Preacher, finale stagione 1: Finalmente in viaggio!

La prima annata dell'adattamento del fumetto di Garth Ennis e Steve Dillon si chiude con le promesse di un futuro folle e spumeggiante.

Impossessatosi del telefono degli angeli, Jesse cerca di ottenere risposte da Dio, per se stesso e per gli abitanti di Annville. Nel frattempo, Cassidy deve fare i conti con lo sceriffo, Tulip affronta in modo definitivo il proprio passato, e una catastrofe si cela dietro l'angolo. Senza dimenticare il misterioso Cowboy, reclutato per eliminare Jesse...

Preacher: una foto del season finale Call and Response
Preacher: una foto del season finale Call and Response

Un lungo preludio

Che un adattamento, cinematografico o televisivo non aderisca completamente alla trama/struttura della fonte è praticamente una regola. Bisogna poi vedere, nei singoli casi, se le modifiche sono state a vantaggio della trasposizione o meno. Se prendiamo in considerazione l'esempio specifico della prima stagione di Preacher, pianificata da Seth Rogen, Evan Goldberg e Sam Catlin (quest'ultimo showrunner della serie a tempo pieno) a partire dal celebre fumetto di Garth Ennis e Steve Dillon, il giudizio si colloca più o meno a metà. Da un lato, infatti, la decisione di approfondire la storyline legata alla carriera ecclesiastica di Jesse Custer, che nell'originale è solo un antefatto, era necessaria per dare al personaggio una caratterizzazione più completa senza ricorrere costantemente ai flashback, e un discorso simile vale anche per Tulip e Cassidy, che nel fumetto entrano in scena in medias res, dopo che Jesse è già stato posseduto da Genesis e ha ucciso, senza volerlo, tutta la congregazione.

Preacher: il protagonista Dominic Cooper nel pilot
Preacher: il protagonista Dominic Cooper nel pilot

D'altro canto, invece, rimandare del tutto alla seconda stagione quello che è uno dei maggiori punti di forza del Preacher cartaceo, ossia lo spirito da road movie, ha - giustamente - infastidito un po' sia i fan di vecchia data che gli spettatori neofiti, poiché la backstory avrebbe tranquillamente potuto occupare uno spazio più ridotto, diciamo due o tre episodi, anziché tutte e dieci le puntate del primo ciclo. Questo soprattutto alla luce del fatto che, escludendo Eugene "Arseface" Root e Odin Quincannon (un grandissimo Jackie Earle Haley), nessuno degli abitanti di Annville risulta abbastanza ben scritto da rendere tragico il destino finale della città, rasa al suolo nell'epilogo della prima stagione come manco Sunnydale al termine di Buffy - L'ammazzavampiri (mentre i tre protagonisti, ignari della vicenda, si abbuffano in un diner). Questo è l'unico vero intoppo dei piani a lunga gittata di Catlin, che altrove ha assimilato perfettamente la lezione di prodotti seriali come Breaking Bad, al quale ha lavorato e da cui ha tratto ispirazione per la trovata più geniale della prima annata di Preacher, escluso il folle e formidabile pilot dove tra le vittime di Genesis c'è anche Tom Cruise.

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L'evoluzione del Santo Cowboy

Preacher: Anatol Yusef e Tom Brooke in una scena
Preacher: Anatol Yusef e Tom Brooke in una scena

Chi ha visto la seconda stagione di Breaking Bad ricorderà quegli occasionali flashforward in apertura di episodio, che fungevano da presagio degli eventi del season finale. Catlin ha utilizzato un approccio simile, approvato da Ennis, per la figura del Cowboy (che ormai possiamo chiamare con il suo appellativo fumettistico, cioè il Santo degli Assassini): sporadici assaggi del suo passato, prima di mostrarcelo all'Inferno, dove viene reclutato dai due angeli Fiore e DeBlanc (con l'intuizione esilarante che per recarvisi bisogna prendere l'autobus), e quindi posizionato per diventare, sulla carta, l'antagonista principale della prossima stagione. Un'attesa lunga ma che senz'altro verrà ripagata, a giudicare da quello che abbiamo visto finora della performance stoica e terrificante di Graham McTavish.

Alla ricerca della divinità perduta

Preacher: una foto del season finale Call and Response
Preacher: una foto del season finale Call and Response

Nel nostro commento al pilot, che si apriva con la didascalia "Outer Space", avevamo espresso il nostro dubbio circa la presenza, nella serie, dell'elemento religioso della premessa (la didascalia di cui sopra faceva supporre un'origine extraterrestre per Genesis). Invece la serie ha smentito i nostri timori dopo pochi episodi: Genesis è il frutto dell'accoppiamento tra un angelo e un demone, Fiore e DeBlanc sono stati mandati dal Paradiso per recuperarlo e, soprattutto, Dio non è reperibile. E a dircelo, in una delle migliori deviazioni dal testo di Ennis, è un impostore che, dal Paradiso, si collega con gli abitanti di Annville tramite una sorta di Skype ultraterreno(!), sfiorando l'assurdo in una sequenza meravigliosamente folle e divertente che pone le basi per la penultima scena della stagione, quella che tutti stavano aspettando: Jesse, Tulip e Cassidy riuniti, in viaggio verso mete sconosciute alla ricerca di Dio per convincerlo a tornare in Paradiso. Ricorrendo, se necessario, a metodi poco ortodossi. Con il Santo che li insegue e il pubblico, col fiato sospeso, ad aspettare l'anno prossimo, con un numero maggiore di episodi (tredici e non più dieci), e più piste narrative da esplorare, a cominciare dall'organizzazione nota come il Graal. E alla luce delle dichiarazioni di Rogen, Goldberg e Catlin, che alla domanda "Ci sono elementi che ritenete impossibili da adattare per qualsivoglia motivo?" hanno risposto semplicemente "No", ci aspetta un futuro sempre più folle e sregolato, com'è giusto che sia con il materiale di Ennis e Dillon.

Movieplayer.it

4.0/5