere del film a Cannes, rimane uccisa insieme ai suoi parenti il 16 aprile 2024 durante un raid aereo israeliano.
La potenza dell'opera risiede però proprio nel racconto e nell'inquadrare alla perfezione una situazione insostenibile perché, come ci dice Sephide Farsi è in corso la disumanizzazione di un popolo, processo che passa anche attraverso la disparità dei rapporti di potere e degli scambi: "Un ostaggio israeliano viene scambiato con centinaia, a volte più di cento, prigionieri palestinesi. Questo dimostra la disparità, lo squilibrio e il modo in cui la disumanizzazione dei palestinesi è stata operata dalla propaganda, resa possibile da Israele. Non è solo questo governo, credo che sia iniziata molto tempo fa e ne vediamo ora le conseguenze."
La regista continua poi sottolineando il ruolo dei media in tutto questo: "I media sono assenti, non si preoccupano dei palestinesi, non si chiedono come stanno. Quindi ad un certo punto ho deciso di avvicinarmi per vedere con i miei occhi cosa stava succedendo, è questo che faccio con il mio cinema."
L'importanza dell'informazione
L'esperienza di Fatma, quindi si intreccia con quella della filmmaker iraniana che sente, in parte, che il loro vissuto possa avere dei punti in comune. Sepideh Farsi, infatti, vive da esule a Parigi dopo un periodo di prigionia nelle carceri iraniane:"So cosa significa, prima di tutto essere bloccata fuori e dentro il tuo paese. Sono stata incarcerata quando avevo 16 anni. Sono stata attaccata e la mia macchina fotografica si è rotta solo perché stavo scattando foto per strada, quindi so cosa significa essere in pericolo, correre rischi per scattare foto, anche se non è paragonabile all'esperienza di Fatma. Non sono mai stata sotto le bombe come lei e non ho perso nessuno dei miei familiari, ma una ragazza che era un'amica che stavo proteggendo è stata arrestata con me ed è stata uccisa dal regime iraniano, quindi conosco tutti questi sentimenti di perdita."
La libera informazione è infatti la chiave, perché le parole e le immagini possono far tremare i regimi, possono svegliare coscienze, ridare umanità ad un mondo perso nel quale giornalisti, fotoreporter e registi sono spesso in prima linea: "Ho visto che dai media, molte volte, i giornalisti palestinesi uccisi vengono definiti pro-Hamas e non capisco perché. Stanno facendo il loro lavoro e devono essere protetti. Anche in questo caso, la protagonista di un film selezionato a Cannes è stata uccisa il giorno dopo l'annuncio e questo avrebbe dovuto influire sullo svolgimento del festival. Sono queste le cose che dobbiamo correggere per vivere in un mondo veramente democratico e pacifico."