Con la recensione di Post Mortem, nuova serie Netflix che scava nell'horror con tinte di humour nerissimo, torniamo in quel terreno fertile che è il racconto di genere di stampo scandinavo, molto apprezzato al cinema e negli ultimi tempi anche sul piccolo schermo e in streaming (basti pensare, solo per citare il titolo più recente, a Ragnarok, sempre su Netflix, e alla sua rivisitazione dei miti norreni in salsa teen drama). Un terreno fertile che in questo caso produce un frutto non particolarmente originale, ma perfettamente in grado di divertire per una manciata di ore (sono sei episodi di 40-45 minuti ciascuno) chi è ben predisposto nei confronti di piccole storie macabre ambientate nella provincia nordica, con punte di ironia già evidenziate nel titolo (o meglio, nel sottotitolo: "Nessuno muore a Skarnes", riferimento al vero paesino norvegese dove si svolge la vicenda). N.B. La recensione, senza spoiler, si basa sulla visione di tutti e sei gli episodi.
Live and Let Die
Al centro di Post Mortem: Nessuno muore a Skarnes c'è Live, una ragazza che viene trovata morta in mezzo al nulla. Nessuna causa apparente di decesso, e la cosa è delicata a livello amministrativo perché, come spiega uno dei poliziotti nei primi minuti del primo episodio, la famiglia di lei gestisce l'impresa di pompe funebri nella zona. Ma proprio quando sta per iniziare l'autopsia lei si sveglia, di colpo, spiazzando parenti e amici. La spiegazione ufficiale è che il suo cuore si era effettivamente fermato per un arco di tempo prolungato, senza una causa ben identificabile. Ma una volta tornata a casa la giovane si rende gradualmente conto di essere davvero tornata dal regno dei morti, con sequele strambe e inquietanti. Sequele che, a detta di qualcuno che se ne intende, potrebbero essere legate al passato della sua famiglia e avere un che di ereditario. E mentre lei cerca di capire cosa le sia successo, le strade di Skarnes cominciano a tingersi anche solo leggermente di rosso...
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A volte ritornano
L'horror norvegese ha il suo esponente di punta nella figura del regista André Øvredal, passato con successo anche alle produzioni in lingua inglese, in particolare con l'inquietantissimo Autopsy, a cui questa serie può inizialmente far pensare, più o meno fino al debutto dei titoli di testa. Ma non è stato lui a occuparsi della regia e quindi della firma estetica dello show: tale onore è toccato a Harald Zwart, cineasta norvegese e olandese la cui fama internazionale è legata a La pantera rosa 2 (sì, quello con Steve Martin) e Shadowhunters - Città di ossa, fallimentare tentativo di lanciare una nuova saga cinematografica young adult. Di conseguenza, la scrittura del creatore e showrunner Petter Holmsen e dei suoi collaboratori si traduce visivamente in qualcosa di interessante ma poco studiato, con il solito lavoro sugli esterni un po' grigi e interni con luci asettiche per via dell'ambientazione spesso ospedaliera e/o mortuaria. Non c'è un vero guizzo di creatività in tali termini, ed è qui che entra il gioco il fattore Netflix, con il bingewatching che compenserà la confezione poco originale presso chi si sarà assuefatto dopo il primo episodio.
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Ed è un peccato che Zwart fosse la scelta migliore a disposizione, perché al netto dell'apparato registico relativamente anonimo la serie ha un suo fascino, grazie alle ispirate punte di humour nero che divertiranno soprattutto chi apprezza un certo mood scandinavo, già a partire dall'efficace gioco di parole legato al nome della protagonista, che inizia lo show completamente morta ma ha un nome che richiama la vita nelle lingue germaniche (allo stesso modo fa sorridere il nome di suo fratello, Odd, che è comune in Norvegia ma anche associabile al termine inglese che significa "strano"). Trovate come queste, unite alle interpretazioni degli attori, fanno sì che il tutto scorra agevolmente e funzioni come simpatica distrazione mentre l'estate volge al termine, senza particolari pretese. Come la stragrande maggioranza dei titoli che vengono proposti dall'algoritmo della piattaforma che ospita la serie.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Post Mortem, nuova serie di Netflix che rielabora stilemi horror attraverso il filtro dello humour nero, sottolineando come sia uno show esteticamente scolastico, che diverte grazie a una scrittura precisa e interpretazioni perfettamente calibrate, che rendono i sei episodi un'esperienza scorrevole e divertente per chi apprezza il genere.
Perché ci piace
- La premessa è divertente.
- Il cast si presta al gioco con simpatia.
- Le scene macabre sono abbastanza efficaci.
Cosa non va
- La componente visiva non è particolarmente accattivante.