Post Mortem, la recensione: un affascinante horror candidato all'Oscar

La recensione di Post Mortem, film ungherese ambientato nel 1918 in un piccolo villaggio, dove la popolazione è stata decimata dall'influenza spagnola. Stasera su Rai4.

Post Mortem, la recensione: un affascinante horror candidato all'Oscar

Nel 1918, durante le fasi finali della Prima Guerra Mondiale, il soldato tedesco Tomas viene colpito dall'urto di un'esplosione e dato per morto insieme a molti dei suoi compagni. Mentre si trova in una fossa comune un suo anziano commilitone si accorge però che è ancora vivo. Sei mesi più tardi Tomas è tornato al suo lavoro di fotografo post-mortem, una pratica molto diffusa in quell'epoca dove guerre e pestilenze provocavano migliaia di vittime: i parenti del deceduto decidono di posare per un'ultima foto insieme al caro mancato, prima della sepoltura.

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Post Mortem: una foto

Come vi raccontiamo nella recensione di Post Mortem, il protagonista si trova e prestare i suoi servizi in un piccolo villaggio delle campagne ungheresi, dove gran parte della popolazione ha perso la vita in seguito ad un'epidemia di influenza spagnola. Poco dopo essere giunto sul posto Tomas comprende come il paese sia infestato da spettri senza pace e con l'aiuto di Anna, una ragazzina locale, cercherà di far luce sul mistero.

Un Oscar da paura

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Post Mortem: un frame del film

Non è certo da tutti i giorni candidare un horror al Premio Oscar nella categoria per il miglior film straniero e già questo dovrebbe far capire che non ci troviamo davanti ad una ghost-story come tante altre. Nel 2020 Post Mortem è stato infatti scelto dall'Ungheria quale titolo da far concorrere alla serata degli Academy Awards, senza però entrare nella cinquina finale, con la vittoria poi andata al memorabile Drive my car (2021) di Ryusuke Hamaguchi. D'altronde ci troviamo di fronte ad una pellicola estremamente affascinante, in grado di generare un'atmosfera torbida e sulfurea che si appiccica allo spettatore nel corso delle due ore di visione, trascinandolo sempre più nell'incubo vissuto dagli abitanti di questo villaggio dimenticato dal mondo e da Dio stesso.

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La fine dei tempi

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Post Mortem: una sequenza del film

L'ombra della guerra e della malattia in un Europa ancora traumatizzata dalla tragedia del conflitto, con milioni di morti che reclamano pace; e chi è rimasto a casa, magari aspettando il ritorno dei propri cari impegnati sul fronte, ha dovuto in ogni caso fare i conti con l'influenza spagnola, che ha anch'esso fatto stragi soprattutto nei piccoli villaggi, dove le condizioni igieniche erano pressoché inesistenti. Un morbo che tutto consuma e che si rivela paradossalmente alleato, almeno nelle fasi iniziali del racconto, del protagonista, reduce di guerra prossimo a fare i conti con i propri demoni. Presentato al Trieste Science+Fiction Festival, dova ha vinto il Premio Wonderland Rai4, Post Mortem sfrutta la peculiarità del contesto innescando dinamiche affini al folk-horror d'ambientazione rurale, con gli effetti speciali che si concentrano soprattutto sulla realizzazione dei poltergeist o le interazioni con gli attori, al centro di possessioni quando non trasportate di peso come fossero manichini senz'anima in violenti sballottamenti di sorta. Se l'impatto in un paio di scene può parzialmente spiazzare, è indubbio che molte delle soluzioni adottate riescano a generare una sensazione di sano terrore, tenendo incollato lo spettatore allo schermo nell'attesa dell'effettiva risoluzione degli eventi.

La genesi dell'orrore

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Post Mortem: un'immagine del film

Non è un caso che in certi passaggi emergano echi di certo cinema muto, basti pensare tra i tanti al Vampyr (1932) di Dreyer, e proprio nella rappresentazione delle risoluzioni spiritiche Post Mortem trova la sua ragion d'essere, con almeno un paio di sequenze di grande impatto: dall'escalation di possessioni con la fuga rocambolesca verso la Chiesa, oasi di potenziale salvezza, alle fasi finali nell'altro mondo, dove il protagonista affronta un'orda di fantasmi incarogniti che si mettono alle sue calcagna. La fotografia cupa, tendente a totalità grigiastre, è la sola scelta possibile per l'ambientazione in questo villaggio ormai preda dei propri fantasmi, così come quell'umorismo nero e macabro che fa capolino qua e là. Il film sfrutta proprio quella zona di mezzo, dove il confine tra la morte e la vita diventa sempre più labile e soltanto il coraggio di una ragazzina e di uno straniero potrà forse scacciare per sempre quelle presenze, in cerca di pace dopo tanta sofferenza.

Conclusioni

La fotografia post mortem era una pratica comunemente diffusa fino alla metà del ventesimo secolo, consistente nel ritrarre in un ultimo scatto le persone da poco scomparse. Il protagonista di Post Mortem è proprio un fotografo specializzato in tale settore, che si trova alle prese con un mistero che circonda un piccolo villaggio, decimato dall'influenza spagnola. Questo film ungherese, selezionato e candidato agli Oscar nella categoria relativa al miglior film straniero, è un horror affascinante e cupo, che guarda alle contaminazioni folk per raccontare una ghost-story tetra e inquieta. Gli jump-scare sfruttano la mobilità dei corpi solo apparentemente inermi e una manciata di sequenze danno via ad escalation di sano terrore, con un'atmosfera torbida e opprimente alleggerita qua e là da sprazzi di humour nero, in una confezione curata e astuta che gioca bene le proprie carte.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Un'atmosfera straniante e genuinamente inquietante.
  • Le dinamiche horror riescono a generare un sano climax di genere.

Cosa non va

  • La sceneggiatura a tratti appare ridondante, ma un difetto che non pesa più di tanto.