Il tempo non è una linea retta, ma una spirale. Vogliamo iniziare da qui la nostra recensione di Promises, un film dove è difficile distinguere un vero e proprio punto di partenza narrativo. Il vero fattore interessante di quest'opera diretta da Amanda Sthers, autrice anche del romanzo originale da cui è tratta, è la modalità con cui si sviluppa il racconto. La trama procede per salti temporali, ricordi, parentesi, sguardi nel futuro e nuovi punti di vista. Quasi fosse un flusso di coscienza di una persona, il protagonista interpretato da Pierfrancesco Favino, che non trova pace, vittima delle proprie scelte e del proprio tormento. Il risultato è un film che inizialmente affascina molto, per poi trascinarsi (e trascinarci) sempre di più in un abisso di sofferenza e rimpianti che non trovano una forza sincera.
Tempo d'amore
Protagonista della vicenda è Sandro, un padre di famiglia che sembra condurre una vita felice con moglie e figlia. Fa il commerciante di libri, un lavoro che lo impegna quanto basta, proseguendo una tradizione iniziata col nonno italiano, interpretato da Jean Reno. La sua vita cambia repentinamente quando, durante una festa in casa di amici, conosce Laura (Kelly Reilly), una gallerista d'arte. Nonostante lei sia in procinto di sposarsi, tra Sandro e Laura nasce un'intesa reciproca molto forte, un vero e proprio amore sottaciuto, di grande passione interiore e mai completamente esplicitato. Perché entrambi non riescono a prendere decisioni e le scelte, nonché gli eventi, delle loro vite lasceranno che la storia d'amore prenda percorsi imprevedibili. Sarà l'occasione per Sandro di rivalutare alcune delle sue scelte precedenti, durante gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché offrire allo spettatore uno sguardo verso il futuro. La storia del film si sviluppa, quindi, attraverso il tempo e diverse epoche, tutte che raccontano di diversi amori e di rimpianti uguali.
Promises, Amanda Sthers: "Pierfrancesco Favino è un tesoro nazionale!"
Emozioni dei personaggi e degli spettatori
Il film procede evitando uno svolgimento lineare e prediligendo un continuo passaggio temporale che si lega attraverso momenti simili nella vita di Sandro. Ogni scena va a comporre un mosaico che, nello stesso tempo, descrive la personalità del protagonista e ne racconta il continuo tormento. Un tormento legato alla presenza ingombrante della morte nella sua vita e di scelte tardive che ne hanno limitato lo spettro affettivo. La stessa storia tra lui e Laura, a inizio film, viene presentata come una relazione finita. Sta allo spettatore mettere insieme i vari elementi, sempre più frammentati, alla ricerca di un'emozione che, col procedere della trama, fatica ad arrivare e colpire. Perché nonostante i personaggi siano incredibilmente infelici della loro vita, questo peso esistenziale non riesce ad essere trasmesso con la stessa intensità allo spettatore. La stessa storia si rappresenta, di conseguenza, in due modi opposti: se tutto appare coerente e concreto all'interno del mondo di finzione proiettato sullo schermo, lo stesso non accade nei confronti del pubblico. Da vittima di sé stesso e anima turbolenta, il protagonista si fa via via sempre più distante nei confronti di chi dovrebbe empatizzare per lui, lasciandolo immergersi in una tristezza che percepisce solo lui. In un racconto che sembra voler collegare cause e conseguenze dei comportamenti di una persona nel tempo come tessere di un domino, questa mancanza di emotività trasmissibile porta a far cadere uno ad uno gli elementi del film, lasciando, a conti fatti, solo tessere vuote, rovesciate sul pavimento.
Attori di una vita
In un film che vede nel trascorrere del tempo il suo motore principale, fa piacere notare come gli stessi attori, con l'ovvia eccezione delle sequenze ambientate nel passato, in cui sono bambini o adolescenti, si siano sottoposti a un riuscito make-up d'invecchiamento. La coppia principale del film, quella composta da Pierfrancesco Favino (che nella versione originale parla un perfetto inglese british) e Kelly Reilly, trova sin da subito un'ottima alchimia sullo schermo, riuscendo a lasciare che siano gli sguardi e i gesti, con naturalezza, a raccontare più di quanto possano fare le parole (contrastando un film che spesso indugia in dialoghi un po' troppo didascalici). Anche la coppia di migliori amici di Sandro, interpretati da Deepak Verna e Kris Marshall, funzionano perfettamente nel rappresentare un rapporto di fiducia che vince il trascorrere del tempo. E se gli attori adolescenti risultano convincenti (soprattutto in una scena in cui il twist è protagonista), lo stesso non si può dire di Jean Reno. Troppo relegato a una maschera solida e rocciosa, il suo Nonno Giuseppe rimane simile nel corso dei decenni, non invecchiando mai, non facendo percepire il tempo che scorre in una storia dove proprio il ticchettio dell'orologio e gli anni che passano costituiscono l'ossatura narrativa.
La via della spirale
Promises è un film che sembra audace, ma che ha paura di rimanere rinchiuso nella stessa spirale che vuole raccontare. La regia di Amanda Sthers è semplice e chiara, forse sin troppo. Al netto di alcune sequenze riuscite, in cui si costruisce una dimensione molto intima alla materia, il film cerca di non confondere mai, risultando meno misterioso e, di conseguenza, meno affascinante. Prevedibile quando dovrebbe sorprendere, conciso quando necessiterebbe di più tempo, troppo lungo quando dovrebbe arrivare alla conclusione. Segue così tanto il protagonista attraverso le diverse fasi della sua vita che alla lunga si ha l'impressione di voler comprendere un monolite nero che, in realtà, rimane fisso e immobile sullo stesso punto, senza procedere nel proprio percorso interiore. E così, volendo far perdere lo spettatore in una spirale emotiva, il film perde sé stesso, proseguendo quella via circolare che prosegue e prosegue, senza arrivare mai alla fine, incastrato nella sua stessa spirale.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Promises accogliendo positivamente la performance del cast principale, in particolare la coppia composta da Pierfrancesco Favino e Kelly Reilly. L’assunto interessante del film, a tratti pure affascinante grazie a una regia che riesce, nella sua sin troppo pavida semplicità, a costruire qualche buon momento cinematografico. La scrittura non riesce a sorreggere il peso emotivo del film, indugiando sin troppo nella vita di un personaggio che non trova, col passare del tempo, l’empatia perfetta con lo spettatore e lasciando che il film si perda in una trama a tratti prevedibile, a tratti alla disperata ricerca di emozionare.
Perché ci piace
- Il cast, soprattutto la coppia di protagonisti composta da Pierfrancesco Favino e Kelly Reilly, dotata di grande alchimia.
- La regia semplice di Amanda Sthers regala qualche buon momento.
Cosa non va
- Nonostante il fascino iniziale, il film perde sempre di più il _focus_ centrale, dando vita a un personaggio immobile, di scarsa empatia per il pubblico.
- La scrittura non riesce a reggere il peso del film, risultando a tratti troppo didascalica.