Phobia, la recensione: un buon thriller psicologico sospeso tra verità e apparenza

La recensione di Phobia: quello di Antonio Abbate è un film di suggestioni, a metà tra allucinazione e romanzo di formazione. Funziona.

Phobia, la recensione: un buon thriller psicologico sospeso tra verità e apparenza

La visione cinematografica dei nuovi autori italiani è decisamente interessante. Quantomeno, trasmettono la voglia di uscire dai binari noti, provando ad osare, sperimentando e mischiando i generi. E, perché no, provando anche a chiedere qualcosa in più agli spettatori. Uno sforzo d'attenzione, una piena partecipazione del pubblico, offrendogli una visione effettivamente stimolante, anche superando il concetto dell'originalità a tutti i costi. Negli ultimi anni, poi, c'è stato un vero exploit del cinema di genere (termine non correttissimo, ma sbrigativo per descrivere il processo), legato ad una doppia inflessione poetica: quella nord-europea, e quella statunitense.

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Phobia: una scena del film

Ecco, superando una sensazione di irresolutezza, Phobia di Antonio Abbate risulta interessante nel suo essere esempio perfetto di un cinema italiano che ci prova, che ipotizza, che tenta, che sviluppa. Un film che gioca di contesto e di atmosfera, mascherando intelligentemente le storture dietro una suggestione psicologica che accompagna la storia, puntualizzando i canoni del thriller psicologico. Del resto, sono proprio le suggestioni che legano la storia, divenendo la dialettica con cui l'esordiente Abbate si trova a confrontarsi, portando in scena la sceneggiatura firmata da Michele Stefanile e Giacomo Ferraiuolo. Una sceneggiatura, c'è da dire, diretta e verticale, che mira al centro, divertendosi (e divertendoci) poi a confondere i punti di riferimento.

Phobia, la trama: tra apparenza e sostanza

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Phobia: una scena del film

Gli stessi punti di riferimento che ha perso Chiara, interpretata da Jenny De Nucci. Silenziosa, impaurita, con la costante sensazione che ci sia qualcuno che la segue. Uno stalker, una presenza fissa che non le dà tregua. Nel suo passato, poi, pare esserci qualcosa che non torna. Un trauma presente, ma non ancora accettato, né compreso. Per certi versi, Phobia può essere letto come una specie di coming of age, e dunque per Chiara arriva il momento di chiudere la questione, affrontando i demoni che la tormentano.
Dopo anni torna nel casale della sua famiglia, portando con sé un'amica, Michela (Beatrice Schiaffino). Qualcosa di oscuro l'aveva allontanata dalla casa, tuttavia è arrivato il momento di superare i traumi. Le due, dopo cena, si fermano per la notte, quando Michela sparisce nel nulla. Chiara chiede aiuto alla famiglia, sentendosi rispondere che "non c'è mai stata nessuna Michela". Cosa sta succedendo? È tutto nella testa di Chiara, stalker compreso, oppure le stanno nascondendo qualcosa?

Un thriller ben equilibrato

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Phobia: una scena del film

A guardar bene, Phobia di Antonio Abbate è tutta una questione di equilibrio, nel mostrare e nel nascondere la verità filtrata attraverso i diversi punti di vista (un gioco obbiettivamente efficace quando si parla di psychological thriller). Chiaro che si richiede una partecipazione attiva dello spettatore: cosa è successo nella vita della protagonista? Quali sono i traumi, cosa nasconde quel casale immerso nelle campagne? Quindi, non manca una struttura fatta di dettagli, in cui il racconto vive (letteralmente) in parallelo alle visioni di Chiara, portando avanti la storyline dai forti riverberi thriller.

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Phobia: una scena del film

Come detto all'inizio della recensione, le suggestioni e la cornice psicologica sopperiscono ad una sceneggiatura che potrebbe essere irrisoluta nella sostanza, e di conseguenza più legata alle sfumature e alle intenzioni, senza approfondire troppo (scelta voluto? Forse...). Ciononostante c'è una sincera onestà nella messa in scena, nelle intenzioni, nelle delimitate digressioni (Phobia non perde di vista l'obbiettivo, ed è un merito), senza andare oltre, e senza esagerare mai, restando fedele ad una sintesi che diventa pregio. Ciò che resta, poi, è la straniante tonalità, che pervade sia la regia di Abbate che lo script, finendo anche per essere riflesso condizionato di Jenny De Nucci. Un'intuizione onirica e distintiva, che resta impressa anche alla fine del film, seguendo lo spiazzante quanto emblematico finale.

Conclusioni

Come detto nella nostra recensione, Phobia ha il merito di richiedere attenzione, trasportandoci in una dimensione rarefatta ed enigmatica. Un thriller psicologico ma anche romanzo di formazione, con degli ottimi spunti e con una sintesi efficace, che smorza intelligentemente una certa sensazione irrisolta.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • Interessanti suggestioni.
  • Una buona regia.
  • Il finale.

Cosa non va

  • A tratti irrisolto.